Eventi  -  Redazione  -  Numeri arretrati  -  Edizioni SDP  -  e-book  -  Indice generale  -  Letture pubbliche  -  Blog  -  Link  

  Indice   -[ Editoriale | Letteratura | Musica | Arti visive | Lingue | Tempi moderni | Redazionali ]-


Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi narrativi inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
L'ultima regina d'Inghilterra di Massimo Acciai Baggiani, Il riposo di Rossana D'Angelo, Verso l'Australia di Gennaro Tedesco

Poesia in italiano

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai Baggiani, Andrea Cantucci

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Valentin Ioan Remus Niculescu, Aurelian Sorin Dumitrescu

Recensioni

In questo numero segnaliamo:
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai, recensione di Davide Zingone (esperanto/italiano)
- "Laura e il treno per Elintur", di Antonio Messina

Articoli

Breve panoramica sulle associazioni di scrittori italiani
di Massimo Acciai Baggiani
Replica
di Gennaro Tedesco

Intervista

Ritratto di Patrizia Beatini
a cura di Massimo Acciai Baggiani

L'ultima regina d'Inghilterra
 

Massimo Acciai Baggiani
 


 

Mercoledì 9 aprile 2092 Liddy si svegliò verso l'alba col rumore della pioggia scrosciante dietro le imposte. Aprì per qualche attimo gli occhi nella penombra della stanza, illuminata a giorno proprio in quel momento da un lampo che si insinuava tra le persiane, e quindi li richiuse infastidita. Si concesse ancora qualche minuto per assaporare il risveglio da una buona dormita, infine si decise infine ad alzarsi e ad aprire la finestra: Freddie Mercury Street era ancora relativamente silenziosa e buia per effetto delle pesanti nubi temporalesche che gravavano su Londra. Qualche rara carrozza passava sull'acciottolato; il rumore degli zoccoli dei cavalli risuonava indiscreto nel silenzio del giorno nascente.
Liddy andò in bagno e prima di uscire diede una rapida occhiata allo specchio. Di prima mattina aveva un aspetto un po' zombesco, insolito in una venticinquenne carina e in forma come lei. I capelli rossi lunghi e spettinati le incorniciavano un viso ovale e aristocratico in cui spiccavano due grandi occhi castani screziati di verde chiaro, piuttosto sporgenti. I denti erano bianchi e regolari anche se avevano qualcosa di leggermente cavallino. Lo sguardo era torbido, ancora sognante. Aveva bisogno urgente di un caffè. Andò in cucina, aprì il barattolo del caffè macinato e lo trovò vuoto: solo allora si ricordò di averlo segnato il giorno prima nella lista della spesa. Si dovette accontentare di tè e biscotti al burro. Buttò un po' di legna nella stufa e si sedette vicina con la tazza in mano. Il gelo dell'inverno era ormai alle spalle ma la capricciosa primavera inglese regalava ancora giornate fredde, quasi gelide.
Indossò con svogliatezza il pesante cappotto scuro e si annodò la sciarpa al collo. Era pronta per uscire. Il temporale era diminuito d'intensità ma una pioggerella fredda e persistente continuava a bagnare le strade. Avrebbe voluto prendere una carrozza per andare al lavoro ma doveva risparmiare; i soldi non si trovano per terra (a parte qualche pence ogni tanto) e lei non navigava certo nell'oro, inoltre era ancora presto e una passeggiata non le dispiaceva. Amava passeggiare per le vie di Londra la mattina presto. Si fermava talvolta a guardare le vetrine ma non comprava mai nulla. Quella mattina c'erano poche persone a giro vista l'ora e il tempo, ma i primi negozi avevano già aperto i battenti o li stavano aprendo in quel momento. Arrivò in Aldermanbury in una mezzoretta, con le scarpe e gli orli della gonna bagnati nonostante l'ombrello. La Guildhall Library si stagliava contro il cielo plumbeo con la stessa austera magnificenza dei tempi della regina Vittoria, oltre due secoli prima. L'edificio medievale aveva conservato la sua funzione fin dal 1420, quando fu fondata la celebre biblioteca che si era poi specializzata nella storia di Londra. Secondo la leggenda i giganti Gog e Magog erano stati incatenati ai cancelli di Guildhall dal primo sovrano della Britannia; le loro sculture si trovavano ancora nel maestoso complesso, da qualche parte.
Liddy entrò nell'ingresso riservato al personale della biblioteca, ancora chiusa al pubblico. Il silenzio all'interno del salone era rotto solo dal ticchettio della pioggia sulle vetrate e da qualche tuono lontano. Le lampade a gas illuminavano l'ambiente di luce soffusa, rendendolo austero e vagamente gotico. Le stufe venivano accese proprio in quel momento dall'addetto. In quanto dipendente più giovane aveva accesso solo al grande salone del prestito e a poche altre aree. Era tra i primi dipendenti a recarsi al lavoro e tra gli ultimi a tornarsene a casa. La vita era dura, ma non era sempre stata così.

Era ancora una bambina, doveva avere circa sei anni. Ricordava vagamente il lusso, i corridoi lunghissimi, gli arazzi, gli argenti, le porcellane, i quadri, le sete, la sala da ballo del palazzo dove spesso si tenevano ricevimenti e feste sfarzose dove si incontravano funzionari e capi di Stato, ambasciatori e altri ospiti di riguardo. Ricordava la servitù, la tata francese, il maggiordomo Spencer e il tè delle cinque nel salotto rosso con le zie marchesi. Era una vita sfolgorante, fatta di privilegi e di mille piccole e grandi attenzioni. Sì, era bello vivere a Buckingham Palace.
Il giorno in cui lei e suo padre avevano dovuto cambiare casa era stato il giorno più triste della sua vita.

Liddy si svegliò da quella nostalgia, durata solo pochi istanti, nel momento in cui il compagno Fuller le batté la mano sulla spalla. Fuller era il suo diretto superiore e a volte la trattava con eccessiva confidenza per i suoi gusti, ma tutto sommato era un brav'uomo anche se un po' troppo pignolo sul lavoro.
- Buongiorno compagno Fuller. - Lo salutò accennando un breve inchino.
- Buongiorno compagna Windsor. Potrebbe sostituire oggi il compagno William alla catalogazione? Ha fatto telegrafare alla moglie una richiesta di permesso per malattia.
- Oh, spero niente di grave.
- Un po' di febbre e coliche. Deve aver preso freddo. Può sostituirlo?
- Veramente oggi sarei al prestito…
- Non si preoccupi, la sostituirà la compagna Payton. Oggi ci serve alla catalogazione: è appena arrivato il fondo Aspern e la catalogazione ha la priorità. - Così dicendo le fece un gesto ammiccante che non seppe come interpretare. Non le dispiaceva catalogare libri, in fondo si era specializzata proprio in questo all'università, ma non le piacevano i modi autoritari di Fuller; inoltre prevedeva già diverse ore di straordinario non retribuito e comunque la catalogazione non rientrava nelle sue competenze ufficiali.
- Bene, buon lavoro. - Le disse allontanandosi, senza neanche aspettare la risposta. Liddy accennò una timida obiezione ma poi rinunciò ed andò a raggiungere l'Ufficio Catalogazione dopo aver salutato Payton ed averle annunciato che quel giorno avrebbe dovuto coprire anche il suo turno.
L'Ufficio Catalogazione era ancora più austero e decadente del salone del prestito: si trovava al primo piano, davanti alla grande scalinata di marmo in stile neorinascimentale che tanta soggezione le aveva messo la prima volta che l'aveva vista, quando aveva iniziato a lavorare alla Guildhall, sei anni prima. C'era stata soltanto quattro volte da allora, compresa quella. L'aria era impregnata di polvere proveniente dai vecchi volumi che vi transitavano per prendere poi la via definitiva degli scaffali, dopo la procedura di soggettazione, classificazione ed inserimento nel catalogo, o per essere scartati e consegnati al macero. Ogni giorno entravano tra le venti e le cinquanta opere, ma talvolta arrivavano migliaia di libri tutti insieme, provenienti da lasciti e fondi acquisiti - come nel caso del fondo Aspern - e l'ingrato compito della selezione ricadeva sul bibliotecario di turno nell'ufficio, in questo caso lei. Per fortuna non avrebbe dovuto fare tutto il lavoro da sola: già chino sulla scrivania, con un grosso volume ingiallito davanti, c'era ad attenderla il compagno Eddie Stahley, il più giovane ed esperto bibliotecario della Guildhall e, a dire di molti colleghi, d'Inghilterra.
- Buongiorno compagno Eddie. - Lo salutò la ragazza con fare gioviale. Era contenta di lavorare con lui: era un tipo simpatico ed era sempre stato gentile con lei, le rare volte in cui si erano incontrati. In un paio di occasioni avevano preso un tè insieme nella saletta del personale e lui le aveva raccontato la storia della sua vita: una storia simile a tante altre, niente di che, ma l'aveva fatta ridere con alcune arguzie alla Oscar Wilde e qualche barzelletta sconcia. Era praticamente ancora un ragazzo; aveva quattro anni meno di lei ed un viso lentigginoso che, accompagnato da uno sguardo un po' monello, lo faceva assomigliare ad un personaggio dickensiano. L'apparenza però non doveva trarre in inganno: aveva una cultura enciclopedica incredibile ed una memoria eccezionale, inoltre possedeva una tecnica di lettura veloce che gli permetteva di iniziare e finire un libro di cinquecento pagine nello stesso giorno, con una comprensione del testo pari al cento per cento.
- Ehilà compagna Liddy, come butta? - Lo salutò lui con quella familiarità con cui trattava tutti sul lavoro, con l'eccezione dei superiori ovviamente. - Che tempaccio! Sta piovendo ancora?
- Quando sono arrivata stava diminuendo, ma sono previsti altri rovesci in mattinata.
- Dannazione! Se continua così le fogne s'intaseranno e le strade si allagheranno e s'infangheranno tutte. Sarà dura tornare a casa. Non mi dirai che sei venuta a piedi anche oggi?
- Sì - rispose sedendosi alla scrivania di William - mi piace camminare.
- Ti conviene avvicinare la sedia alla stufa, così ti asciughi i piedi.
- Buona idea, anzi ora mi tolgo le scarpe e le calze e le metto ad asciugare.
- Ahaha, spiritosa. Via, bando agli indugi, mettiamoci al lavoro.

Jared pensa che i suoi ventinove anni sono sprecati in una città come Londra. Ha sognato spesso di andarsene in qualche altra città, magari su un'isola sperduta nel Pacifico, ma non si era mai deciso a partire. Il suo rapporto di "amodio" col suolo britannico lo respinge e lo trattiene al medesimo tempo, come una vecchia amante. Non è mai andato più lontano di Plymouth, dove ha trascorso una settimana presso la zia Emily nel mite inverno della Cornovaglia. Jared sogna cieli tropicali e profumi di paesi lontani, ma non riusciva mai a trovare l'ispirazione per partire. Come un personaggio di Daudet, annuncia agli amici viaggi imminenti ma non partiva mai. Ormai non gli crede più nessuno.
Tuttavia viaggia con la fantasia e con i libri. Ama sfogliare narrazioni di viaggio intorno al mondo, studia lingue esotiche, passa ore a parlare con i forestieri al pub e a casa ha molti dagherrotipi e stampe di vedute dai quattro angoli del mondo. Conosce il deserto del Sahara, le Ande e la foresta Amazzonica meglio di tanti viaggiatori che hanno attraversato quelle regioni. È informatissimo. Ci sono giornalisti dell'International Geographic che hanno una cultura geografica minore della sua.
Tuttavia Jared è insoddisfatto: non gli piace il suo ruolo dello scrittore di successo che ambienta i suoi romanzi nelle zone più remote del mondo e che si sposta solo per andare in biblioteca, come quel suo collega italiano del diciannovesimo secolo, sì, quel tale compagno Emilio Salgari. Almeno una volta nella vita vorrebbe andare all'estero.
Si è dato un limite: trent'anni. Prima del suo trentesimo compleanno riuscirà ad evadere, a rompere le sue esitazioni. Mancano appena tre mesi. Durante i due mesi e mezzo precedenti si è dato da fare, ha pianificato tutto: sarà lo stesso percorso seguito da Phileas Fogg nella fantasia del compagno Jules Verne. Ha sempre adorato quel libro, fin da bambino; si può anzi dire che sia stata quella lettura giovanile ad influenzare i suoi studi e la sua carriera di scrittore. Ha fatto delle ricerche approfondite. Il giro del mondo è ancora possibile, con gli stessi mezzi di trasporto dell'epoca che non sono mutati di una virgola: una settimana da Londra a Brindisi e da qui a Suez in ferrovia e in piroscafo, poi 13 giorni da Suez a Bombay attraverso il Mar Rosso e l'Oceano indiano, quindi in ferrovia e a dorso d'elefante fino a Calcutta, quindi a Hong Kong in piroscafo e da qui a Yokohama in meno di una settimana. Attraversamento del Pacifico in 22 giorni con arrivo a San Francisco, poi in ferrovia e slitta a Nuova York in una settimana e da qui infine di nuovo a Londra in 9 giorni con una nave mercantile. Totale: esattamente 80 giorni. Come nel romanzo. Anzi, 79 giorni considerando il giorno guadagnato (e non considerato) dal compagno Fogg grazie agli effetti della rotazione terrestre e del gioco dei fusi orari. Il compagno Verne aveva svolto bene il suo compitino.

Lavorarono tutta la mattina e solo verso mezzogiorno, al suono del campanello che segnalava la pausa pranzo, alzarono gli occhi dai libri. Ne avevano visionati a decine, scartandone molti. Tuttavia c'erano dei pezzi pregiati che richiedevano attenzione, sia per le condizioni di usura - alcuni sarebbero stati mandati al restauro - sia per la rarità. C'era perfino una bibbia di Re Giacomo del 1611 con una dedica del sovrano che, se autentica, avrebbe definito il volume come di interesse storico. Quel libro era stato stampato quando Shakespeare era ancora vivo, quasi cinque secoli prima!
Col crescere della popolazione la produzione libraria era cresciuta notevolmente: solo nel corso del 2091 era stato calcolato che erano usciti più di duecentomila titoli nel solo Regno Unito, colonie comprese. La Guildhall ne riceveva una parte per diritto di stampa, principalmente quelli di carattere storico che erano pur sempre diverse migliaia all'anno. Presto avrebbero dovuto prendere una decisione: o espandersi o disfarsi di interi scaffali di pregiate edizioni antiche e moderne.
- Pranziamo insieme in quel pub in Craven Terrace? - Propose Eddie infilandosi il pastrano.
- Dici il Dan Narrow's House?
- Sì quello. Fanno uno squisito pasticcio di carne e patate.
- Perché no?

Ricordò con una vaga nostalgia le cene di gala, il salone pieno di ospiti illuminato da decine di candelabri d'oro, i piatti elaborati preparati dagli chef e la complicata etichetta di corte. Lei, bambina, era insofferente a tutta quella serie di regole di bon ton che la soffocavano, ma non disprezzava la deferenza con cui era trattata dal personale. Suo padre era distante e freddo nella vita pubblica ma molto affettuoso nel privato e la sera le dava sempre il bacio della buonanotte mentre le rimboccava le coperte.

Per la sua partenza sperava in un po' di sole, ma il clima inglese è notoriamente capriccioso e avaro di cieli sgombri. Tuttavia quel temporale notturno non è di buon auspicio, e la mattinata grigia è stata deprimente. Jared ha pranzato prima del solito, quindi ricontrolla le valigie ed esce in strada. La pioggia continua a cadere a scrosci, inondando le vie di Soho. Tira un profondo sospiro mentre varca il portone di quella casa che non vedrà più per quasi tre mesi. Il compagno Fogg aveva dei buoni compagni in quell'avventura, lui invece parte da solo e tornerà da solo. Gli viene in mente un famoso proverbio cinese: "Un viaggio di mille miglia inizia con un solo piccolo passo".

Come si aspettava la tempesta aveva ripreso il suo vigore ed ora sferzava l'acciottolato delle strade come se volesse ripulirle dagli escrementi equini e da tutto il sudiciume accumulato nei giorni passati. Le carrozze passavano veloci ed i passanti dovevano stare attenti agli schizzi delle numerose pozzanghere. Per fortuna il pub non era distante. Eddie, da vero cavaliere, la riparava col suo enorme ombrello di tela nera: Liddy aveva dimenticato il suo nel guardaroba delle donne e le scocciava tornare indietro a riprenderlo.
Quando arrivarono a destinazione trovarono il locale piuttosto affollato. Una cameriera venne loro incontro.
- Bonan tagon gesamideanoj: cu vi deziras tagmangi? - Domandò invitandoli ad entrare.
- Jes, tablo por du, dankon. - Rispose Eddie scuotendo l'ombrello prima di entrare.
L'Inghilterra era stata l'ultima nazione al mondo ad adottare l'Esperanto come lingua ufficiale, nel 2050: ciò, al contrario di quanti sostenevano l'annientamento della prestigiosa lingua di Shakespeare e di Joyce, aveva preservato l'inglese dalle storpiature in atto da tempo nelle altre zone del mondo. L'Esperanto era insegnato nelle scuole ed era usato in tutte le situazioni di comunicazione internazionale - dalla ristorazione alle dogane, dalle riunioni del Parlamento Globale a tutti i settori del turismo, eccetera - ma gli inglesi continuavano a parlare inglese in famiglia e quando si trovavano tra connazionali. Naturalmente "krokodili", "fare il coccodrillo" in presenza di forestieri sarebbe stato quantomeno sgarbato anche se non penalmente perseguibile: in tutti i ristoranti di Londra, frequentati da una clientela mondiale, ci si rivolgeva ai clienti nella Internacia Lingvo per non commettere gaffe con eventuali forestieri certamente non tenuti a conoscere il British English.
Liddy pensò che quando era bambina nessuno si sarebbe sognato di rivolgerle la parola in Esperanto, lingua con cui era venuta in contatto solo dopo il Trasloco. L'aveva quindi imparata a scuola, insieme agli altri bambini: una scuola pubblica grigia e cadente nel quartiere di Soho. I suoi compagni erano molto più avanti di lei avendo sentito parlare in Esperanto fin dalla nascita da genitori praticamente bilingui. Il Re d'Inghilterra e la Famiglia Reale naturalmente non avevano bisogno di imparare nessuna lingua straniera; erano gli altri che semmai dovevano imparare la loro.
La cameriera indicò loro l'unico tavolino libero, accanto alla porta d'ingresso. C'era un via vai di persone e spesso giungevano spifferi e schizzi, ma in compenso il locale era accogliente e la cucina ottima, almeno a detta di Eddie. Liddy si preparò mentalmente ad assaggiare il pasticcio più buono che avesse mai assaggiato: l'appetito quel giorno certo non le mancava.
- Allora - lo stuzzicò la ragazza - che effetto fa pranzare con l'ultima regina d'Inghilterra?
Lui roteò gli occhi e le sorrise. Era un vecchio scherzo che faceva con i colleghi, quello della regina.
- E che effetto fa pranzare col re dei bibliotecari? - Le domandò lui di rimando, simulando serietà.
- Sciocco, io regina lo sono davvero! - Ribatté lei dandogli un leggero colpo sull'avambraccio con una mano.
- Ex regina. Ex.
Lei si rabbuiò. Lo scherzo non le piaceva più, Eddie era andato troppo in là.
- Scusami… - Iniziò lui toccandole gentilmente una spalla.
Sì, pensò Liddy tristemente, il mondo era proprio cambiato. Il mondo in generale e il suo mondo in particolare. Una volta nessuno le avrebbe fatto una battuta del genere, nessuno avrebbe messo in ridicolo la sua maestà. Lei, Elizabeth Anne Victoria Windsor, Elisabetta III, era stata per un brevissimo periodo l'ultima Regina d'Inghilterra, anzi del mondo intero - se escludiamo la regina di cuori, di picche, di denari… ah ah vecchia battuta. Adesso il suo titolo, come tutti i titoli nobiliari e regali del mondo, non valeva più un fico secco. Adesso tutti gli uomini e le donne erano uguali. L'umanità aveva attraversato tutte le forme di governo - dall'anarchia della preistoria, quando vigeva la legge del più forte, alle prime monarchie, poi la democrazia, poi ritorni alle monarchie, le dittature, un passo avanti e uno indietro nella Storia, fino al punto di non-ritorno: il perfetto Stato Comunista Globale. Non il comunismo del ventesimo secolo, naturalmente: quello che insegnavano a scuola essere nient'altro che dittature di destra travestite da comunismo. L'idea stessa di una dittatura era estranea ai principi fondanti della dottrina comunista, ergo il vero comunismo non era mai stato messo in atto prima nella Storia umana - ad eccezione di qualche comunità monastica del passato, dove i beni venivano realmente messi in comune e regnava uguaglianza ed armonia. Alla fine l'Umanità si era evoluta ed era finalmente pronta per passare dalla teoria alla pratica ed accogliere un governo veramente nuovo. Dapprima i singoli stati, uno dopo l'altro, erano passati naturalmente a questo tipo di governo, poi c'erano stati accordi internazionali e alla fine anche le nazioni più conservatrici erano entrate nel grande consorzio umano abolendo tutti i privilegi delle classi dominanti. Tutte le frontiere erano infine cadute. Ci sarebbe stata un'ulteriore evoluzione prima o poi, verso l'Anarchia - non quella preistorica ovviamente, la falsa anarchia del forte che tiranneggiava il debole, ma l'Anarchia che avrebbe visto un'Umanità talmente saggia e matura da non avere più bisogno di nessun governo, nemmeno di un governo comunista. Ma tutto ciò era per un'umanità futura che sicuramente né Liddy né i suoi eventuali figli avrebbero visto.
- Ma esattamente, come hai vissuto la tua… sì insomma… - Domandò timidamente Eddie evitando lo sguardo di lei tra la collera e la malinconia.
- La mia abdicazione? Non ho molti ricordi, avevo sei anni…

Era stato terribile il giorno in cui aveva detto addio a Buckingham, il luogo dove aveva trascorso i suoi primi anni dorati. Terribile dire addio al grande parco dove giocava, alle enormi stanze che divideva con le persone care, ma ancora più terribile l'espressione negli occhi di suo padre quando erano saliti sulla carrozza nera che li avrebbe portati in un anonimo appartamento di Soho dove viveva tuttora. La sua infanzia era finita quel giorno, un'età era tramontata, il futuro appariva incerto e molto scomodo per chi era abituato a quel tipo di vita...
Era un pomeriggio di pioggia primaverile del 2073, una pioggia analoga a quella che batteva insistente sulle vetrate del pub…

Liddy si riscosse dalle sue memorie quando la cameriera le domandò, stavolta in inglese, se voleva un dessert.
- Prenderò una fetta di cheesecake, compagna cameriera. - Rispose lei.
- Anche per me, grazie. - Disse Eddie, poi, rivolto alla collega: - Non volevo offenderti, sai che sarai comunque sempre la nostra regina in biblioteca. Siamo tutti amici. Posso provare a farti ridere con una barzelletta sui bibliotecari?
Lei lo guardò un po' imbronciata ma curiosa. Le piacevano le barzellette.
- Prova.
Lui si sporse verso di lei e cominciò con fare complice:
- Allora, c'è una signora anziana che arriva in biblioteca e si lamenta col bibliotecario riconsegnando un grosso volume "Questo romanzo non mi è piaciuto per niente, ci sono troppi personaggi e la trama è assurda! Ne avete uno migliore?" Il bibliotecario la guarda, poi guarda il volume, poi dice al collega: "Ehi compagno John, ecco chi aveva preso l'elenco del telegrafo!".
Lei accennò un breve sorriso, una risata trattenuta, poi infine scoppiò in una ridarella liberatoria.
- Vedi che ci sono riuscito? Eh, cara mia, la Storia è inesorabile, il mondo cambia e non possiamo farci nulla, lo sappiamo bene noi della Guildhall. Sta a noi uomini e donne indirizzare il cambiamento verso la giusta direzione. Sai cosa mi sono riletto, per la sesta o settima volta credo, lo scorso fine settimana? Sì, lo so, ti sembra strano che un bibliotecario legga anche nei giorni di riposo, dovremmo averne abbastanza di libri durante la settimana… ma io sono fatto così, sono un lettore vorace e onnivoro. Comunque, tornando al discorso, lo sai cosa stavo rileggendo?
- Quell'orrendo romanzo del compagno George Orwell? - Domandò lei guardando fuori dalla vetrata.
- Sì, "1984". Come fai a saperlo? Comunque non è orrendo. È… illuminante!
- Spuntava dalla tasca del tuo impermeabile, l'ho visto stamani entrando.
- Lo so, è solo un libro di fantascienza, una "triste allegoria" come l'ha definita un critico, pieno di strane invenzioni futuribili come la "televisione". Però il pensiero che quello poteva essere il nostro futuro mi dà i brividi. C'eravamo vicini, l'abbiamo sfiorato. Potevamo trovarci nella supernazione di Oceania in balia del Grande Fratello. L'abbiamo scampata bella. Quello è il comunismo che mi fa paura, non il comunismo illuminato che viviamo in questo piovoso ma pacifico paese, dove non esistono più ricchi o poveri ma ognuno ha il suo stipendio di 575 crediti al mese, non un centesimo in più o in meno. Pensa che fino a poco fa c'era chi non aveva una casa o addirittura moriva di fame! Il Terzo Mondo è scomparso, si è fuso col Primo e col Secondo. Dall'Artide all'Antartide tutti vivono con le stesse opportunità e nessuno viene lasciato indietro. Nessun privilegio, nessun emarginato. Perfino le religioni organizzate sono scomparse, lasciando lo spazio ad un culto libero e personale. Sì, oggi ci sembra strano che esistessero gerarchie perfino nelle cose spirituali, che ci fosse un "papa" che predicava l'umiltà e la povertà ed intanto viveva nel lusso, con i suoi sudditi nel suo staterello medievale. Ne sono cambiate cose anche in Vaticano da quando hanno cercato di esiliare il primo cittadino dichiaratamente ateo e omosessuale!
- Perché mi dici tutto questo? - Domandò Liddy - Come se non fossi mai andata a scuola, anzi come se non lo avessi vissuto sulle mie spalle!
- Perché sono stato anche insegnante e mi piace parlare di Storia, abbi pazienza. Devi fartene una ragione, Liddy. È vero che hai perso i tuoi privilegi da regina, ma vivi in un'epoca luminosa in cui nessuno più muore in guerra o viene tiranneggiato dai superiori.
- Io non tiranneggiavo nessuno! - Ribatté lei aspra. Stava ricominciando ad arrabbiarsi.
- Lo so, lo so, non volevo dire questo. D'altronde il personale di corte era volontario e chi ti puliva il culetto da bambina lo considerava pure un onore…
- Non essere volgare! - Lo rimproverò. Perché Eddie, che considerava un bravo ragazzo, quel giorno era così sgradevole? Che le aveva mai fatto? Perché covava tanta cattiveria verso di lei? Era sconcertata. Si stavano pericolosamente avvicinando ad un litigio e non era quello che lei voleva.
- Scusami, m'è proprio scappata. Quello che intendo dire è che la Storia, nonostante ricorsi, ha sempre teso verso la liberazione dell'essere umano. Le "magnifiche sorti progressive" non erano una favola. Ci siamo. Certo, non si sono realizzate le previsioni degli scrittori e dei sognatori del progresso tecnico: non siamo andati su altri pianeti e i nostri servitori meccanici sono piuttosto primitivi, come la macchina analitica di Babbage che usiamo per i nostri cataloghi informatici, e non credo che la scienza progredirà ulteriormente, ma in compenso abbiamo fatto passi da gigante dalla Rivoluzione Francese. È cominciato tutto da lì, dai principi di fraternité, liberté ed egalité. C'è uno scrittore di fantascienza che ha immaginato una Storia Alternativa in cui alla Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del Cittadino seguiva un periodo sanguinoso chiamato "il Terrore" e l'emergere di un grande dittatore che portava la guerra in Europa in nome dei principi rivoluzionari. Nel libro si chiamava Napoleone.
- Ho letto anch'io quel libro. - Lo interruppe Liddy, un po' rasserenata - È di quell'autore americano drogato… sì, dài… il compagno Philip Dick!
- Sì, grande scrittore, era un maestro di ucronie. Tra l'altro ho scoperto di recente che è esistito davvero un Napoleone Bonaparte, nato in Corsica nel 1769, ufficiale del re Luigi XVI, morto a vent'anni durante la Rivoluzione. Comunque, quello che voglio dire è che le cose potevano andare decisamente male per l'Uomo. Nel diciannovesimo secolo si era giunti ad un bivio: bisognava scegliere se evolverci dal punto di vista tecnico del progresso che non guardava in faccia nessuno e che esasperava il divario tra ricchi e poveri oppure evolverci nel campo dei diritti umani e della giustizia sociale. L'uomo ha fatto la scelta giusta. Non sei d'accordo con me?
A questo punto il ragazzo si era accalorato talmente nella discussione che non avrebbe dato spazio alle risposte di Liddy, la quale timidamente aveva accennato un'obiezione senza poterla formulare.
- Immagina: nel futuro non ci sarà più criminalità né polizia. Gli uomini e le donne rispetteranno ciascuno le libertà dell'altro e si aiuteranno vicendevolmente, assistendo i più sfortunati e collaborando alla realizzazione di un mondo migliore. Non ci saranno più governi o nazioni, né differenze razziali: avremo tutti la pelle color caffellatte e gli occhi leggermente a mandorla. Già adesso il razzismo è un concetto che appartiene al passato, anche se i tipi umani diversi sono ancora presenti. Ci sono anche a tal proposito varie opere di ucronia in cui si immaginano conflitti mondiali a causa della razza e dei nazionalismi. Che mondo barbaro e primiti…
- Ma non credi che anche la nobiltà abbia avuto i suoi meriti? - Lo interruppe finalmente Liddy, che scalpitava per dire la sua. - Non tutti i monarchi erano tiranni, alcuni hanno avuto sinceramente a cuore il loro popolo e non solo i loro interessi personali. Non siamo stati tutti egoisti. Quante principesse si sono sacrificate per il bene dello Stato, sottostando a matrimoni d'interesse e soffocando la loro libertà!
Eddie la guardò con un'espressione accondiscendente che la infastidì.
- Vedo che non comprendi il punto. L'uomo nasce libero ed uguale ai suoi simili: era il Sistema che lo rendeva inferiore o superiore, non necessariamente i suoi meriti personali. Certo, al giorno d'oggi chi compie qualche delitto perde i suoi diritti e viene immancabilmente punito, non come avveniva in passato quando per un malinteso buonismo si rilasciavano assassini e stupratori anziché impedire che tornassero a fare del male al prossimo. Ma con la giusta educazione e la parità sociale anche il crimine è notevolmente diminuito: un giorno scomparirà del tutto. È stato provato che l'aggressività umana non è un'eredità genetica ma è un comportamento appreso.
- Hai molta fiducia nel progresso umano. - Lo canzonò lei.
- E' inevitabile. La Storia ce lo ha insegnato. La maggioranza degli uomini aspira a vivere in pace ed è in grado di accontentarsi di quello che possiede, se non ha attorno a sé altri che possiedono di più. Un tempo c'erano pochi uomini che accumulavano ricchezze straordinarie, molto più di quanto avrebbero potuto utilizzare anche vivendo cento vite, mentre molti altri morivano letteralmente di fame. Oggi non esistono più questi estremi: io guadagno quanto il Primo Ministro e quanto il netturbino che tiene puliti i nostri marciapiedi. Naturalmente poi il Primo Ministro, conclusa la sua carica, può fare a sua volta il netturbino e viceversa, in modo che i lavori più sgradevoli non vengano compiuti per tutta la vita dalle solite persone ma ci sia un ricambio.
- Oppure un re può ritrovarsi a fare l'impiegato alle poste, e una regina dietro ad un banco ad occuparsi del prestito di libri. - Intervenne Liddy.
- Certamente. Tuo padre non aveva certo di che lamentarsi…

Torno di nuovo con la mente ai primi giorni nella nuova casa, dopo che suo padre aveva abdicato in suo favore nominandola Elisabetta III, l'ultima regina d'Inghilterra, e dopo che lei era stata costretta a sua volta ad abdicare. Era un piccolo appartamento di quattro stanze: due camere da letto, un bagno, una cucina che faceva anche sa sala da pranzo e da salotto: quanto bastava per due persone. Certo non mancava il pane sulla tavola né la legna per la stufa, come per gli altri due milioni di londinesi che vivevano nelle loro stesse condizioni, ma era stata dura per suo padre abituarsi a quello stile di vita. Quando tornava dal lavoro si buttava a leggere il Times oppure si sedeva in terrazza sulla sedia di paglia a fissare con sguardo assente lo skyline di una Londra su cui aveva regnato fino a poco prima, seppure la sua carica era già un titolo puramente onorifico e privo di qualsiasi potere politico effettivo. A quei tempi lei frequentava la Parish Primary: suo padre ce l'accompagnava prima di andare al lavoro e passava poi a riprenderla verso le quattro. Trascorrevano il resto del pomeriggio insieme, lei giocando con le bambole o fingendo di prendere il tè col genitore e i suoi amici di pezza. Lui si sforzava di essere allegro e spiritoso, ma c'era qualcosa di irrimediabilmente malinconico nei suoi occhi. Infine era morto, precocemente invecchiato. Un infarto. Aveva 44 anni e lei era appena diventata maggiorenne. Il giorno dopo il funerale aveva preso servizio come cameriera ai piani in un hotel nel quartiere di Richmond, per un anno, prima di essere assunta come bibliotecaria alla Guildhall.

- I miei genitori erano delle splendide persone. - Sibilò Liddy con tono ostile.
- Non lo metto in dubbio, ma venivano da un sistema anacronistico. Non mi fraintendere: capisco l'affetto filiale. Anche mio padre, che in gioventù mangiava alla mensa dei poveri, era ed è un brav'uomo, onesto, lavoratore, gentile. Entrambi meritano o meritavano di vivere in un mondo più giusto di quello in cui sono nati… Oh, al diavolo, non riesco ad esprimere bene ciò che voglio realmente dire! Non mi guardare con quello sguardo gelido, non voglio mancare di rispetto alla memoria dei tuoi, né soprattutto offenderti. Quello che voglio realmente dire è… è che…
Appoggiò una mano sulla sua, sul tavolo, e gliela strinse.
- Cioè, voglio dirti che… E' una cosa che volevo dirti da tempo… insomma, io… oh diammine…
Liddy sussultò e si fece sospettosa. Non aveva mai visto Eddie così in imbarazzo, lui, sempre sicuro di sé, con la parola giusta sempre pronta. Cosa stava cercando di dirle? Il suo intuito femminile glielo aveva suggerito già da tempo, ma voleva sentirselo dire.
- Liddy, tu mi piaci. Mi piaci molto. Beh, ecco… credo di essermi innamorato di te.
Lei lo fissò con lo sguardo muto e impenetrabile di un felino.
- Forse non è il momento più opportuno per dirtelo. - Riprese dopo qualche attimo, lasciandole la mano. - E forse non ho scelto le parole giuste, ma è da tanto che ti ho notata al lavoro e non trovavo mai il coraggio per parlartene.

Jared saluta con il pugno alzato il compagno Russell che sta rincasando proprio in quel momento, riparandosi invano la testa con una copia fradicia del Times.
- Buongiorno compagno Jared. - Risponde mettendosi al riparo sotto una tettoia. - Dove sta andando di bello?
- Faccio un giro e torno, compagno Russell.
- Un giro?
- Sì, un giro del mondo. Ci rivedremo a fine maggio.
- Ahaha, ha sempre voglia di scherzare, compagno!
Jared considera che quell'idiota gli stava facendo perdere il treno. Deve fermare subito una carrozza e togliersi dalla pioggia e dai fannulloni pettegoli come quel Russell. Una carrozza passa sfrecciando proprio davanti a lui in quel momento. Chiama il cocchiere ma non fa a tempo. Dovrà prendere la prossima: minuti preziosi gettati al vento.

- Beh, non dici nulla?
Liddy abbassò gli occhi sul tovagliolo.
- Cosa vuoi che dica? - Mormorò dopo qualche attimo.
- Qualcosa cosa, dannazione! Come dovrei interpretare il tuo silenzio alla mia dichiarazione? È un buon segno? Non lo è? Voi donne siete sempre così complicate…
- Siete voi uomini che… non capite. - Ribatté lei mordicchiandosi il labbro.
- Cosa non capiamo?
- Non capite il cuore delle donne.
Eddie sospirò, quindi le appoggiò una mano sulla sua, che teneva in quel momento sulla tovaglia, e il suo tono si fece più dolce.
- Io capisco che il mio cuore ti desidera, Liddy, e che sei e sarai sempre la regina della mia anima e del mio corpo. Senza di te non riesco a vivere. Sono anarchico fino al midollo ma sono tuo schiavo d'amore: comanda ed eseguirò. Non rifiutarmi, ti prego. Esaudirò qualunque tuo desiderio.
- Ma cosa stai dicendo?? Mi fai paura…
- Cosa c'è di spaventoso nell'Amore? È l'unica costante della Storia, insieme all'Odio. Costruzione e Distruzione. L'Uomo per millenni è stato servo dell'Odio: nazioni contro nazioni, religioni contro religioni, una classe sociale contro l'altra. Solo da poco siamo usciti da questo tunnel senza speranza e senza scopo. Ma io non ti amo così come amo il genere umano: io ti amo di un amore primigenio, come un uomo delle caverne amava la sua compagna, e al tempo stesso ti amo di un amore raffinato, degno di un uomo del futuro. Vieni a vivere con me e ti farò felice. Se esistesse ancora il matrimonio, chiederei la tua mano. Regnerai sul mio cuore e sul mio appartamento di scapolo che diventerà il nostro nido d'amore. Vuoi?
Liddy aveva una gran voglia di allontanarsi, di uscire. Il sentimento che Eddie, il collega e amico, le stava riversando addosso era a troppo alto voltaggio, rasentava la mania. Lei non aveva mai provato nulla del genere nei suoi confronti: come dirglielo senza ferirlo? Impossibile.
- Liddy… - mugolò lui.

- Jared!
Si volta di scatto e per poco non inciampa nella valigia che ha appoggiato ai suoi piedi, vicino alla scaletta per salire sulla carrozza che è riuscito finalmente a fermare.
- Jared! - Chiama di nuovo la voce femminile che si sta avvicinando a lui, trafelata.
- Martha!
Cosa diammine vuole adesso l'amica a cui ha lasciato la custodia della casa in sua assenza? L'eccentrica ma affidabile Martha? C'è qualche intoppo? Ha smarrito la copia delle chiavi che le ha dato la sera prima? Jared inzia a preoccuparsi.
- Martha, che è successo?
- Jared… portami con te!
- Ma sei impazzita? Stai scherzando, vero?
- No, sono serissima. Non ne posso più di questa routine, di questa città dall'aria pesante dai soliti orizzonti. Voglio vedere un po' di mondo anch'io prima di morire. Portami con te altrimenti morirò soffocata dai miasmi di migliaia di stufe a legna, appassirò come un geranio di cui non si cura nessuno. Ti prego, portami con te.
Jared la guarda negli occhi e vi legge una determinazione che non vi ha mai trovato. Rimane indeciso per alcuni istanti, quindi le appoggia una mano su una spalla e le parla con calma ma fermezza.
- Vorrei farlo, ma non posso. Questa non è una scampagnata a Brighton, è un viaggio lungo quasi tre mesi, molto scomodo e molto costoso. Non è adatto a…
Sta per dire "una donna" ma si ferma in tempo. Il maschilismo non andava esattamente di moda in quell'epoca di grandi cambiamenti. Lei pare comunque capire al volo.
- Lo so, vuoi replicare il viaggio di quel romanzo, l'ho letto anch'io. Ma il compagno Fogg non viaggiava da solo: aveva un servitore e strada facendo ha trovato anche… l'amore.
Un lampo gli attraversa la mente, lo fa fremere.
- Cosa intendi dire?
- L'hai capito anche tu, non far finta di cadere dalle nuvole. In tutti questi anni di amicizia…
- Da parte mia infatti c'è stata per l'appunto amicizia. Non ti ho mai vista in… un'altra maniera. Ciò che mi dici adesso è un ulteriore motivo per cui portarti con me non sarebbe una buona idea.
- Il signore vuol salire? - Domanda educatamente ma con impazienza il vetturino.
- Non c'è tempo per discutere, Martha. Addio. - Detto questo Jared sale a bordo e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo colpevole alla ragazza, dà l'ordine di partire.

Liddy fu presa da un senso di panico. Era la classica situazione senza via d'uscita. Voleva bene ad Eddie e lo ammirava molto per la sua cultura e le sue buone maniere, ma di certo non ricambiava i suoi sentimenti. D'altra parte però quel ragazzo che si prostrava così ai suoi piedi, che la chiamava "regina del suo cuore", le faceva una grande pena. Quando era davvero principessa, l'ultima principessa d'Inghilterra, suo padre aveva ricevuto proposte di matrimonio per lei già al momento in cui si era scoperto il suo sesso, nell'utero della regina sua madre, morta di parto dandola alla luce. I famosi matrimoni combinati, retaggio di un mondo barbaro ma affascinante! La cosa non la riguardava più ormai, ed aveva al momento altri pensieri per la testa che mettersi uno sconosciuto in casa.
Qualsiasi cosa avesse detto, sarebbe stata la cosa sbagliata: così decise di non dire nulla. Si alzò semplicemente dal tavolo, dove lasciò i crediti per il pranzo, e si diresse verso l'uscita sotto lo sguardo allibito di Eddie. Non poteva stare in quel posto un solo attimo in più.

Il viaggio è iniziato. Questo pensa Jared mentre la carrozza percorre senza fretta la ciottolosa Elton John Road. Quanti luoghi meravigliosi vedrò! Quante avventure da raccontare poi agli amici! Anche a Martha ne avrò da raccontare, se vorrà ancora vedermi. Certo, sono stato forse un po' brusco, non sono stato proprio un signore, ma in certe cose è bene dare un taglio netto, non creare alcuna illusione nell'altro. Arrivato sulla soglia dei trent'anni ha deciso che la vita di coppia non fa per lui e che trascorrerà da solo il resto della vita, senza nessuno che lo limiti. Forse quando sarà vecchio, se arriverà alla vecchiaia, prenderà una badante.
Tuttavia gli dispiace per Martha: è sempre stata una buona amica. Non merita di soffrire. Forse è possibile recuperare l'amicizia, chissà.
Ma bando ai pensieri cupi. Adesso è il momento di pensare al viaggio, con tutto quanto di straordinario porterà con se. Una nuova vita sta iniziando.
I cavalli, guidati sapientemente, voltano in Karl Marx Street e pochi minuti dopo entrano, insieme alla carrozza, al vetturino e al passeggero, in Craven Terrace.

Liddy non aveva nessuna voglia di tornare al lavoro a piedi; a dire il vero non aveva voglia tout court di tornare al lavoro. Decise di fermare la prima carrozza sotto la pioggia battente che ormai cadeva quasi orizzontale a causa del forte vento che si era alzato nel frattempo. Fece cenno ad una ma il vetturino tirò dritto. Un'altra carrozza stava arrivando dietro quella.
- Haltigu, haltigu! Mi petas! - Esclamò in esperanto, lingua franca de i vetturini, raramente di madrelingua inglese.
La carrozza si fermò ma Liddy vide che era già occupata. C'era un giovane sui trentanni che la osservava incuriosito.

Che diammine c'è ora? Si domanda Jared vedendo una ragazza che si sta sbracciando sulla strada, sbarrando il cammino alla carrozza. Ha intenzione di suicidarsi? Non sa che farsi calpestare dai cavalli non è proprio il modo migliore per porre fine alle proprie sofferenze? Per fortuna il vetturino l'ha vista in tempo e si è fermato.
Non ha ancora lasciato il suolo britannico, anzi la sua città natale, che già si è dovuto fermare tre volte! Riuscirà ad arrivare alla stazione in tempo? La situazione si fa snervante, il viaggio non inizia certo sotto i migliori auspici.
La ragazza dai capelli rossi e dall'aspetto fiero sta gridando "haltigu!" come se quella fosse l'unica carrozza di tutta Londra. Certo, adesso sta venendo giù un autentico nubifragio e non deve essere piacevole stare sotto la pioggia battente senza ombrello, peraltro inutile visto il vento che soffia come se non vi fosse un domani. Ha un attimo di pena, a cui forse l'ha già predisposto l'incontro con Martha. Forse rivede la sua amica in quella sconosciuta in difficoltà. Forse è il principio di un senso di colpa giunto insieme ad un'occasione per espiare.
- Salga compagna - la invita aprendo lo sportello - si tolga dal nubifragio. In che direzione deve andare?
- Mi dispiace darle disturbo. - Si scusa la ragazza salendo e accomodandosi sul sedile di fronte a lui. - Lavoro alla Guildhall Library…
- Perfetto. - La interrompe Jared. - E' di strada. Io sto andando alla stazione. Faremo un tratto di strada insieme, offro io.
- Lei è gentilissimo. Piacere, Liddy.
- Jared, per servirla.
Le mani si stringono, il vetturino riparte.

Che persona distinta - pensò Liddy lisciandosi gli abiti fradici. Chissà chi è.
L'uomo la studiava con lo sguardo ponendosi la stessa domanda. Ciascuno ignorava che l'altro era in qualche modo una celebrità. Ancora nessuno dei due sapeva che quello era l'ultimo viaggio per entrambi. Il viaggio di Jared intorno al mondo si sarebbe concluso ancora prima di arrivare alla stazione di Londra, mentre quello di Liddy - che mentre era domiciliata in Buckingham Palace aveva fatto tre volte il giro del mondo prima di compiere sei anni - si sarebbe concluso proprio davanti al suo luogo di lavoro.
Erano le 13.33 del 9 aprile 2092 - 19 germinale dell'anno CCC secondo il Calendario Rivoluzionario Francese in uso ormai da molto tempo in ogni angolo del mondo - quando la carrozza si fermò in Aldermanbury, davanti alla biblioteca dove la venticinquenne Elizabeth Anne Victoria Windsor, che per una settimana era stata sovrana del Regno Unito all'età di sei anni, lavorava come bibliotecaria. La ragazza scese sul selciato bagnato, mise male un piede, cadde. Jared, sognatore e viaggiatore mancato, scese per soccorrerla.
Se Liddy quel giorno non avesse dovuto sostituire il compagno William, se il compagno Russell non avesse fatto perdere la carrozza a Jared, se non si fossero incontrati, la storia sarebbe andata diversamente. Invece nel mentre che Jared aiutava Liddy a rialzarsi giunse all'improvviso un'altra carrozza in direzione opposta e travolse entrambi, uccidendoli sul colpo.
L'Inghilterra non avrebbe più avuto nessuna regina, né ex regina, anzi di lì a un secolo non sarebbe più esistita se non come un nome sui libri di Storia.

Firenze, 20 messidoro - 28 termidoro dell'anno '24 (8 luglio - 15 agosto 2016)
Grazie a Marco Bazzato

 
Segreti di Pulcinella - © Tutti i diritti riservati
 
Contatore visite dal 6 giugno 2011