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Narrativa

Lo shopping delle lingue di Massimo Acciai, Lingue di Antonella Pedicelli, Fiesta di Massimiliano Chiamenti, Città smarrita di Paolo Ragni, La parola di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Caterina Bigazzi, Miriam Cividalli Canarutto, Giuseppe Costantino Budetta, Andrea Cantucci, Chiara, Francesco Felici, Renato Lonza, Manuela Palchetti, Luciano Valentini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Francesco Felici, Maria Pia Moschini, Julianna Vas-Szegedi

Teatro

La favola dello spettacolo di Liliana Ugolini
intervista di Massimo Acciai  

Aforismi

10 AFORISMI in poesia...
di Andrea Cantucci  

Saggi

José María Eguren di Enrico Pietrangeli
Scritture minimali, scrittori metropolitani di Caterina Rocchi

Recensioni

Marta di Antonio Sofia, recensione di Massimo Acciai
Disorder di Gianfranco Franchi
Comunque bella di Marco Boscaro, recensione di Marco Bazzato
Il fantastico mondo dei sogni di Sabina Rellini, recensione di Enrico Pietrangeli
C'è una spina che mi buca la vita di Sonia Cincinelli
C'era una volta un computer di Gianluigi Zuddas

Interviste

Intervista ad Antonio Sofia (autore di "Non ti chiederò niente" e "Marta")
di Massimo Acciai

Intervista ad Antonio Sofia
autore di Non ti chiederò niente e Marta
 

intervista di Massimo Acciai


Ho conosciuto Antonio, di origini pugliesi ma residente a Firenze, nel suo lavoro, ed ho in seguito iniziato una collaborazione artistica che si è concretizzata nella partecipazione alla performance "Il giardino delle vite senza fine" nel dicembre 2004. Sono rimasto colpito dai suoi due romanzi, piuttosto insoliti nella forma e nel mezzo di diffusione… (leggi anche la nota di lettura sul romanzo Marta)

Iniziamo dalla tua formazione culturale…

Laureato in Lettere Moderne, tesi dal titolo "L'individualismo anarchico nel cinema di Clint Eastwood". Poi un Master in Multimedia Content Design.

Quando nasce il tuo interesse per la scrittura? Quali le prime esperienze?

Mi sono interessato alla scrittura degli altri prima di tutto. Da piccino leggevo tantissimo, troppo forse. Poi a un certo punto la decisione di alzare la mano e prendere la parola, le parole. La prima poesia. Avevo paura di farmi visitare dal dentista.
"Chi russa di qua /chi russa di là/ il bel tramonto nessuno vedrà./Chi russa di qua, /chi russa di là/ un po' di silenzio per carità."

Che cosa leggi più volentieri? Hai uno o più modelli, dei punti di riferimento?

No, modelli no. Leggo volentieri una pagina scritta con senno e con cuore. Ma non senza l'uno o l'altro. Riferimenti sì. Ricordo con attenzione le sperimentazioni di Kundera, la leggerezza di Murakami, il coraggio di Svevo, la riflessione di Sartre, l'eternità di Shakespeare, la meraviglia di Lorca, la catarsi della Merini e, concludo, la morta spacciata di Dylan Thomas.

Ci puoi parlare della tua scelta di mettere online i tuoi libri, scaricabili gratuitamente? Cosa pensi in generale del rapporto tra letteratura e web?

Io ho scelto di regalare quello che scrivo perché credo che la lettura sia necessaria affinché la scrittura abbia senso. Ma allo stesso tempo non mi interessa inseguire una pubblicazione o la garanzia di un approvazione nel presente. Non riesco a credere che coloro che hanno scritto i più grandi libri che ho amato, che i grandi qui sopra elencati, dovessero passare le giornate a chiedersi se le loro scelte avrebbero avuto successo, mercato, trovato gradimento dell'editore o un posizionamento di eccellenza in libreria. Scrivere è interrogarsi su cose talmente permeanti che rimane ben poco. Per il resto. Quando purtroppo bisogna ammettere, il resto ambisce a lasciare ben poco allo scrivere.

Cosa pensi delle riviste culturali online?

Penso che la rete consenta di avere spazio e richieda che ogni spazio occupato sia motivato. Le riviste culturali soffrono di una trasmigrazione forse troppo in/mediata dalla carta allo schermo e al momento stentano a diventare motori di innovazione socialmente condivisa. Purtroppo sembra che nel web le uniche rivoluzioni possibili declinino aspramente i paradigmi di una tecnocrazia a volte poco cosciente del proprio potere, a volte dissimulante gli scarnificanti dubbi cui ogni potere deve trovare risposta.

Ho trovato estremamente interessante l'abbinamento di scrittura e musica che caratterizza i tuoi due romanzi (Non ti chiederò niente e Marta): ad ogni capitolo è associato un brano musicale. Perché questa scelta? Come hai proceduto in pratica per realizzare questo insolito accostamento? È venuta prima la scrittura, prima la musica o sono state parallele?

Scrivo sempre accompagnato da un brano musicale, più raramente da un intero disco. Credo mi aiuti a entrare nel mood, che mi aiuti a sostenere un ritmo e modulare i colori del mio tentare: per questo la musica la scelgo prima, e nei periodi di scrittura sono sempre attento a riconoscere quale potrebbe essere la musica giusta. A volte uso anche estratti lirici dai brani, quando mi sembra che la musica sia talmente perfetta da poter invadere il testo. Comunque mi piace immaginare che la lettura sia accompagnata dallo stesso ambiente in cui la scrittura è stata prodotta.

Ancora sulla musica: hai lasciato al lettore il lavoro del reperimento delle singole canzoni abbinate al tuo romanzo… pensi che ti odierà per questo o gli hai dato un ulteriore stimolo di cui ti sarà alla fine grato?

C'è la necessità di rispettare in questo caso il lavoro di chi ha realizzato le musiche che scelgo: perché un brano può esser maggiormente compreso nel contesto in cui l'artista l'ha pensato, inserito, inscritto. Non voglio che il lettore mi odi. Voglio che il libro sia un punto di partenza per molti incontri.

Una domanda indiscreta a cui sei libero di non rispondere: quando c'è di autobiografico in Marta? Te lo chiedo perché sostengo che la scrittura sia sempre autobiografica…

Nella scrittura usiamo le parole che sappiamo per provare a dire quel che non sappiamo. Così le parole, intese come unità, sono metonimia delle esperienze o di quello che le esperienze sembrano aver insinuato. Fermarsi però a quel che si ritiene di aver capito, fermarsi a raccontare quel che sappiamo, credo sia poco interessante e forse anche irrispettoso per chi legge un libro. La lettura e la scrittura devono confrontarsi ad armi pari.
In Marta ho provato a riflettere su alcune cose che mi è sembrato di dover vivere.
Le ho travestite dei motivi e delle maschere con cui avevo però interpretato altre cose, altre cose che mi era parso di poter vivere.

In totale quanto tempo è stato necessario per scrivere il tuo primo romanzo? E il secondo?

Il primo romanzo mi ha chiesto un anno e mezzo, il secondo due e mezzo. Sicuramente il secondo è più compiuto, meno episodico, com'è normale che sia. La prima cosa che si impara è accordare uno strumento. Poi lentamente, il resto.

Credi nell'ispirazione del momento o fai molto labor limae?

No, l'ispirazione non rientra tra le mie aspettative. Sono stato ispirato una volta, era la finale del torneo di calcetto nell'oratorio in cui sono cresciuto: segnai il 2 a 2 con un gol dalla bellezza maledetta. Credo nel lavoro, assolutamente, nel lavoro, nel metodo, nella dedizione appassionata.

Progetti per il futuro? Un terzo romanzo forse?

Ho scritto la prima stesura della prima parte del mio nuovo lavoro. Un inizio quindi. Si intitola Western ed è disponibile su un link dal mio blog. A proposito di blog. Sono prossimo a traslocare col mio Bar. A settimane il debutto di www.albardellosport.net: la novità è data dalla partecipazione rilevante di Elly, una carissima webamica, acutissima penna per una collaborazione che mi entusiasma. Speriamo bene.

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