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Narrativa

Le coincidenze di Massimo Acciai e Andrea Mucciolo, Il cortile di Massimo Acciai, Il ritorno di Giovanna Casapollo, La ciabattina di Rossana D'Angelo, Creatura marina di Maddalena Lonati, Tornerò di Maddalena Lonati, Mani di Maddalena Lonati, Coincidenze di Antonella Pedicelli, Roby di Lenio Vallati, Le zanzare di Davide Zingone, La fuga di Davide Zingone

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Andrea Cantucci, Sonia Cincinelli, Giorgio Gazzolo, Eleonora Ruffo Giordani, Carolina Lio, Iuri Lombardi, Francesca Lombardo Di Rosa (file audio), Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Michele Parigino, Dimitry Rufolo, Liliana Ugolini, Lenio Vallati, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia Dragotescu, Manuela Leahu

Incontri nel giardino autunnale

Intervista ad Alberto Toso Fei
A cura di Matteo Nicodemo

Recensioni

- "Parole e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "Itinera" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato pecorella" di Dario De Lucia, nota di Massimo Acciai
- "Le inquietudini dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung, nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga" di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa e a volte la vita" di Claudio Risé, nota di Enrico Pietrangeli
- "Mille parole" di Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- "Ci siamo" di Marco Ciurli, recensione di Elena Fratini
- "Premiata Forneria Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota di Enrico Pietrangeli
- "Una ragionevole strage" di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore" di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso l'ovest" di Rossella Presicce

Saggi

I misteri della psiche: la sincronicità
Articolo di Antoine Fratini
Un dono di Serafino Beconi
Articolo di Antonio Carollo
Amore e amarezza per la Sicilia nella poesia di Margherita Neri Novi
Articolo di Antonio Carollo

Filosofia

La filosofia politica di Platone come filosofia pratica
di Apostolos Apostolou

I misteri della psiche: la sincronicità
 

di Antoine Fratini


La sincronicità è uno dei pochi fenomeni psichici veramente misteriosi che io conosca e di cui posso avventurarmi a dire qualcosa in base alla mia formazione e alla mia esperienza clinica e personale. Cominciamo col definire il concetto: la sincronicità è la coincidenza significativa nel tempo di un evento psichico (sogno, intuizione, presentimento...) e di un fatto fisico (incontro, incidente...). Si tratta quindi di fenomeni di natura opposta che per un soggetto e dal punto di vista simbolico dicono la stessa cosa nello stesso tempo. La coincidenza può essere rappresentata da un avvenimento esteriore che conferma, sempre simbolicamente, un mio stato interiore. Si dice per esempio che il vecchio Jung, mentre stava meditando nel giardino della sua casa di Bollingen, era talmente nel Tao, talmente in armonia con il mondo che un uccello si pose sul suo capo e lì rimase per diversi minuti!
Prima di addentrarci maggiormente in questa problematica mi sembra necessario distinguere il mistero dall'ignoto. In realtà molte persone tendono a confondere i due termini. "Ignoto" può essere qualsiasi fenomeno che sfugge alla nostra percezione, che non si conosce ancora o che è momentaneamente privo di spiegazione razionale benché sia suscettibile di riceverne una in futuro (la scienza scruta l'ignoto).
Per quanto riguarda il mistero si deve risalire all'origine della parola stessa. La parola "mistero" infatti proviene etimologicamente dal greco mys-ô, chiudere le labbra, che dà anche mysein, chiudersi dentro. Quindi mistero come qualcosa che anzitutto si vive, si sperimenta dentro di sé e che richiede pertanto il silenzio, ovvero l'assenza di spiegazione.
Quel che abbiamo detto finora era necessario per poter passare agli esempi, i quali danno sicuramente una comprensione più immediata della cosa, ma che senza l'appoggio di certe premesse teoriche non avrebbero potuto, credo, soddisfare le esigenze del nostro spirito critico. Incominciamo con un esempio generico: sogno una persona e il l'indomani l'incontro per strada. Magari non la vedevo da tempo e tutto è avvenuto per caso. Parlando con questa persona viene fuori che quella mattina aveva sbagliato strada e quindi non avrebbe dovuto trovarsi lì. A questo punto ricordo che anch'io quella mattina avevo aspettato diverso tempo prima di decidermi ad uscire di casa, per via di una non ben definita indecisione. Ora, questa concentrazione di coincidenze potrebbe rivelarsi altamente significativa se quella persona mi narrasse una storia che mi tocca nell'intimo, che si associa ad un problema che non so come affrontare o che sto cercando di reprimere. Quell'episodio di indecisione o di confusione prima di uscire di casa (e che ha reso possibile l'incontro) rappresenterebbe in quel caso un condizionamento temporale durante il quale parte degli eventi fisici sembrano aggiustarsi secondo un senso inconscio da scoprire. In quei momenti il tempo sembra esprimere una qualità che si rispecchia negli eventi (il problema portato a galla dall'amico casualmente ritrovato). Un altro esempio è quando si apre un libro su di una pagina a caso e si cade su di un passo dal quale emerge una questione importante.
Si potrebbe però pensare che questi racconti siano troppo generici, oltre che ipotetici. Passiamo pertanto ad esempi più articolati e che si sono realmente verificati. Il primo è quello, diventato ormai famoso, dello "scarabeo d'oro" che Jung cita nel suo libro La sincronicità. Jung ebbe in cura una giovane paziente che proveniva da due esperienze negative con medici diversi. Un sogno particolare emerse in un momento decisivo dell'analisi. In quel sogno la paziente riceveva una spilla dorata dalla forma di scarabeo. Mentre ella raccontava il sogno, Jung era seduto con le spalle voltate verso la finestra chiusa. D'un tratto egli udì un rumore, come se qualcosa bussasse piano contro i vetri; si voltò e vide un insetto alato che urtava dall'esterno contro la finestra; aprì la finestra e prese l'insetto al volo: era l'analogia più vicina ad uno scarabeo d'oro, ossia una cetonia aurata, comunemente chiamato coleottero delle rose. Proviamo ad analizzare l'episodio. Anzitutto va detto ai partigiani della pura casualità che non è nelle abitudini di questo tipo di insetto avvicinarsi ad ambienti bui. In secondo luogo è chiaro che il sogno è avvenuto prima dell'episodio e quindi al massimo ha potuto suggestionare Jung e spingerlo a questa insolita e rischiosa "entrata in scena". Rischiosa in quanto si trattava di una paziente che Jung descrive come particolarmente difficile, educata alla filosofia cartesiana e prigioniera di una vera e propria corazza razionalistica che nemmeno gli sforzi di due medici avevano potuto ammorbidire. In questi casi non è difficile supporre che la paziente non avrebbe di certo perso l'occasione per burlarsi di lui e delle sue "teorie".
Quel che fa supporre ad una sincronicità è però il rapporto tra la situazione della sognatrice e il significato simbolico-culturale dello scarabeo. La figura dello scarabeo è in effetti un antico simbolo egizio, apparentato all'alchimia e il cui significato era legato al tema del rinnovamento e del ciclo vitale. In certe rappresentazioni è raffigurato nell'atto di spingere il dio sole Râ fuori dalla lunga e oscura notte, allo stesso modo in cui nella realtà lo scarabeo spinge, arrotolandoli, i suoi escrementi contenenti l'embrione. Noti sono i paralleli alchemici tra gli escrementi e l'oro, tra lo stadio della putrefatio e quello della rinascita. Vediamo quindi che lo scarabeo è un antico simbolo di rinascita. Ed è proprio di un rinnovamento della personalità ciò di cui quella paziente aveva urgente bisogno. Mi pare di poter dire con Jung che l'episodio abbia assunto il valore di un evento irrazionale in grado di fare ciò che i medici non avevano potuto compiere, ovvero addolcire quella corazza razionale che teneva la paziente prigioniera e impediva la sua evoluzione. Al proposito Jung scrive che da quel momento il loro rapporto analitico migliorò notevolmente.
Il prossimo esempio risale a diversi anni fa e proviene dalla mia esperienza personale. Mi stavo interessando da vicino al simbolismo della pietra quando nacque in me l'esigenza di trovarne una materiale che potesse in qualche modo diventare la mia pietra. Il lapis era per gli alchimisti simbolo di una saggezza concretamente vissuta, che riguardava quindi non tanto il sapere, ma l'essere. Esso rappresentava dunque una meta interiore intensamente agognata, anche perché, come ha mostrato Jung, doveva supplire alle carenze lasciate dai dogmi della Chiesa e della filosofia. Quella pietra concreta che andavo cercando doveva assomigliare all'immagine della pietra che si era formata progressivamente dentro di me. Solo che quella immagine era ancora per la verità molto rudimentale e quindi non avevo proprio nessuna idea di che cosa avrei potuto trovare. Ora posso dire che inconsciamente chiedevo al caso di darmi una mano, di chiarirmi il significato simbolico della pietra. In quel periodo un amico mi propose di fare una passeggiata sul monte Carameto e qui, volendo, troviamo uno di quei giochi di parola appositamente ingenui di cui gli alchimisti si servivano abbondantemente: la "cara meta". La pietra filosofale corrisponde effettivamente all'espressione più cara della meta degli alchimisti. Tuttavia, scegliemmo un altro monte, più roccioso: ero sicuro che lì la mia pietra mi sarebbe prima o poi capitata sotto i piedi perché quel monte era per così dire una roccia unica.
In realtà, trovai solo della gran fatica e un paesaggio maestoso da contemplare, in silenzio. Successivamente uno sbaglio di sentiero ci permise di scorgere un bel faggio solitario che si ergeva nel mezzo di una piana di altura. Era nato e cresciuto in mezzo a delle rocce e da un suo ramo pendeva un crocifisso lasciato probabilmente da un qualche scout. Così congiunto alla roccia sembrava quasi ibrido e si prestava particolarmente a ricevere il crocifisso dato che il lapis philosophorum era anche una chiara allegoria del Cristo. Pochi giorni dopo, un conoscente mi parlò dei saguari, quei grandi cactus del deserto messicano, con le pietre che immancabilmente vi si trovano ai piedi. In quel momento stavo proprio pensando al faggio e gli chiesi scherzando se per caso non avesse letto nel mio pensiero. Capitarono altre coincidenze in relazione con il tema della pietra. Mi si chiese informazioni su di una ragazza di nome Pietrina che non ho praticamente mai conosciuta, dovetti accompagnare la famiglia a Pietra Ligure e, in ultimo, nel recarmi all'Aci passai davanti alla pizzeria "La pietra", un locale che mi colpì per la sua ubicazione: da un lato la sua vista è chiusa dalla vegetazione di un parco e dall'altro lato da un bar che le sta davanti. Curiosamente, questo si accorda con quel che gli alchimisti dicevano della loro pietra, cioè che non dava nell'occhio, che poteva facilmente essere ignorata se non derisa, "calpestata nel fango dalle bestie da soma e dai greggi". Senz'altro intendevano dire che la cosa preziosa risiede in un luogo al tempo stesso molto vicino e infinitamente distante, in un luogo snobbato dove nessuno cercherebbe mai. Si tratta, credo, di una variante del tesoro ricercato in ogni dove e finalmente trovato nella propria cantina, un tesoro fatto però di cose essenziali anziché appariscenti, di semplicità, di luce, di armonia, di "piccole gioie" direbbe Hermann Hesse.
Finalmente la mia pietra mi capitò per caso sotto i piedi durante una passeggiata su di una collina che frequentavo spesso, e corrisponde proprio ad un sassolino grigiastro e comunissimo dalla forma piramidale e dalla superficie rugosa. Ma questa "storia di pietre" proseguì. Da tempo cercavo un locale più adatto per il mio studio e lessi l'annuncio di un professionista che cercava qualcuno per dividere il suo studio. Quel locale l'ho poi condiviso con un certo Aldo Pietra! E il luogo, cioè la via nonché il numero civico corrispondono perfettamente al luogo di nascita di mio nonno, come scoprì con sorpresa da una vecchia sua carta d'identità casualmente ritrovata. Secondo Jung la pietra è uno dei simboli maggiori del Sé, ovvero l'archetipo della completezza psichica, la quale non è tale se non ha radici. Mi spiace per i sostenitori della integrazione culturale, della mondializzazione, ma essere parti interscambiabili di un stesso sistema è un fantasma che preclude l'individuazione. Uno degli effetti veramente sorprendenti della realizzazione dell'inconscio è proprio quello di assegnare al soggetto anche un posto all'esterno, fenomeno che ha il sapore del destino (non solo ci si sente più sé stessi, ma si sente anche l'appartenenza ad un luogo e ad una cultura). Si tratta di un mistero nel vero senso della parola perché dipende anche e comunque dalla percezione e dall'accettazione del soggetto, dalla possibilità che un dato evento o una data serie di eventi faccia senso per lui e perché troviamo un chiaro richiamo all'Unus Mundus degli alchimisti, il "mondo uno" delle corrispondenze tra la Natura e l'Uomo, tra macrocosmo e microcosmo. Si riaffaccia qui in maniera evidente l'importanza, nonostante il richiamo ad una "psiche oggettiva" nella stessa teorizzazione junghiana, della sfera del soggetto.
Uno dei meriti della teoria della sincronicità è che permette il recupero del senso di certe situazioni solo apparentemente casuali e quindi del senso dell'esistenza. In definitiva credo che la grande sfida ch'essa pone consiste nel tentativo di ricomporre il collegamento tra il singolo individuo e l'assoluto, mediante però la psiche e l'esperienza personale anziché attraverso riti collettivi, dogmi o Scritture. In questo modo pensiero e sentimento, teoria ed esperienza, razionalità ed irrazionalità si accordano per unire l'anima al mondo, una concezione, questa, già nota agli alchimisti e a pensatori come per esempio Giovanni Pico, ma che ora può avvalersi grazie a Jung di una esposizione scientifica necessaria allo spirito moderno.

Antoine Fratini
Associazione Europea di Psicoanalisi

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