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Narrativa

Lo shopping delle lingue di Massimo Acciai, Lingue di Antonella Pedicelli, Fiesta di Massimiliano Chiamenti, Città smarrita di Paolo Ragni, La parola di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Caterina Bigazzi, Miriam Cividalli Canarutto, Giuseppe Costantino Budetta, Andrea Cantucci, Chiara, Francesco Felici, Renato Lonza, Manuela Palchetti, Luciano Valentini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Francesco Felici, Maria Pia Moschini, Julianna Vas-Szegedi

Teatro

La favola dello spettacolo di Liliana Ugolini
intervista di Massimo Acciai  

Aforismi

10 AFORISMI in poesia...
di Andrea Cantucci  

Saggi

José María Eguren di Enrico Pietrangeli
Scritture minimali, scrittori metropolitani di Caterina Rocchi

Recensioni

Marta di Antonio Sofia, recensione di Massimo Acciai
Disorder di Gianfranco Franchi
Comunque bella di Marco Boscaro, recensione di Marco Bazzato
Il fantastico mondo dei sogni di Sabina Rellini, recensione di Enrico Pietrangeli
C'è una spina che mi buca la vita di Sonia Cincinelli
C'era una volta un computer di Gianluigi Zuddas

Interviste

Intervista ad Antonio Sofia (autore di "Non ti chiederò niente" e "Marta")
di Massimo Acciai

La favola dello spettacolo
di Liliana Ugolini
 

intervista realizzata da Massimo Acciai


5 maggio 2006. Pomeriggio. Una giornata soleggiata, piacevole. Un'abitazione nella periferia di Firenze, dalle parti di Porta Romana. Un salotto pieno di oggetti. Molte marionette pendono dalle pareti. Una ventina di persone, sedute su sedie e divani, seguono attente una performance teatrale piuttosto insolita. Gli attori non recitano su un palcoscenico ma in mezzo alle persone chiamate a partecipare alla messa in scena. Nel mezzo del salone accadono cose strane, ci sono effetti visivi e sonori impressionanti, compaiono personaggi misteriosi, mascherati, che compiono gesti altrettanto misteriosi; gesti che accompagnano un testo, che rimane sempre al centro. Tutti seguono con estrema attenzione. Poi, infine, scoppia l'applauso che sembra non finire mai. Ma lo spettacolo non è ancora finito. Le persone si alzano, iniziano a parlare tra di loro, commentano quanto hanno appena visto, prendono parte ad un rinfresco, scrivono su dei fogli, infine si riuniscono di nuovo nel salotto per il "secondo tempo", quello che vede il loro turno di partecipazione attiva. Leggono il contenuto dei foglietti, discutono. L'atmosfera è molto particolare, le parole sono insufficienti per descriverla.
Più di sei mesi dopo mi trovo di nuovo in quel salotto, in compagnia di tre delle quattro persone che hanno realizzato quell'insolito spettacolo. È il 24 novembre, ancora di pomeriggio, e mi trovo in compagnia delle sorelle Liliana e Giovanna Ugolini e di Giada Primavera, con cui sono legato da un rapporto di conoscenza e stima. Manca Gianni Broi, impossibilitato a venire a causa di un impegno fuori città. Il ricordo di quel pomeriggio di maggio è ancora vivo in tutti noi, che lo ricordiamo con affetto. [vedi la locandina]



MA: Massimo Acciai
GP: Giada Primavera
GU: Giovanna Ugolini
LU: Liliana Ugolini

Le foto sono di Marco Zoli tranne la prima, di Massimo Acciai

MA: Il teatro in casa, luogo abbastanza insolito…

LU: Sì, è vero, però viene da lontano. Il teatro in casa ha una sua storia lunghissima. Questo in particolare è già stato fatto nel '96 con 12 repliche a casa mia, "Marionetteemiti"; i primi interpreti furono Gianni Marrani e Rosanna Gentili. Siamo arrivati poi a 38 repliche portandolo anche nelle case degli altri o in luoghi come il Collegio Santa Caterina di Arezzo, alberghi, a Castel Valenzano e molti altri luoghi.

MA: Cosa comporta fare teatro in casa rispetto al teatro tradizionale? Comporta difficoltà maggiori?

LU: Direi meno difficoltà, innanzitutto perché siamo in un ambiente molto caldo, in cui tutto viene più naturale. C'è una elaborazione ed una interpretazione, naturalmente, del testo, ma si lavora molto insieme. La casa ci accoglie in un lavoro di gruppo, che è bellissimo; è come ritrovarsi in un ambiente anche piccolo ma molto affettivo.

MA: In che occasione è nata la collaborazione con Giada, Giovanna e Gianni?

LU: Naturalmente è partita da me; volevo terminare il lavoro su questo libro, "Spettacolo e palcoscenico", di cui una parte - quella intitolata "Palcoscenico" - era già andata in scena con Giusi Merli e Sabrina Cesaroni. Rimaneva la prima parte da mettere in scena: "Spettacolo". Era una favola del quotidiano. Ho chiamato gli altri a cui ho proposto questa idea; loro hanno aderito in pieno e si sono anche credo molto affezionati al progetto. Siamo andati avanti diversi mesi; la prima è stata il 5 maggio ma abbiamo cominciato a parlarne ad ottobre. Ci sono state anche diverse difficoltà, perché Giada si è ammalata nel frattempo sicché la prima è stata spostata di due mesi. Anche in casa il teatro viene preso seriamente.

MA: Volevo sapere da Giada come ha vissuto lei l'esperienza del teatro in casa…

GP: E' stata bellissima soprattutto per l'intimità della situazione. Ci ritrovavamo di solito ogni domenica ed erano pomeriggi intensi, di tre-quattro ore, studiando, cercando, vedendo, con una serietà ed uno spirito di cooperazione davvero singolare. La cosa che personalmente mi ha colpito di più, totalmente lontana dalle mie precedenti esperienze, è il fatto che Lilion - che pure è autrice dei testi - mai calcasse la mano sullo spettacolo in se. Non si parlava mai dello spettacolo quale punto di riferimento focale, mai in senso meccanico, mai in senso automatico. Era una cosa che nasceva nella spontaneità della conclusione di un percorso, non una bramosia di esserci e di partecipare. Non ho sentito la singolarità; cioè ho sentito la singolarità di un progetto ma non la singolarità di un ego o più ego messi assieme. Eravamo in comunione, cercando di dare il massimo per omaggiare il testo, perché tutto quanto è partito da un omaggio alla scrittura; ecco perché Liliana parla di "scrittura agita" o "scrittura in azione" piuttosto che di spettacolo in senso stretto o di teatro. Quello che interessa di più è portare in scena la scrittura.

MA: Questa unità di percepiva anche nel pubblico, almeno da parte mia, ed è una cosa molto piacevole. Volevo sentire anche Giovanna…

GU: Più o meno è già stato detto dalla Giada e dalla Liliana. È stato veramente un lavoro fatto in comunione; è stato molto bello perché mi ricordava l'infanzia. Infatti mia sorella Liliana è maggiore a me ed io ho sempre avuto lei come guida e c'era questa voglia di teatro in lei, fin da piccola, per cui quando io dovevo recitare le poesie per Natale, lei dietro la porta mi faceva la regia! Anche se abbiamo fatto questa cosa molto seriamente, è stato anche giocare insieme, ricordare i bei tempi. Eravamo tutti al pari; anche se io ho questa familiarità con la scrittura mi sono trovata subito bene, a mio agio.

MA: Come nasce questo testo?

LU: Il testo "spettacolo e palcoscenico" si divide in due parti: "spettacolo" è lo spettacolo del quotidiano, "palcoscenico" è il mito. È venuta fuori una favola, la "favola dello spettacolo"; nasce con l'idea di dire che il quotidiano è un teatro continuo. C'è ossia il teatro sul palcoscenico, che si rifà ai miti oppure al quotidiano che diviene mito, ma il quotidiano stesso è teatro. Sono così convinta di questo che vedo addirittura il mondo come una serie di personaggi teatrali. Tutto il mio lavoro è basato sull'idea che siamo marionette; l'ultimo lavoro che ho fatto è infatti intitolato "Delle marionette e del burattinaio: rilettura fantastica del teatrino". È la mia poetica.

MA: Rimane una documentazione, una testimonianza di queste serate? Ci saranno repliche?

LU: Sì, siamo aperti ad altre repliche, ci sarebbero le richieste: con questo ci siamo fermati a tre: due a casa mia ed una allo studio di Kiki Franceschi. In questo momento l'ho un pochino sospeso perché mi sto occupando di scrittura. Il teatro è anche fatica, ma se ci sono le condizioni siamo disponibili anche a poterlo riproporre.

MA: So che è stato realizzato anche un DVD dello spettacolo (realizzato da Marco Zoli) e, cosa che mi ha colpito particolarmente, un libretto in cui sono stati raccolti i giudizi del pubblico...

LU: E' una prerogativa del teatro in casa, anche nel '96; alla fine viene chiesto al pubblico di scrivere le proprie impressioni e critiche su dei foglietti. In questo caso sono state anche ristampate e distribuite di nuovo al pubblico. Il pubblico è stato coinvolto attivamente.

MA: Certo fare teatro in casa pone un limite, lo spazio è piccolo…

LU: sono circa venti persone per volta

MA: … quindi si crea un'atmosfera intima

LU: sì, alla fine c'è il rinfresco, le persone intanto scrivono i loro giudizi e poi si ritorna nella stanza dove è stato fatto teatro e si leggono apertamente i giudizi; è proprio un percorso: spettacolo, rinfresco, il pubblico scrive, si legge e si discute. Un lavoro completo.

MA: Molto bello, molto caldo rispetto al teatro tradizionale. Lo spettatore sente il privilegio di esserci, sa che non tutti hanno potuto accedervi…

LU: Si agisce un testo più che fare teatro; questa è la differenza, agire un testo tra la gente.

MA: Giada, la scena del parto della marionetta… come l'hai vissuta?

GP: male l'ho vissuta! [risata] il fatto di partorire, non l'ho mai fatto… allora chiedevo consiglio a Liliana, che però mi ha angosciato dicendomi che dovevo non solo partorire, ma partorire una marionetta come una marionetta… allora io mi chiedevo: madonna, come sarà? [risata] invece è stata una cosa, nella sua paradossalità, assolutamente utile, perché mi sono talmente tanto calata nella parte, studiando i movimenti come se ci fossero dei fili immaginari, e poi alla fine era spontanea… sai, dopo nove mesi che dici, madonna mi devo liberare, io non vedevo l'ora di partorire ed era la cosa che in assoluto mi metteva più in imbarazzo… avevo una sorta di tabù mentale.

MA: il risultato è stato molto realistico!

GP: immagina se mi cadeva la marionetta prima del momento… un parto prematuro! [risata]

MA: Giovanna, la scena della bambina…

GU: E' la diversità, dopo l'episodio di Gianni. La bambina rappresenta la diversità, ed anche il carattere mio da bambina; ero una ribelle. La diversità che si sfiora nella bellezza della pittura; rimanere bambini, innocenti. La salvezza, la diversità è nell'arte. È quasi una forma di psicodramma, sono molto io. È anche una tragedia psicologica quella della bambina cresciuta; una sofferenza subita anche da bambina. Con la rabbia io dipingo, perché è l'unico modo in cui riesco ad essere me stessa. In quattro minuti dico tutto.

MA: Ho osservato questa grande naturalità in questo spettacolo di quaranta minuti, che passano però molto rapidamente; è però fatto da tanti momenti ed elementi diversi, anche tanti effetti sonori e visivi… è molto variegato e complesso. Volevo sapere qualcosa della preparazione…

LU: Quello che abbiamo cercato di fare è tenerci lontani da tutto ciò che è professionismo ed attorialità, insomma tutto ciò che è meccanico. Abbiamo privilegiato la naturalezza. Di solito i grandi attori arrivano alla naturalezza dopo aver attraversato un lunghissimo periodo; noi, mancandoci naturalmente tutta questa preparazione, abbiamo cercato la naturalezza già all'inizio. Ci siamo basati sulla spontaneità. Io aborro tutto quello che è attoriale.

GP: E' un'esperienza da provare perché è assolutamente singolare. Secondo me chiunque si affaccia ad un cammino scrittorio e teatrale anche in altro senso dovrebbe provare prima questo, perché ti da davvero il senso delle cose.

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