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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Il cortile di Massimo Acciai, La predatrice di Giuseppe C. Budetta, Scartoffie di Giuseppe C. Budetta, Libertà di Antonio Carollo, In bilico fra cielo e terra di Fiorella Carcereri, La busta di Fiorella Carcereri, Distretto n.4 di Alessio De Luca, Passi da "Introduzione al mondo. Notizie minime sopra gli spacciatori di felicità" di Idolo Hoxhvogli, Marco e i Piccioni di Luca Mori, I due cigni di Luca Mori, Les boucles d'oreilles de Yuka di Manuela Léa Orita, Polvere di Marco Sambruna, Prova d'esame di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Giuseppe Costantino Budetta, Miriam Cividalli Canarutto, Rossana D'Angelo, Geneve Dini, Emanuela Ferrari, Italo Magnelli, Francesco Montalto, Matteo Nicodemo, Michele Parigino, Ivan Pozzoni

Recensioni

In questo numero:
- "Sempre ad est" di Massimo Acciai, recensione di Liliana Ugolini
- "Un fiorentino a Sappada" di Massimo Acciai, prefazione di Lorenzo Spurio
- "La metafora del giardino in letteratura" di Lorenzo Spurio e Massimo Acciai, recensione di Marzia Carocci
- "Flyte & Tallis: Ritorno a Brideshead ed Espiazione, una analisi ravvicinata di due grandi romanzi della letteratura inglese" di Lorenzo Spurio, recensione di Emanuela Ferrari
- "Scrittrici in giardino: Profumi e colori nei giardini di dieci scrittrici" di Adele Cavalli, Recensione a cura di Lorenzo Spurio
- "Poesie tra le orchidee" di Massimo Grilli, Recensione a cura di Lorenzo Spurio
- "Grecità marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici" di Ivan Pozzoni
- "Gli invisibili" di Gianfranco Menghini
- "Flyte & Tallis" di Lorenzo Spurio
- "I giorni della preda" di Gianfranco Meneghini
- "1800 una nuova era" di Gianfranco Meneghini
- "I cannoni di Jardine" di Gianfranco Meneghini
- "Sangue caldo, nervi d'acciaio" di Arto Paasilinna
- "Quando Ero Come Voi" di Marco Sambruna
- "Effetto giorno" di Maria Lenti
- "Polar 14" di Gianfranco Meneghini
- "L'uomo che uccise Dio" di Ennio Montesi
- "Zeroventicinque" di Fiorella Carcereri
- "Nel cuore della rosa" di Rosa Di Fiore, recensione di Emanuela Ferrari

Articoli

CicloInVerso: una storia di tappe, letture, eventi e poesia apre a un appuntamento di condivisione e confronto per il 2013
di Enrico Pietrangeli
FestivalTube
di Alessandro Rizzo

Interviste

Intervista ad Alessandra Paoloni. Autrice di "La stirpe di Agortos"
a cura di Lorenzo Spurio

Polvere
 

Marco Sambruna

 

Qui, nel silenzio di questo luogo immerso nella penombra umbratile di un ricco soggiorno carico di mobili e di ninnoli, posso finalmente riflettere con calma sugli ultimi avvenimenti.
Dalla porta a vetri aperta sul giardino vedo gli alberi, la siepe, un vecchio tavolo di legno bianco sporcato dalle foglie che vi si sono depositate sopra; le sdraio attorno ad esso sono ugualmente sbilenche, abbruttite dal tempo e dalle intemperie. L'ora del crepuscolo pacifica i pensieri mentre la fresca brezza della sera agita appena le tende sdrucite che pendono dalla porta finestra.
Io sono qui in piedi, immobile come sempre. Anche stasera sono stato lasciato solo; è capitato sempre più spesso gli ultimi anni. Non so perché l'uomo e la donna che abitano l'immensa villa immersa nel parco gli ultimi anni hanno cominciato a entrare sempre meno spesso in questo piccolo soggiorno stracarico di oggetti. Ricordo che lui a volte entrava trascinando qualcosa di pesante (l'ultima volta era una vecchia poltrona), la deponeva sul pavimento cercando di addossarla il più possibile alla parete, apriva la porta affacciata sul giardino, usciva il tempo necessario a fumare un paio di sigarette una dietro l'altra mentre l'alito caldo delle afose giornate estive entrava nel soggiorno.
Poi rientrava e cominciava a guardarsi attorno con aria vagamente malinconica spesso scuotendo leggermente la testa. Poi chiudeva la porta finestra che immette nel giardino, attraversava la stanza, si avviava verso la porta d'ingresso, gettava un ultimo sguardo agli oggetti contenuti nel soggiorno, chiudeva bruscamente la porta e se ne andava.
Tuttavia le sue ultime apparizioni qui mi hanno un poco turbato perché mi è sembrato avesse un aspetto malsano, malato. Comunque durante la sua ultima visita le procedure di questo schema ripetitivo e monotono hanno subito un cambiamento imprevisto: l'uomo dimenticò di chiudere la porta finestra che conduce al giardino lasciandoci così esposti al vento che, specialmente di sera, s'introduce nel soggiorno come un ospite indesiderato.
Da allora per un lungo periodo (forse un anno), più nulla: nessuno è più entrato qui e nel giro di pochi giorni insetti di tutte le specie, soprattutto formiche disposte in lunghe file ordinate, hanno cominciato a percorrere il tappeto e ad esplorare ogni angolo del pavimento. Nel pieno dell'estate l'aria immobile e stagnante della stanza si è riempita di mosche: poi l'autunno e con esso il fogliame sospinto dal vento ha cominciato a invadere il soggiorno.
Era il giardino che con i suoi insetti, il suo fogliame, i suoi profumi densi e maturi cominciava a propagarsi qui dentro mentre io, impotente ed immobile come una statua, ho osservato il degrado e il lento disfacimento degli oggetti che mi circondano. Me li ricordavo ancora belli quando l'uomo li portava qui. Ora invece, dopo il risveglio, li vedo per quello che sono: brutti, sporchi, laceri. L'usura del tempo e l'azione delle intemperie che s'infiltrano dal giardino li ha deteriorati mentre giacciono in un abbandono spaventoso.
Qualche mese fa credo ( mi è sempre più difficile avere la cognizione del trascorrere del tempo) è accaduto però un fatto nuovo ad alterare il tedio di queste giornate tutte uguali: dapprima ho udito un gran trambusto, mi è parso procurato da gruppi di persone in movimento, provenire da altre stanze della villa. Persone entravano e uscivano in continuazione soprattutto dalla camera adiacente il soggiorno. Credo si tratti della camera da letto dell'uomo e della donna che abitano qui anche se non ci sono mai stato. Ogni tanto mi giungevano ovattati, quasi soffocati dei singulti, sospiri, parole inintelligibili mormorate a mezza voce, brandelli di frasi interrotti da lamenti improvvisi. Questa insolita processione è durata quasi tutta la notte. Solo all'alba finalmente tutto si è acquietato ed è tornato il silenzio.
Il mattino successivo però è ricominciato il trambusto sommesso, quasi discreto, di persone che andavano e venivano accompagnato dall'ululare lugubre dei cani in giardino. Verso mezzogiorno un altro evento imprevisto mi ha fatto molto riflettere: la donna che abita qui, accompagnata da un uomo alto e molto più giovane di lei, è apparsa in giardino. L'uomo le reggeva il braccio mentre lei mi è sembrata piuttosto sconvolta. Non ne sono sicuro, ma credo piangesse violentemente. L'uomo le parlava dolcemente all'orecchio cercando di calmarla. Fatto curioso entrambi erano completamente vestiti di nero e, non so perché, entrambi mi sono apparsi molto addolorati. Senza badare troppo al fogliame e alla sporcizia si sono accomodati sulle sdraio del giardino, in silenzio, mentre la donna si copriva il volto con le mani e l'uomo, tenendo i gomiti appoggiati alle ginocchia, si torceva le dita in modo convulso. Infine si sono alzati e se ne sono andati senza nemmeno accorgersi della porta finestra spalancata e senza curarsi minimamente almeno di accostarla. Ricordo che io con dispetto pensai che era un peccato, a causa di quella piccola negligenza, lasciare che gli oggetti tanto preziosi accumulati all'interno del soggiorno rischiassero di rovinarsi.
Dopo qualche settimana la mia curiosità circa gli ultimi eventi si trasformò in preoccupazione. Improvvisamente mi resi conto che un silenzio cupo, denso, ostinato dominava ovunque: ho pensato allora che evidentemente la casa era stata abbandonata e che tutti, soprattutto i proprietari, se ne erano andati forse in vacanza. Da allora tuttavia nulla ha più turbato il sonno profondo della villa immersa nel parco: solo una volta, qualche tempo fa, la porta d'ingresso del soggiorno si è spalancata improvvisamente a causa dell'irruzione di tre persone, due uomini e una donna. Uno degli uomini era vestito elegantemente con abiti di ottimo taglio, mani e capelli ben curati; sembrava estremamente disinvolto mentre si rivolgeva alla giovane coppia che era con lui. Continuava a magnificare con enfasi l'ampiezza, le dimensioni, il carattere della casa e non la finiva più di sorridere gesticolando in modo bizzarro, come una marionetta. Notai che la donna mentre ascoltava osservava attentamente il nostro soggiorno voltando lentamente lo sguardo con aria vagamente infastidita, quasi schifata.
Subito dopo ha interrotto le declamazioni enfatiche dell'uomo per chiedergli se nell'affare pattuito (almeno così credo di aver compreso) era incluso lo sgombero dal soggiorno di tutto quel "ciarpame".
L'uomo dal dialogo disinvolto è rimasto un attimo imbarazzato con la bocca semi aperta senza sapere che dire. Tuttavia si è ripreso subito dicendo che gli oggetti che stavano vedendo non erano ciarpame ma pezzi d'antiquariato di notevole pregio.
L'altro uomo allora, che fino a quel momento non aveva ancora parlato, ha abbozzato un sorriso stravagante, indecifrabile e con aria di sufficienza ha afferrato una vecchia lampada da tavolo affermando ad alta voce che quelle "cianfrusaglie" non valevano un soldo bucato come dimostrava il fatto stesso che il vecchio proprietario ora morto ci avesse accatastati in quel vecchio soggiorno in disuso.
Poi riappoggiò violentemente la lampada al tavolino lacerandone il paralume decorato a motivi floreali.
Io allora mi sono indignato. Avrei voluto scendere dallo scaffale in cui giacevo con gli altri pezzi accanto e di fronte a me per dirgli che noi non eravamo "cianfrusaglie" ma oggetti di valore fatti di avorio ed ebano e che per decenni eravamo stati ammirati da tutti i visitatori della casa quando eravamo in bella mostra sul grande tavolo di mogano col ripiano di cristallo in mezzo alla sala in cui venivano ricevuti gli ospiti.
Avrei voluto dirgli che loro non potevano nemmeno immaginarsi delle lunghe ore di battaglie che avevamo trascorso: la disposizione tattica dei fanti allo scoccare dell'ora in cui iniziava la contesa; il lento avanzare a ranghi compatti verso il settore nemico; le rapide incursioni della cavalleria che seminavano lo scompiglio tra le fila avversarie; la conquista strategica di un settore del campo di battaglia.
E poi ancora: gli assalti improvvisi, i ripiegamenti sotto l'incalzare del nemico a difesa del nostro sovrano, le battute d'arresto, il rumore sordo degli zoccoli dei cavalli lanciati al galoppo, gli ordini convulsi urlati nel caos montante della lotta, gli slanci eroici isolati, il dramma della caduta, l'odore acre della sconfitta, il profumo della vittoria…
Avrei voluto dire a quell'uomo tutto questo e molto di più ma ho taciuto convinto che l'altro uomo, quello che ci aveva descritto come oggetti di valore, prendesse le nostre difese. Quest'ultimo, invece, con aria imbarazzata disse che si, in effetti, se c'era qualche oggetto che meritava di essere recuperato, tuttavia quasi tutti andavano indubbiamente eliminati. Non solo, ma aggiunse anche che avrebbe provveduto lui stesso allo sgombero di tutto quel "vecchiume".
Improvvisamente allora la giovane coppia annuì con aria soddisfatta e le ultime battute fra i tre furono cordiali ed amichevoli. Uscirono dal soggiorno sbattendo la porta, parlando gioiosamente e ridendo forte. Naturalmente nessuno si curò di chiudere la porta finestra che dava sul giardino.
Quando furono usciti tutti la rabbia e l'orgoglio che avevo provato fino a pochi attimi prima svanì ed io ho avuto modo di riflettere molto. All'improvviso, come grazie ad un'illuminazione dall'alto, ho capito.
Ho capito che il soggiorno in cui giacevamo da anni non era uno scrigno dorato dove venivano custoditi gli oggetti più preziosi ma solo un misero ricovero per le cose inutili che non interessavano più nessuno.
Ho capito che se il vecchio proprietario defunto aveva voluto conservarci in quel luogo invece di liberarsi di noi subito era solo perché, semplicemente, si era dimenticato della nostra esistenza.
Ed in effetti come avevo potuto non rendermene conto subito?
Ovunque vagassi con lo sguardo vedevo solo oggetti rotti, deturpati, sporchi, laceri: vecchi libri illustrati dalle pagine ingiallite, rovinate dall'umidità che penetrava dal giardino; alcuni quadri dai colori sbiaditi, dai soggetti ormai indecifrabili; uccelli impagliati sbilenchi sul loro piedistallo di legno; una vecchia cassapanca con le decorazioni intagliate scalfite e sbrecciate; un armadio pieno di vestiti polverosi forse appartenuti alla proprietaria che se ne era andata dopo la morte del marito; una radio a valvole ormai inservibile muta da chissà quanti anni…
Per quanto mi ostinassi, per quanto osservasi con scrupolo non riuscii a vedere altro che vecchie reliquie di un passato ormai morto e sepolto, completamente prive di qualsiasi utilità e irrimediabilmente compromesse nella loro originale bellezza.
Infine, con un atto di coraggio, guardai i miei compagni disposti sulla scacchiera come se li vedessi per la prima volta: eravamo stati lasciati ancora ben allineati, certo; eravamo pur sempre fatti di materiale pregiato, avorio ed ebano… ma da quanto tempo più nessuno giocava con noi?
Guardai meglio e ciò che vidi fu uno scempio che mi colmò di orrore: solo apparentemente eravamo ancora integri.
Nella fila di fronte a me, quella dei Neri, uno dei due cavalli era quasi completamente decapitato; una Torre era inclinata di lato a causa della parziale rottura del suo piedistallo; la Regina, una volta bella e altera, era così coperta di polvere da apparire più grigia che nera; un paio di pedine mancavano, evidentemente andate perdute e ora abbandonate nell'incuria chissà dove.
Ed anche tra il mio schieramento, tra le file dei Bianchi dico, il nostro stato era penoso: io stesso, l'Alfiere bianco che pure ero tra i meno intaccati dal trascorrere del tempo, avevo la superficie chiazzata da abrasioni in più punti.
Infine ho capito, finalmente, perché in tutto quel tempo trascorso nel soggiorno in disuso nessuno si era mai preoccupato di proteggerci dalle intemperie chiudendo la porta finestra che dava sul giardino.

Ora siamo qui in attesa dello sgombero.
Fra un mese, un settimana o forse domani un robusto facchino ci prenderà, ci getterà in una scatola di cartone alla rinfusa insieme ad altri oggetti, ci caricherà su un furgone rombante e, infine, ci abbandonerà in qualche discarica cittadina all'aperto oppure ai margini di una strada sterrata di campagna.
Quando saremo lì depositati, inerti e dimenticati in mezzo ad altre cianfrusaglie, penso non ci resterà altro da fare che guardare il succedersi delle stagioni e il vano affaccendarsi degli uomini.
Loro, sempre così intenti a comprare e poi abbandonare oggetti che una volta avevano amato.

 
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