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Narrativa

Lo shopping delle lingue di Massimo Acciai, Lingue di Antonella Pedicelli, Fiesta di Massimiliano Chiamenti, Città smarrita di Paolo Ragni, La parola di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Caterina Bigazzi, Miriam Cividalli Canarutto, Giuseppe Costantino Budetta, Andrea Cantucci, Chiara, Francesco Felici, Renato Lonza, Manuela Palchetti, Luciano Valentini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Francesco Felici, Maria Pia Moschini, Julianna Vas-Szegedi

Caffe' Letterario Musicale

La musica abbraccia la poesia
rubrica a cura di Paolo Filippi

Teatro

La favola dello spettacolo di Liliana Ugolini
intervista di Massimo Acciai  

Aforismi

10 AFORISMI in poesia...
di Andrea Cantucci  

Saggi

José María Eguren di Enrico Pietrangeli
Scritture minimali, scrittori metropolitani di Caterina Rocchi

Recensioni

Marta di Antonio Sofia, recensione di Massimo Acciai
Disorder di Gianfranco Franchi
Comunque bella di Marco Boscaro, recensione di Marco Bazzato
Il fantastico mondo dei sogni di Sabina Rellini, recensione di Enrico Pietrangeli
C'è una spina che mi buca la vita di Sonia Cincinelli
C'era una volta un computer di Gianluigi Zuddas

Interviste

Intervista ad Antonio Sofia (autore di "Non ti chiederò niente" e "Marta")
di Massimo Acciai

Un Giorno Un Amore - 2 Settembre 2006
 

Francesco Felici, Edizioni Segreti di Pulcinella, Firenze, 2006


Presentazione dell'autore
Non mi dilungherò, non ne ho voglia. Scrivere queste parole, accennare alla loro storia, è come avere una lama che mi saetta intorno, costringendomi a mille spostamenti per riuscire ad evitarla. Ma la mano del ricordo maneggia la lama guizzante con maestria e io non sono poi così veloce a spostarmi.
Non ora, almeno, non ora che il dolore mi rende pesante, goffo. Quindi qualche taglio, anche profondo, me lo ritroverò. Cerchiamo di ridurre al minimo i danni.
Queste venti poesie sono dedicate a lei, Catia, che ho amato e che tuttora amo, e al giorno d’amore trascorso con lei, il 2 settembre 2006.
Sono state infatti tutte scritte dopo quella data, tutte tranne le prime due, che fungono un po’ da preludio alla vicenda. Sono la storia di un dolore immenso, ancora immensamente vivo nell’anima e nel corpo, per aver perso una persona che in un solo giorno ha saputo darmi un’eternità, facendomi anche scoprire lati del mio cuore di cui non sospettavo l’esistenza.
Ecco, basta. Ora voglio solo che questo libretto esista, che passi di mano in mano, e che io possa vederlo lì, davanti a me, toccarlo, stringerlo e sentirmelo tra le mani perché, almeno da dentro queste pagine, lei non se ne andrà mai.

F.F.
Pisa, 29 settembre 2006


Nota dell’editore
Chi ha già avuto occasione di leggere le poesie di Francesco Felici non mancherà di riconoscere lo stile iperbolico e multiforme che lo caratterizza. Ogni poesia è come uno scatto dell’anima, un rigirarsi inquieto tra le parole e le emozioni, una ricerca di immagini vivide per dipingere la tempesta che agita l’animo in violente ondate, interrotte sì da momenti di tregua e di calma apparente, ma solo per riprendere nuovo slancio e vigore nel successivo momento creativo, dettato sempre da un autobiografico dolore, come un album musicale che alterna pezzi veloci a pezzi lenti – e so che questa metafora non dispiacerà al poeta, il cui rapporto con la musica è molto importante.
Il Dolore che percorre queste venti liriche è quello, esplorato da molta letteratura, dell’Abbandono, della Separazione, della Frammentazione. L’Io narrante non trova requie di fronte alla Perdita, improvvisa e senza una ragione, dell’Amata; l’Io si smarrisce, si scuote, si esalta nel ricordo della creazione di un amore (“Un giorno un amore”, la poesia che dà il titolo alla silloge), vaga in un mondo, interiore e simbolico, pieno di contrasti (“Oceano”, “Il Sole”), precipita in paure e in immagini che rievocano il luogo magico dell’incontro – gli scogli, il mare notturno – divenuto adesso simbolo doloroso della Distanza.
La Voce continua a ripercorrere ossessivamente la storia, nel suo svolgersi verso la Catastrofe, da venti angolazioni diverse, rinnovando sempre il “palpitare violento dell’assenza” mentre “lo stomaco, il cuore e il cervello si fanno / quadrati labirinti d’acciaio rotanti a velocità siderali” (“Mancanza di te”: a mio giudizio forse i versi più incisivi e visionari dell’intera opera).
C’è il rimpianto per una perdita troppo repentina, che non ha lasciato tempo (“Se avessi saputo…”), c’è la durezza della pietra e il gelo del marmo, ma anche un tocco di ironia leggera, che affiora qua e là (non molta però in questa raccolta).
È presente il concetto del groviglio di emozioni (il “labirinto”, l’ “informe massa elettrica”, il risveglio “ancora impastato”) richiamato da sensazioni viscerali che fanno riferimento al Corpo, invaso pure esso dal ricordo dell’Amata al pari della mente. La Frammentazione è totale, a livello interiore ed organico; sembra quasi di vedersi il poeta disintegrarsi, decomporsi o mutare forma corporea sotto i nostri occhi in una metamorfosi imprevedibile.
Una lirica che richiama la notte, l’addormentarsi (“Prima di dormire”), chiude in modo significativo la silloge. Il desiderio struggente quanto irrealizzabile di stabilire almeno uno scambio telepatico con lei, di scrutarle nell’anima per comprendere se dedica al poeta almeno un ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi; in questo desiderio, ovvero nella risposta positiva alla sua domanda, troverebbe quella consolazione che per il momento gli è negata. La tempesta non si placa mai, sembra infinita…

Massimo Acciai
Firenze, 29 settembre 2006

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