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                            | L.A. Vermont: un 
                              mosaico fluido di generi in un incontro di stili 
                              differenti
 Davide Veronese, tromba, e 
                              Francesco Lanaro, chitarra, sono due ragazzi che 
                              hanno formato un gruppo, L.A. Vermont, generi 
                              diversi in una ricerca stilistica e molto 
                              complessa. Il loro gruppo risulta essere, cosi, un 
                              "mosaico fluido", come la loro stessa formazione: 
                              partono dal duo per, poi, trovare altri elementi 
                              che si aggiungono, come Simone Monti, violino, la 
                              parte più classica, arrivando anche a formare, a 
                              volte, un trio, un quartetto e un quintetto. Li 
                              abbiamo intervistati. "Noi suoniamo principalmente 
                              - hanno considerato - come una band degli anni 70" 
                              per, poi, aggiungere: "non abbiamo una ricerca, 
                              come i cantautori, ma siamo più anarchici". 
 Da dove nasce l'idea del nome del gruppo: L.A. 
                              Vermont?
 Perché abbiamo la tendenza di suonare il jazz come 
                              se fosse nato in Vermont.
 
 Nel Vermont c'è una musica particolare?
 Noi abbiamo registrato quattro pezzi, che sono 
                              la premessa del nostro disco, con un 
                              contrabbassista e abbiamo visto che dai nostri 
                              cognomi, Lanaro, Veronese e Monti, che è il 
                              contrabbassista, uscivano le parole L.A. Vermont, 
                              formulando una sorta di acronimo.
 
 I vostri brani, scritti da voi: ne possiamo 
                              parlare?
 Uno è nostro, un altro risulta essere un 
                              arrangiamento di Horace Silver in un suo brano che 
                              si intitola Nica's dream. I testi che noi 
                              scriviamo e componiamo sono dei brani originali 
                              legati alla vena swing di Davide, o a quella più 
                              pseudo intellettuale che troviamo in Francesco. 
                              Non vogliamo rendere troppo difficile la nostra 
                              proposta musicale.
 
 Perché avete scelto un pezzo di Horace Silver?
 Esclusivamente lo abbiamo fatto per la parte 
                              poetica e per il paradosso che si legge nella 
                              persona di Nica, titolo dell'opera, una grande 
                              mecenate del jazz, che negli anni 40 e 50 
                              produceva musicisti jazz statunitensi. Stiamo 
                              parlando di una contessa, Pannonica de 
                              Koenigswarter, che abitava a New York e che si era 
                              presa sotto la propria ala protettiva diversi 
                              musicisti b pop, tra cui Thelonius Monk, che, 
                              ospitato da Nica, iniziò a impazzire.
 La verità si fonde tragicamente con la poesia, 
                              come spesso accade nel rapporto tra commedia e 
                              tragedia: noi non abbiamo dei mecenati, ci 
                              troviamo a suonare in un duo pensando di suonare 
                              un pezzo fatto per un ottetto con sensazioni 
                              latine: occorre dire che fare questo in due 
                              risulta abbastanza ambizioso. Abbiamo pensato a un 
                              arrangiamento che portasse su i toni più lounge, 
                              introducendo elementi di modernità, in quanto nel 
                              pezzo si prendono degli effetti per chitarra, 
                              chiamati delay, non ancora inventati e dall'altra 
                              parte troviamo elementi che provengono dal tango, 
                              tenendo, cosi, la base ritmica del brano.
 
 La vostra formazione: come nasce, come si 
                              sviluppa, come è nata?
 Entrambi veniamo dalla Scuola civica di jazz, 
                              ma abbiamo, sempre entrambi, preso in mano gli 
                              strumenti nella giovanissima età, approfittando 
                              poco di questo vantaggio.
 Simone ha fatto la Scuola civica di musica 
                              classica ed è un violinista di formazione 
                              chiaramente classica. Francesco e Simone hanno 
                              suonato nel trio Chomage, che in francese 
                              significa disoccupazione, formazione ormai 
                              sciolta, suonando in giro, in media una o due date 
                              a settimana a Milano, e producendo una demo.
 
 Lo stile: come possiamo definirlo?
 Ci lasciamo far fare i complimenti dagli 
                              altri, in un contesto di diseducazione generale 
                              riguardo la musica. Come la cucina e il contadino 
                              cerchiamo di mettere qualcosa di nuovo, sempre: un 
                              jazz caldo, non suoniamo il jazz degli anni 30, ma 
                              melodico. Francesco accompagna il tutto, mettendo 
                              da parte la sua spinta creativa per tenere il 
                              ritmo complessivo. Davide affronta un jazz da song 
                              di tradizione. Davide, invece, ha seguito 
                              un'evoluzione più o meno cronologica sul genere, 
                              cercando di capire gli stili storicamente 
                              precedenti: tutto questo garantisce una 
                              comprensione migliore di quello che succede dopo. 
                              Importante risulta avere la cultura necessaria per 
                              capire dove siamo giunti: come un albero che si 
                              dirama.
 
 La produzione dei testi come avviene nelle sue 
                              fasi?
 Dal disagio principalmente: per quanto ci si 
                              impegni per cercare di essere internazionali, alla 
                              fine siamo italiani e abbiamo qualcosa da dire 
                              quando risulta esserci qualcosa di cui lamentarsi. 
                              Le belle idee vengono quando sei felice, ma pensi 
                              ad altro. Nel disagio è più facile dedicarsi a 
                              qualcosa.
 Dall'originale qualcuno, poi, aggiunge gli accordi 
                              e la melodia, qualcun altro la musica e il testo: 
                              dopo di che occorre mettere d'accordo tutti sulle 
                              scelte fatte.
 
 Quindi risulta essere il disagio che vi ispira?
 Non il disagio inteso nel senso classico del 
                              termine. Il disagio si avverte nel vedere le altre 
                              persone che non sono a disagio. Per esempio Davide 
                              sta male nel vedere gli altri gioire. Molti luoghi 
                              esprimono, nonostante potrebbero essere idealmente 
                              a noi vicini, musica ad alto volume, alienante e 
                              senza ricerca. In tutto questo ambiente si avverte 
                              disagio fisico, pur constatando che, invece, il 
                              pubblico frequentatore di questi luoghi se la 
                              gode. E ci si domanda: se sto male io, dovrebbero 
                              stare male tutti ...
 
 Possiamo parlare delle ultime vostre uscite?
 Siamo stati a Verona e a Rovereto tra il 15 e 
                              il 19 dicembre. A Milano abbiamo lavorato, 
                              Francesco e Simome e una contrabbassista, con il 
                              Teatro del Vigentino accompagnando l'attrice, 
                              Isabella Cremonesi, che ha scritto testi di 
                              cabaret. Non è facile reagire in modo pratico in 
                              questo contesto, ma con lei abbiamo già fissato 
                              alcune date per la messa in scena de Il corpo 
                              dell'amore. Abbiamo lavorato con Jazz for business 
                              di Dario Villa, che si occupa di portare nel mondo 
                              dell'azienda tutto il patrimonio del jazz, con cui 
                              lavoreremo ancora. Il 16 dicembre abbiamo tenuto a 
                              Verona una nostra esecuzione in occasione di un 
                              vernissage: musica, giocolieri e funamboli tutti 
                              insieme per questo evento.
 
 Qual'e' il vostro testo più significativo?
 Dipende dalle volte. Abbiamo riscritto il 
                              testo di Fred Bongusto, "Spaghetti, pollo e 
                              patatine", in memoria di Sauro, incontrato 
                              casualmente per strada mentre suonavamo, e che ci 
                              aveva fatto sentire una sua composizione in grange 
                              cor sul subutex al limone, che è il metadone in 
                              forma moderna. Francesco e Davide hanno suonato in 
                              modo continuativo soprattutto d'estate, per 
                              strada, ottenendo un contatto più diretto col 
                              pubblico: in queste occasioni si esegue un 
                              repertorio che ti possa essere di aiuto e che 
                              viene creato senza derive intellettuali, scendendo 
                              a compromessi, tale da poter essere apprezzato dal 
                              pubblico di strada.
 Abbiamo 70 e 80 pezzi nel nostro repertorio, 
                              realizzato in due anni di attività. Questa è una 
                              cosa che non tutti i gruppi hanno: suonando 4 ore 
                              al giorno non per diletto ma per attirare la gente 
                              si è indotti a scegliere il pezzo e a eseguirlo o 
                              in loop, così impazzendo, o aggiungendo dei nuovi 
                              pezzi sempre rinnovati.
 Uno degli aspetti negativi di suonare in strada è 
                              che ti ritrovi con qualsiasi persona che abbia un 
                              disagio e che senta la necessità di comunicartelo. 
                              Non c'è barriera tra te e il pubblico. L'incontro 
                              con l'uomo della strada può essere a volte 
                              gratificante, altre volte si può incontrare un 
                              soggetto abbastanza particolare come l'amico 
                              Sauro, a cui abbiamo dedicato "Spinelli, popper e 
                              chetamina", parafrasando Fred Bongusto. Sauro era 
                              pieno di tatuaggi autoinflitti, con varie ferite e 
                              lo abbiamo conosciuto a Pisa in Piazza Cavalieri, 
                              uno dei posti dove potevamo esprimerci. La 
                              situazione che si è presentata è stata la 
                              seguente: Sauro chiede la chitarra a Francesco 
                              che, dopo alcune vicissitudini, gliela lascia, 
                              incominciando, cosi, a suonare il proprio pezzo. 
                              Sauro in quel momento non riusciva suonare come 
                              avrebbe voluto fare: questo è il disagio, in altra 
                              forma, il disagio di chi vive nel disagio.
 Non abbiamo dei testi significativi, non abbiamo 
                              una bandiera da portare avanti. Cerchiamo di 
                              suonare bene, secondo le nostre disponibilità. Non 
                              vogliamo fare i cantautori, ma i nostri testi sono 
                              frivoli con un aspetto ironico e scherzoso, tale 
                              che possa aiutarci a leggere il disagio. Il pezzo 
                              che si intitola Penelope vuole, per esempio, 
                              sminuire una canzone d'amore. I pezzi ci prendono 
                              poco sul serio, non vogliamo essere patetici come 
                              diversi parolieri.
 
 Il vostro prossimo lavoro a cui vi state 
                              dedicando?
 Con Francesco abbiamo un pezzo b-pop dal 
                              titolo "Villa for ever", scritto per un'occasione. 
                              Somewhere è un pezzo per il gruppo venuto in mente 
                              grazie a un riferimento a Gogol: l'ispirazione e 
                              venuta a Francesco che, di solito, non ascolta 
                              altra musica perché lo blocca, ma, invece, legge 
                              qualcosa che lo possa ispirare. Il pezzo in 
                              questione parla dei cosacchi, testo legato 
                              all'atmosfera cosacca, della steppa, al sole 
                              ghiacciato, alla dimensione contemplativa. Questo 
                              brano risulta appartenere al filone serioso, ma 
                              non ci si può mettere solo in modalità seriosa. 
                              Quando c'è qualcosa di serioso si può esprimerlo 
                              solo attraverso la musica. Se c'è qualcosa di 
                              serio da dire occorre tenerlo per se. Questo testo 
                              appartiene al filone sentimentale. Comunicare un 
                              sentimento risulta essere un gesto di spudoratezza 
                              dettato dalla necessità. Un artista che fa 
                              qualcosa lo fa per se stesso e per liberarsi da 
                              qualcosa, come correre nudo per strada, esternando 
                              qualcosa di estremamente intimo, deprecabile, ma, 
                              pur sempre, una necessità. L'artista fa del bene a 
                              se stesso e non agli altri. Davide non si ritiene 
                              artista: il gruppo è fatto di artigiani. Una 
                              situazione di disagio e di forte disagio, messa 
                              bene per iscritto, può risparmiarci l'aspetto 
                              poetico. Si vuole buttar fuori davanti alla 
                              società quel che ci logora come fossimo in una 
                              catena di Sant'Antonio del dolore: questo muove, 
                              secondo noi, l'artista, liberandolo e condannando 
                              gli altri a sentire quel che lui sente.
 Un altro testo su cui stiamo lavorando è di genere 
                              samba con giri armonici e unito ad altre diverse 
                              sambe.
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