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Narrativa

Le coincidenze di Massimo Acciai e Andrea Mucciolo, Il cortile di Massimo Acciai, Il ritorno di Giovanna Casapollo, La ciabattina di Rossana D'Angelo, Creatura marina di Maddalena Lonati, Tornerò di Maddalena Lonati, Mani di Maddalena Lonati, Coincidenze di Antonella Pedicelli, Roby di Lenio Vallati, Le zanzare di Davide Zingone, La fuga di Davide Zingone

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Andrea Cantucci, Sonia Cincinelli, Giorgio Gazzolo, Eleonora Ruffo Giordani, Carolina Lio, Iuri Lombardi, Francesca Lombardo Di Rosa (file audio), Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Michele Parigino, Dimitry Rufolo, Liliana Ugolini, Lenio Vallati, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia Dragotescu, Manuela Leahu

Incontri nel giardino autunnale

Intervista ad Alberto Toso Fei
A cura di Matteo Nicodemo

Recensioni

- "Parole e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "Itinera" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato pecorella" di Dario De Lucia, nota di Massimo Acciai
- "Le inquietudini dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung, nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga" di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa e a volte la vita" di Claudio Risé, nota di Enrico Pietrangeli
- "Mille parole" di Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- "Ci siamo" di Marco Ciurli, recensione di Elena Fratini
- "Premiata Forneria Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota di Enrico Pietrangeli
- "Una ragionevole strage" di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore" di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso l'ovest" di Rossella Presicce

Saggi

I misteri della psiche: la sincronicità
Articolo di Antoine Fratini
Un dono di Serafino Beconi
Articolo di Antonio Carollo
Amore e amarezza per la Sicilia nella poesia di Margherita Neri Novi
Articolo di Antonio Carollo

Filosofia

La filosofia politica di Platone come filosofia pratica
di Apostolos Apostolou

In questo numero segnaliamo...
 


- "Parole e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "Itinera" di Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato pecorella" di Dario De Lucia, nota di Massimo Acciai
- "Le inquietudini dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung, nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga" di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa e a volte la vita" di Claudio Risé, nota di Enrico Pietrangeli
- "Mille parole" di Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- "Ci siamo" di Marco Ciurli, recensione di Elena Fratini
- "Premiata Forneria Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota di Enrico Pietrangeli
- "Una ragionevole strage" di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore" di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso l'ovest" di Rossella Presicce

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Pittori Piuttosto Pittoreschi
Massimo Zanicchi
Bologna, Girardi Editore, 2007

Pittori Piuttosto Pittoreschi è composto di storie vere, verosimili e sfacciatamente false. Vuole essere un omaggio ed al tempo stesso una rivisitazione di eventi legati alla vita ed alle opere di alcuni artisti i cui quadri ho avuto la fortuna di poter ammirare dal vivo.
La scelta di scrivere racconti che prendano spunto dalle vicende umane ed artistiche di pittori famosi può essere esplicata con un curioso aneddoto riguardante Vincent Van Gogh. Correva l'anno 1935 quando il MOMA, il museo di arte moderna di New York, ospitò la prima esposizione di opere del famoso artista olandese negli Stati Uniti. La fama del pittore, ormai morto da quarantacinque anni nel completo anonimato, era in costante e vertiginosa ascesa.
Hugh Troy, giovane artista americano, meravigliato dalla grande affluenza di pubblico e dal clamore suscitato dalla mostra ebbe una trovata geniale. Era convinto che la gran parte dei visitatori, in realtà, fosse attirata maggiormente dai dettagli curiosi della vita del pittore piuttosto che dal valore dalle sue opere. Per levarsi lo sfizio di dimostrare la correttezza della propria intuizione ricorse ad uno stratagemma grottesco. Procuratosi un trancio di carne confezionò un finto orecchio e lo adagiò in una vetrinetta dal fondo di velluto blu.
Concluse il proprio lavoro sistemando alla base dell'espositore la seguente didascalia:'Questo è l'orecchio che Vincent Van Gogh si tagliò ed offrì ad una prostituta francese il 24 Dicembre 1888'.
Gli organizzatori accolsero con entusiasmo la bizzarra trovata esponendola, quindi, in una posizione privilegiata. Il finto orecchio, in breve, divenne paradossalmente l'opera con più folla al proprio cospetto. Suscitò uno scompiglio tale da costringere la direzione del MOMA a rimuovere l'artefatto stesso.
Da questo breve episodio si può evincere quale interesse siano in grado attirare le vicende umane di coloro che hanno giocato un ruolo primario, o meno, nella storia della pittura. Van Gogh, certo, può rappresentare il caso più eclatante. Tuttavia, se si scava a fondo nella vita di coloro che hanno lasciato un segno tangibile nel mondo dell'arte qualche aneddoto curioso lo si può rintracciare. In generale, il discorso varrebbe per la vita di chiunque. La differenza è insita nel fatto che l'eco dell'esistenza di noi esseri qualunque si smorza con maggiore velocità e difficilmente riesce a captare l'interesse dei più.

http://massimo.zanicchi.it

Dove trovarlo: http://massimo.zanicchi.it/libri/pittori04.htm

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Se il proibizionismo diventa integralismo:

Cannabis, come perdere la testa e a volte la vita
di Claudio Risè (Edizioni San Paolo - 2007)

Quello di Risè è, sicuramente, un libro di cui si è già parlato, tanto da generare subito toni allarmistici in un paese così permeabile come il nostro. La copertina, possibile evocazione del martirio nel chiodo che trafigge la foglia sul legno, è, forse, l'unico spiraglio di compassione per una pianta che, nel corso dei millenni, è stata tramandata come una sorta di "maiale vegetale" per il suo complessivo utilizzo da parte dell'uomo. Non solo droga, se di questo si tratta, ma anche ottime fibre, risorse bio-energetiche a basso costo e applicazioni terapeutiche, nonché importanti risvolti agro-alimentari. Argomenti che Risè, consapevolmente o meno, si guarda bene dall'affrontare. Che la marijuana non sia un semplice ricostituente da prendere indiscriminatamente e senza conseguenze, dovrebbe, a mio parere, essere già una nozione comune a tutti. Se così non fosse allora anche questo libro, nonostante tutto, potrebbe avere un senso, tanto più se rivolto ai giovani. Metterli in guardia, comunque, è sempre un lodevole intento e non andrebbe vanificato dietro un fazioso integralismo proibizionista. Nobile e sacrosanto occuparsi degli adolescenti e tutelarli al meglio, ma perché addossare ogni colpa alla canapa? Perché basarsi su ricerche che, di fatto, risultano controvertibili ed inefficaci? Molti adolescenti, infatti, fanno un uso promiscuo dei più svariati intrugli chimici insieme allo spinello a causa di una politica ancora non in grado di compiere un adeguato distinguo. Altrettanto non marginale, anzi associato, è lo strisciante fenomeno dell'alcolismo giovanile, come Risè stesso non può fare a meno di rilevare. L'equilibrio psico-fisico dei nostri ragazzi è minato a partire da additivi ed inquinamento piuttosto che dal solo uso pregresso di spinelli. Semmai il consumo di cannabis si sovrappone a comportamenti già connaturati nelle psicosi della nostra società. "Disturbi della personalità e dell'umore" sono rilevabili in qualsiasi uso continuativo di sostanze, inclusi farmaci, alcol, tabacco e caffeina, ma anche in condizioni di stress come pure nella carenza di riferimenti. Va da sé poi che alla guida, come durante la gravidanza e, più in generale, negli stadi di crescita, l'uso di sostanze alteranti è non solo altamente sconsigliabile ma anche da interdire in quanto rappresenta un più accertato pericolo per sé e la vita altrui. A partire dalla dichiarazione ONU tanto ostentata nel libro: "nel mondo attuale la cannabis è la droga illecita più prodotta e consumata", si deduce l'esistenza di droghe lecite; dopo l'esperienza del proibizionismo americano, nessuno pretenderebbe ancora di vietare l'alcol, tanto meno Risè, allora perché lasciare l'erba in mano alla criminalità? Scorrendo la lunga bibliografia riportata a tergo dell'opera, risalta subito il primo testo elencato: Fecondazione, aborto, droga, eutanasia. Trovo comprensibile un non appiattimento su questioni laiche da parte dei cattolici, ma ostinarsi contro la canapa è fuori luogo, tanto più in una religione che prevede l'uso simbolico del vino nell'eucaristia. Anche i cattolici, per lo meno una parte, hanno attraversato il '68 che, a mio giudizio, non è un'esclusiva di sinistra, e, perché no, sarebbero ben disposti a trattare diversamente l'argomento. Interessanti le note di Marco Pistis, neuro-scienziato che, come riportato nelle pagine del libro, ribadisce che "alcol e cannabis sono due delle droghe più diffuse" e "per molti versi molto simili". Ma non del tutto, come Risè stesso documenta, noi già possediamo "cannabinoidi endogeni", mentre la molecola dell'alcol è completamente estranea al nostro corpo. La sezione più avveduta del trattato è, a mio parere, quella più strettamente attinente la "psicologia del maschile" e la "figura paterna", ma a condizione di depurarla dalla canapafobia caratterizzante l'autore. Qui sono ravvisabili spunti più convincenti e, non a caso, coincidono con le effettive capacità e professionalità dell'autore. L'identificazione della cannabis come strumento di follia e morte, è tipico di culture rigide e moraliste. L'Iran, pur rimanendo, se non un produttore, un importante crocevia internazionale della droga, è arrivato ad eseguire decine di condanne a morte per uso di stupefacenti in un solo giorno. Risulta poco credibile una morte da overdose di spinello, poiché è praticamente impossibile riuscire ad assumere un quantitativo tale da cagionarla; tutt'al più, in quei rari malaugurati casi in cui è maturato qualche fattaccio, la canapa è stata sempre e solo una concausa tra altri fattori determinanti. Verosimile, al contrario, è il coma etilico, spesso sottovalutato, seppure non frequente, ma scientificamente accertato come causa di morte. Sebbene frutto di opinabili statistiche, s'insiste ancora sul concetto che dallo spinello si passi all'eroina, convinzione vecchia oltre quarant'anni e suffragata dal solo nefasto esito proibizionista di lasciare liberi gli spacciatori di manipolare il mercato a loro piacimento. Nelle tematiche di fondo addotte, emerge l'incremento di THC nella canapa sino a toccare punte del 20% rispetto al 3% degli anni Settanta. Una concentrazione del principio attivo tutta a vantaggio degli spacciatori, consente loro, nella diminuzione di massa, d'incorrere in rischi più calcolati incrementandone penetrazione e competitività. Questa è l'evidente conseguenza di "alterne politiche" comunque unidirezionali nel loro intento proibizionistico. Certo è che la droga in mano a talebani e consimili non può che essere alterata a loro piacimento quale ennesima arma da rivolgere contro gli occidentali. Non dimentichiamo, quindi, il terrorismo; i finanziamenti prodotti dalla droga illegale aumentano il rischio dei nostri soldati e le spese per mantenere la pace nel mondo, nonché espongono la nostra sicurezza in prima persona. E Risè riconosce che siamo "assediati dai produttori e commercianti islamici". I recenti dati rilevati con la Giovanardi-Fini, scampolo di fine legislatura della destra messo sotto la naftalina dalla sinistra, sollecitano l'emergenza. Il proibizionismo sancisce la deriva di un popolo, tanto lo fu un tempo nella trasgressione di tossici distillati clandestini quanto lo è ora nel perseguire una politica che anziché smitizzare ed arginare la droga, di fatto, la favorisce. La questione droga, non dimentichiamolo, va articolata e affrontata su più fronti: regolamentazione, prevenzione e repressione dell'illecito. Se viene meno una di queste componenti, siamo comunque destinati ad un inevitabile fallimento. Impossibile poi non fare i conti con una spesa sanitaria che aumenta e grava su tutti noi. Una sanità costretta a sopravvivere tra la droga illegale è una sanità destinata a spendere sull'imprevedibile e non curare con quanto possibile. La dedica del libro al compianto Muccioli, conduce ad una tradizione che, ai giorni nostri, riporta alla ribalta delle cronache Don Gelmini. Di fatto, purtroppo, continuare ad elargire soldi dei contribuenti a comunità inneggianti all'integralismo proibizionista e che, forse non del tutto a caso, finiscono poi inquisite, non ha portato ad altro che ad estendere il fenomeno e arricchire i trafficanti rendendo il cittadino sempre più povero e in pericolo. E il cittadino comune vuole ordine, non solo una gratuita ed inefficace repressione. Vuole regolamentazione, perché ognuno svolga le sue attività nel luogo più appropriato e nelle modalità predisposte, senza offendere il pudore altrui e, soprattutto, nella legalità e con opportune tasse pagate da tutti, perché è stanco del pusher e della meretrice esentasse! Dopo la lettura di questo libro, non resta che sperare in un dibattito più consapevole. L'augurio è che anche l'antiproibizionismo sia sempre più moderato e meno integralista nell'esigere un altrettanto nociva generica liberalizzazione. Ma la depenalizzazione e la regolamentazione sono vie percorribili, le sole in grado di riportare alla legalità, vista l'entità del fenomeno. Se riusciremo ad attuarle, tutelando tanto gli interessi sociali quanto il libero arbitrio dell'individuo adulto e consapevole, saremo ancora in grado di tramandare una civiltà e di offrire un futuro.

Nota di Enrico Pietrangeli - 2007

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"Le inquietudini dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung

Un libro scoperto per caso in biblioteca, nello scaffale del libero scambio. Un libro che non reca né la casa editrice (perché stampato in proprio a Chivasso nel luglio 2006) né il prezzo, né altri dati (a parte una brevissima nota biografica sull'autrice) ma che riporta sul retro la dicitura: "un libro per chi ama pensare". È in effetti uno di quei testi che si collocano a metà strada tra la narrativa e il saggio filosofico. Un libro fatto di racconti, frammenti, divagazioni in cui l'equilibrio tra la narrazione e la riflessione è perfetto. Certo, non un libro di quelli che si leggono in sala d'attesa tanto per far passare il tempo, o sull'autobus; questo tipo di opera richiede silenzio e concentrazione. Ogni pagina è densa di spunti di riflessione e va assaporata lentamente, magari anche poche pagine al giorno. Una lettura frettolosa rischia di annoiare, sovraffollando la mente.
Un libro che mette tutto in discussione. Un libro che demolisce ogni "cogito ergo sum" ed ogni verità di fede. Un libro che lascia smarriti, ma non disperati. L'inquietudine dell'esistenza viene affrontata con lucidità, quasi con spirito scientifico. I personaggi sono in qualche modo affascinati dall'assurdo che li circonda. Si danno sempre pena di capire, ma non arrivano mai ad un punto fermo.
Il libro si presenta, nella sua prima parte, come una rivisitazione della Bibbia. Si parte dalla Genesi fino al Nuovo Testamento, ricorrendo ad un punto di vista alternativo, terreno, anti-dogmatico, per cercare - senza però trovarlo - il senso del Tempo, della Creazione, dei propositi di Dio. È la parte forse più inquietante dell'opera; non vengono risparmiate le varie atrocità insensate contenute nel testo biblico, soprattutto nell'Antico Testamento. Più volte viene voglia di chiudere il libro e dimenticarlo, ma non si può. Sono pagine che catturano.
La seconda parte non prende più spunto dalla Bibbia ma insiste su tematiche spirituali, esistenziali, di ricerca di un senso all'esistenza. L'identità, una vista "troppo" acuta, il labirinto, gli eremiti che vagano nel deserto e si riducono a mangiare pietre, l'alchimista che cerca di scoprire il segreto della vita, la ricerca della perfezione in un habitat ristretto… questo e molto altro si dipana nelle pagine dell'autrice, la quale parla curiosamente sempre attraverso un io narrante maschile. Un libro pieno di simboli e metafore complesse e semplici, spesso imprevedibili.
Una lettura che fa davvero pensare, come promette.
Se vogliamo però trovare qualche pecca occorre esser pignoli e cercare tra i refusi grammaticali e tra i troppi superflui anglicismi, spiegabili forse nella lunga permanenza dell'autrice a Londra, dove vive con la famiglia. Peccato che il soggiorno inglese abbia sciupato un po' un italiano altrimenti perfetto. Peccato anche che non sia possibile reperire altre notizie sull'autrice ed un suo recapito, mi sarebbe piaciuto scriverle.

Nota di
Massimo Acciai - Firenze, 11 gennaio 2008

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Mille parole
Cesare Lorefice
Apogeo Editore, Adria, 2007
www.libreria-apogeo.it

MILLE PAROLE. Un nuovo libro che è la testimonianza di un impegno poetico costante e approfondito di Cesare Lorefice. Mille parole un binomio che si presenta al lettore come un cortocircuito tra dichiarazione di poetica e provocazione fantastica.
Le parole, cioè lo strumento che il poeta usa per dare forma ai suoi pensieri, e l'aggettivo Mille che quantifica la cifra della fantasia e che si pone come sfida e provocazione. Bisognerà forse contarli i mille baci e i mille dolori? le mille ali candide, i mille rivoli e canali, le mille e mille note di questa musica che arriva da ogni verso? Forse sì.
Mille parole e la sua veste tipografica, elegante e sobria nello stesso tempo, per rendere questo libro piacevole da guardare, da toccare, da soppesare con cura. Anche i libri vanno accarezzati…come le donne!!! Lode dunque ad Apogeo Editore di Paolo Spinello -Adria.
Fin dall'immagine in copertina il poeta propone il tema fondamentale della sua ricerca: l'amore che ritrova in tutte le manifestazioni della vita.
Oltre ai testi ci sono riproduzioni di quadri molto belle. I disegni del padre…(ora capisco perché l'arte è un segno che ti contraddistingue ..lo porti dentro il tuo DNA) sono delle opere davvero pregevoli, con quei profili appena segnati e quella tenue ombreggiatura che fa risaltare in modo meraviglioso le forme piene di quei corpi nudi. (Sicuramente gli originali sono di gran lunga superiori alle riproduzioni. Bellissimo il ritratto a pagina 19! ) Anche le xilografie contribuiscono ad amalgamare la visione dei testi con quella delle immagini. I temi sviluppati nei testi, tematiche così care alla sensibilità di Lorefice, si alternano in modo armonico, facilitano varie riflessioni e propongono messaggi che devono essere catturati ogni volta.
Il tema del viaggio inizia con la vita: ci vuole coraggio per intraprendere il viaggio,
ma siamo giovani e ci perdiamo per seguire il canto delle sirene, che ti scioglie e ti lega ad un contempo…quella vita che proseguirà tra naufragi e approdi, tra dolori e delusioni: delle tue ferite antiche porto anch'io vivi i segni. Ma nella vita incontriamo specialmente l'amore, sentimento appagato o deluso, che farà soffrire: amore sei la mia prigione ma non riesco ad uscirne. All'amore la volontà non sa resistere : non posso impedirmi d'amare … e quando l'amore se ne va lascia un polline di stelle e come un diamante accendo la notte della tua luce. Così accende la nostalgia dell'attimo fuggente e il rimpianto per non aver saputo fermare il tempo.. ricorderò soltanto il fruscio serico di un bacio al mio pianger muto…Bel verso di foscoliana memoria, perché il linguaggio, in genere semplice e colloquiale, è spesso completato da citazioni dotte e letterarie, con termini perfino insoliti, che rivelano profonda cultura e profondo amore per tutta la classicità.
Molto ben sviluppato anche il tema del paesaggio. Si tratta sempre di città d'arte, di luoghi cari e famosi per la loro bellezza e la loro ricchezza di testimonianze: Mozia, Venezia, Padova, Verona, Praga, Granata, fino ad arrivare a New Orleans dove si denunciano ferite e lacrime e dove si prega di avere una ..inarrestabile speranza di resurrezione.
Tra i tanti testi che commuovono ed emozionano (alcuni li conoscevo già e avevo già detto il mio pensiero) c'è quello dei ricordi d'infanzia, di un Natale rievocato con tutti i sensi.. paesaggi, profumi, sapori, suoni che si mescolano al rimpianto…mai più adesso potrò fermare il silenzioso rivolo del tempo col lampo di un sorriso in cambio di un dolcetto.
Però i due testi più belli in assoluto sono Ottobre a Velletri …E distinguo.
Due liriche perfette. Ambedue composte di una sola frase, (Velletri sono due frasi) con quei versi brevi, che scivolano nel tempo di un corto respiro, con quel linguaggio di una apparente semplicità, sicuramente frutto di meditate riflessioni, in una bilanciata armonia che traspare da tutti i versi e che conclude unendo il primo e l'ultimo in una ritmica circolarità senza cedere a sentimentalismi esosi e scadenti.
Ambedue con un incipit forte…due verbi decisi, imperiosi, senza sbavature, che attraverso la trama delle rievocazioni ci portano alla fine per dirci la stessa cosa: che il cuore ha nostalgia del tempo passato, che il cuore, non potendo dimenticare, si affida alla memoria per continuare a vivere.
Dunque, per concludere, bella pubblicazione e belle poesie che si leggono d'un fiato.
Un bel regalo di Natale!

Anna Maria Volpini

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O lupo è addiventato pecorella
Dario De Lucia
www.dariodelucia.it


Il nuovo lavoro poetico-musicale di Dario De Lucia, uscito a quattro anni distanza dal precedente cd "Tutta colpa della poesia", ripropone il suo inconfondibile stile partenopeo. Dodici liriche, tutte rigorosamente in lingua napoletana, accompagnate dalle musiche di Paolo Convertito per raccontare Napoli, l'amore, la denuncia e la resistenza contro i mali della società, la quotidianità dove è possibile trovare quel sentimento genuino, fonte spesso di sofferenza ma anche di alta poesia, che gli animi sensibili sanno percepire più intensamente nel bene e nel male. C'è anche molta ironia in certi brani, accanto ad altri dove prevale invece il tono indignato o disilluso; mutamenti di registro, da una lirica all'altra, che danno vivacità e senso di vita vissuta al lavoro preso nel suo insieme. Un'opera unitaria, nonostante i molti argomenti toccati, dove c'è posto anche per la speranza; quella che un giorno l'utopia diventi realtà e che, come recita il titolo, il lupo diventi davvero una pacifica pecorella. Ci uniamo a questo augurio, sperando anche non dover attendere il Giudizio Universale.

Nota di Massimo Acciai

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Pensieri a banda larga
di Dimitry Rufolo
Altromondo Editore, 2007

Disponibile unicamente sul sito: www.altromondoeditore.com
(con possibilità di scaricare un anteprima)
Per contatti con l'autore: www.dimitryrufolo.blogspot.com

Dimitry Rufolo è alla sua prima esperienza letteraria, autodidatta, operaio, poeta di strada,musicista girovago, musicista stanziale, spettatore,uomo comune,marito ed amante. E' nato a Parma il 22 luglio 1967. Risiede sullo stesso vostro pianeta, probabilmente non lontano da voi.

Il libro è senza dubbio interessante, considerando anche che si tratta di un'opera prima. Ho iniziato a leggerlo aprendolo a caso e mi sono trovato davanti la breve lirica "Bed & Breakfast"; mi ha colpito subito l'incipit "Non è mai abbastanza notte / per dormire" e le successive due affermazioni sull'impossibilità di svegliarsi e di uscire comunque da uno stato intermedio al sonno-sogno e alla veglia. Ho trovato che descriva bene la giornata dell'uomo comune. Il linguaggio è quotidiano, agile, realistico. Un altro esempio è dato da "Battibecco", qualche pagina dopo, in cui la questione filosofica della felicità viene resa attraverso un dialogo, anzi un battibecco, in cui la dicotomia ottimista-pessimista viene dissolta nell'ironia. Il libro è fatto di moltissimo momenti, come dei flash, vividi ed immediati, la cui varietà qualitativa e quantitativa sembra rimandare alla "banda larga" del titolo. Un buon libro di poesia che mi sento di consigliare.

Nota di Massimo Acciai


Prefazione del poeta Alberto Mori

Nelle fasce sintonizzazione della radio l' FM ,propone passaggi che portano di volta in volta ad una stazione emittente. Il gesto manuale oppure digitale di colui che interpreta questo transito, premia con il soffermarsi dell'ascolto che lo accattiva:Anche in "pensieri a banda larga" bisogna compiere l'avventura delle frequenze unitamente alla frequentazione di un percorso di lettura. I testi seguono onde variabili di senso dove l'autore accompagna il lettore a momenti di autocoscienza, mostrata ed equilibrata dai versi, spesso attraverso un tramite simbolico che improvvisamente ne rivela la modulazione e la risoluzione.
Così nella poesia "apprendistato", la luna attiva con la sua essenza di luce indiretta la volontà della dissolvenza dell'osservatore oppure altrove, un granello di sabbia
è uno stigma leggero sublimato da una conversazione perduta.
Quando la misura dei testi aumenta e la prosa poetica situaziona maggiormente in senso descrittivo i pensieri poetici, si entra in un discorso di interlocuzione:Il luogo, lo spazio,il tempo si relativizzano ad un altro in ascolto che dilata e conchiude i movimenti di scrittura, come in "Prosit" ,dove tutto è nell'accadere, ma il vuoto del bicchiere è quello dell'alterità che attende di essere sorso liberatorio. Nella raccolta non mancano momenti nei quali gli incisi sono quasi aforistici e si concentrano in energia contenuta. Quando ciò accade, l'evidenza è già riconoscimento, poiché i pensieri abbreviati sposano parole subitanee per l'io che acconsente ad essere un momento esemplare della sua esistenza così ne "La settimana" , trasposta nei colori e nelle ritualità, ma che in realtà risiede nella desistenza opaca della domenica che dona immediata il senso del tempo.Quando appare il piacere della vita e dell'esistenza , Rufolo passa con consistenza leggera del pensiero poetico: "Desiderio" è carezza di libertà sensoriale mentre il "ristorante dell'amore" compie corrispondenze fra menù ed umore per una specie di catarsi del corpo biopoetico fino alla fisicità completa della parola giunta al dessert.
"Pensieri a banda larga" è globalmente diario poetico in progress. Un cantiere di microeventi dove la passione della vita e quella della scrittura cercano sintonia, accettando anche lo stridore delle pulsazioni creative che in ogni caso cercano
i spazi più ampi verso un pianeta captato dalle intermittenze del cuore. Questa energia di obliquità saturnina, ossimoricamente triste e felice,inclinando, assume maggiore dinamica orbitale e sospinge centripeta e centrifuga ad avanzare, verso una "voce della notte" che chiama il poeta ad una tappa ulteriore del suo cammino.

(Ottobre 2007 Alberto Mori)

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"Ci siamo" di Marco Ciurli, Gennaio 2008,
Boopen editore (www.boopen.it),
122 pagine ISBN:978-88-6223-138-1

Un'estate particolare quella dell' ultimo anno del liceo. L' estate della scelta, l' estate del primo assaggio di libertà, l'estate in cui la vita sembra appena incominciata. Il vento soffia mutevole nelle storie dei quattro giovani protagonisti che invece si devono scontrare con l' immobilità di un paesino di periferia, rinchiuso nell'economia industriale, popolato di vecchi, spento, un paese "dormitorio" creato solo per lavorare, per produrre. La sabbia e' stupenda quando a settembre il sole non e' più "giaguaro" come nel mese passato, quando si e' talmente vivi che anche affossarci i piedi dentro può avvicinarci al cielo. Quattro diciottenni che si sono stancati del sistema, quattro diciottenni che vogliono far sentire la loro voce, che hanno un vulcano di prospettive da realizzare e un milione di strade da intraprendere, quattro esistenze diverse ma unite dal caldo vincolo dell' amicizia. Un'estate particolare per i nostri amici che iniziano a diventare dei piccoli uomini, che accanto alle ribellioni bambine scoprono anche le tristezze degli adulti, la separazione, la bellezza di scegliere ma anche la difficoltà di accettare le conseguenze. Questa storia e' la bella storia di quattro ragazzi come noi, come noi siamo stati o forse come molte volte anche noi avremmo voluto essere, condotta in maniera abilissima dal narratore, che riesce a giocare con gli argomenti con una semplicità sconvolgente, costruendo mondi invisibili dietro cose che ogni giorno trascuriamo, che e' capace di scuotere ogni fibra. E' un libro che fa volare, uno di quei libri che mentre li leggi non riesci a separartene neanche per andare a dormire, che quando li stai per finire vorresti ricominciare daccapo, e che quando hai finito sono diventati parte di te e ti hanno arricchito. Una piccola piuma in cui e' racchiusa la giovinezza di ognuno di noi, che fa sospirare e sorridere, correre e guardare il mare con occhi diversi.

Recensione di Elena Fratini

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Donato Zoppo
Premiata Forneria Marconi 1971-2006:
35 anni di rock immaginifico
Editori Riuniti - 2006 - 16,00 Euro

Il libro di Zoppo, per sancire l'essenza emanata dalla PFM, non resiste alla tentazione di aprire il "Tutto" avvalendosi di un esergo di Rumi. C'è una "rosa" che "narra" e, con un disinvolto approccio giornalistico, sviluppa un armonioso trattato sul gruppo ripercorrendone l'intera carriera. Capitoli imperniati sulla discografia e linguaggio articolato, dove seguendo criteri perlopiù comparativi trapelano ampi scorci sulle condizioni sociali e le panoramiche musicali che hanno contraddistinto i tempi. Largo uso d'inserti e aneddoti, comunque ben disposti, euritmici; c'è qualche ridondanza, ma riguarda solo le introduzioni. Si parte dal primo raduno beat del '66, quello organizzato da Miki Del Prete a Milano e che, accanto a Giganti, Ribelli ed i più singolari New Dada, annovera anche la cover band di Quelli. Siamo lontani da altri esordi, quelli psichedelico-melodici de Le Orme di Ad Gloriam o quelli più sperimentali e colti de Le Stelle di Mario Schifano, ma la strada dei rimaneggiamenti traccerà veri e propri gioielli addentrandosi nell'era progressiva: 21st Century Schizoid Man è un meno noto tassello della bravura e coesione strumentale di cui è capace la PFM (sigla tenuta a battesimo da Lake e Sinfield). Impressioni di Settembre sarà l'indelebile motivo di traino per tutto il progressive italiano, caratterizzata dal ritornello del moog e già pronta a sbirciare oltre i naturali confini per poi reincarnarsi in The world became the world. Sì, perché la PFM, prima di tutto, è italianità approdata altrove, in un mercato che, soprattutto negli anni Settanta, era invaso da produzioni anglo-americane. Sarà proprio quando Le Orme tenteranno la strada del mercato inglese con Peter Hammill che i testi della PFM incontreranno Sinfield. Mentre Pagani farà da collante alle realtà di movimento e relativi festival (Parco Lambro etc.), il gruppo si barcamenerà tra Mamone, tentazioni americane e l'imperversante contestazione. Logiche di mercato, da quanto si evince, mietono la prima vittima: Piazza viene rimpiazzato da Djivas al basso, più adatto al ruolo per un pubblico d'oltreoceano. La stagione dei concerti americani avrà il suo apice con la stampa di Cook, un live per il mercato internazionale nella già consolidata egida della Manticore. Chocolate's Kings, l'album successivo che introduce Lanzetti, è, probabilmente, l'optimum, frutto di omogeneità e grande maturazione. Risente, tuttavia, del vento che soffia, a partire dai testi, sì impegnati da riportare consensi verso l'imminente '77 ma, forse, non del tutto digeribili altrove. Uscirà negli States illustrato con una barra di cioccolato avvolta nella bandiera a stelle e strisce. Sinfield, nonostante una certa propensione a "sinistra", stenta a comprendere. Ma "la goccia che fa traboccare il vaso" col mercato statunitense giunge nel '76, quando la PFM prenderà parte ad un concerto organizzato a Roma per conto dell'OLP. Con Jet Lag si apre al jazz rock, poi la formazione chiude il decennio consegnandosi agli anni Ottanta nell'inevitabile decadenza dovuta all'impatto con tutt'altra epoca e nuove tendenze. Tuttavia, prima di segnare il passo coi nuovi tempi, la PFM realizzerà un altro memorabile live, lo farà girando la sola peninsula con Fabrizio De André. Personalmente rinnegherò il gruppo fin dai tempi di Suonare Suonare, ma Zoppo tira dritto, tra ritratti e sincretismi, fino all'epilogo di Miss Baker: praticamente estraneo alle origini. Gli anni Novanta e una rinnovata voglia di spaziare, portata avanti anche attraverso l'uso del digitale, desteranno ulteriori attenzioni verso il filone progressivo. Ulisse cercherà, a partire dal tema del viaggio, di ripercorrere strade perdute. Lo farà attraverso la collaborazione dei testi di Incenzo, autore anche di Dracula. Quest'ultimo è il coronamento di un sogno, quello di realizzare un'opera rock, decisamente pretenzioso e dove compare anche Ricky Tognazzi, mentre Serendipity, più proteso verso le sonorità del nuovo millennio, vedrà, tra gli altri, un'intraprendente Fernanda Pivano inserita nel progetto.

Nota di Enrico Pietrangeli - 2007

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Horsinga-Renno M.
Una ragionevole strage. La sconvolgente inchiesta su un medico della morte rimasto impunito

EDIZIONI LINDAU
COLLANA: I Draghi
PAGINE: pp. 208
ILLUSTRAZIONI: N° 9 b/n
FORMATO: cm. 14x21
PREZZO: euro 15,00
ISBN: 978-88-7180-714-0


Un giorno di luglio del 1981 Mireille Horsinga-Renno fa visita a un lontano parente tedesco di cui ha da poco appreso l'esistenza, che trascorre una felice vecchiaia nella verdeggiante Renania. La donna incontra un uomo ancora affascinante, un raffinato melomane dai modi sicuri ed eleganti. È l'inizio di un rapporto affettuoso che dura fino a quando, qualche anno più tardi, nel corso di una normale conversazione, lui afferma che le camere a gas non sono mai esistite. La donna tenta di contraddirlo, ma l'uomo ribadisce le sue tesi negazioniste. I due diradano bruscamente i rapporti.
Un giorno, il caso porta Mireille a leggere un'opera sul nazismo di due storici tedeschi in cui è citato fuggevolmente un certo "Dr. Renno", medico responsabile, presso il castello austriaco di Hartheim, del programma nazista di sterminio delle persone portatrici di handicap, a causa del quale morirono 18.269 "malati incurabili", la cui vita era ritenuta "inutile e improduttiva". (Attrezzato con camera a gas e forno crematorio, il castello della morte diventerà successivamente il distaccamento del campo di Mauthausen.) Per Mireille Horsinga-Renno questo è il punto di partenza di un lungo viaggio nei sinistri meandri di un passato sconosciuto, nel quale la memoria familiare si sovrappone alla grande storia. Come credere che quell'uomo anziano così colto e premuroso - che morirà impunito nel 1997 - è il medico nazista direttamente responsabile della selezione e dello sterminio di migliaia di innocenti? Quali impulsi lo hanno animato e ancora lo abitano? Come possono coesistere nella stessa persona inclinazioni, sentimenti, pensieri tanto radicalmente contrastanti? Una ragionevole strage è un libro appassionante, coraggioso e sensibile (oltre che tragicamente inquietante), che costituisce una straordinaria vittoria sul silenzio e l'oblio.

L'AUTORE
Mireille Horsinga-Renno è nata a Strasburgo nel 1947. Il padre fu uno dei 130.000 francesi originari dell'Alsazia e della Mosella costretti ad arruolarsi nella Wehrmacht dopo l'annessione delle loro regioni alla Germania nazista avvenuta nel 1940. Ha lavorato come segretaria presso l'ambasciata di Francia in Germania, prima di ritornare a vivere in Alsazia.

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Titolo Libro: Diary
Autore: Chuck Palahniuk
Casa Editrice: Mondatori
Codice ISBN: 88-04-53163-0
Pagine: 286
Anno Edizione: 2004
Prezzo: Euro 15,00

Tradotto da Matteo Colombo per la Mondatori, Diary di Chuck Palahniuk ci coinvolge sempre più, man mano che si procede nella lettura. Misty Marie Kleinman, aspirante artista, sposa l'enigmatico e stravagante Peter Wilmot, conosciuto all'Accademia. Vanno a vivere a Waytansea Island, dove, inizialmente, "tutto era perfetto", nella casa che Misty ha sempre sognato, "Il sogno borghese di una bimba bianca con le pezze al culo". "Poi venne fuori che si era sbagliata". Peter è certo che diverrà presto una pittrice, ma il destino di Misty sarà ben diverso. Chuck Palahnuk, scrittore statunitense, autore di Fight Club, da cui è stato tratto il film diretto da David Fincher, e di altre originali opere, sembra sia del parere che, nella vita, tutto sia prestabilito e nessuno possa sfuggire al proprio destino. Misty ci riuscirà?
In Diary ritroviamo la descrizione insistente di ambienti interni e del loro arredamento e la focalizzazione, in particolar modo, dei colori, che abbiamo incontrato in Ninna nanna (Mondatori, 2003) dello stesso autore; ritorna, leggermente affievolita, la paura dell'ecoterrorismo; persiste la critica del progresso, ancora più accentuata e più incentrata sulla contaminazione delle bellezze naturali, sulla disumanizzazione e sul materialismo, imperanti nella contemporanea società. La morte è intesa come ritorno alla bellezza originaria. Con la morte, attraverso il fuoco purificatore, sull'isola si perpetua il ciclo dell'eterna lotta tra spirito e materia. L'autore dà una particolare e intelligente interpretazione del mondo fenomenico e del mondo delle idee di Platone. Tra il fantasy, l'horror e il grottesco, coordinati da un delicato e costante bilanciamento delle parti, domina il sentimento materno della protagonista per Tabbi, "L'opera d'arte di Misty. Sua figlia". Lo scrittore fa esplicitamente riferimento, rinviando a La psicologia dell'inconscio, a Carl Jung, il grande studioso che per primo ipotizzò l'esistenza di un inconscio collettivo. Diary è un penetrare nell'io per tirar fuori, come in seduta psicanalitica, le motivazioni del comportamento dei personaggi e, quindi, l'ossatura della stessa trama, "tutto ciò che facciamo è un autoritratto…, sei condannato ad essere te stesso". Angel Delaport, il grafologo, un deus ex machina fallito, esamina la scrittura (una serie di minacce e avvertimenti non chiari che fanno paura) di Peter Wilmott apparsa sui muri delle abitazioni da lui ristrutturate, sui muri delle stanze che scompaiono. Dalla grafia si risale al carattere; se la si ricalca con un dito, dice Angel a Misty, si conosceranno il pensiero e le sensazioni di chi ha scritto. Lo stile di Palahnuk sprigiona energia; scientifico, asciutto, privo di fronzoli, simile a quello di scrittori come Breat Easton Ellis, Irvine Welsh e Douglas Coupland.
L'autore manifesta con originalità il suo pensiero sull'universalità e sulla continuità nel tempo dell'Arte: l'Arte ha un'anima che s'incarna di generazione in generazione; la sua spiritualità, il suo amore per le varie forme della Bellezza operano una palingenesi, una rinascita, una catarsi nel fruitore. Lo scrittore ribadisce, altresì, la naturalità del genio portato all'Arte e la spontaneità dell'Arte stessa, tanto cara al Romanticismo. Grace Wilmot tiene un diario. Dice che è di Misty. In realtà, è, anche, di tutte le artisti che l'hanno preceduta e che facevano anch'esse parte della leggenda dell'isola, "ogni cosa è un diario". E' il diario che Misty scrive a Peter in coma, nella speranza che si risvegli, e che stiamo leggendo noi? La tecnica del diario nel diario richiama alla mente la tecnica pirandelliana del teatro nel teatro.
Una volta terminato di leggere il romanzo, osserviamo, sul retro della copertina, la fotografia di Chuck Palahniuk: sembra raccontarci di suo nonno che uccise la moglie a colpi di pistola e, poi, si tolse la vita, e di suo padre che fu ucciso dal marito di una donna conosciuta con un annuncio sul giornale; "la sofferenza è la chiave dell'ispirazione".

Simonetta De Bartolo

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Titolo Libro: Approdi
Nome Autore: Monica Osnato
Collana: ERATO
Anno Edizione: 2007
Casa Editrice: LietoColle
Codice ISBN: 978-88-7848-299-9
Pagine: 91
Prezzo: Euro 10, 00


Solitudini dell'essere, memorie, avvertimenti interiori, pudicamente accennati, silenzi trasfigurati in veloci immagini fortemente evocative, in suoni, in colori. La poesia di Monica Osnato si apprezza già in copertina, ammirando il dipinto dell'autrice, in cui le tinte forti e decise sembrano assicurare l'immutabilità del paesaggio e i ricordi in essa gelosamente custoditi; aderente al dettato interno, illuminata da originali analogie e da essenziali sinestesie, evita la retorica e il peso della strutturazione razionale ed è sostenuta da una tensione lirica sostanziata di desiderio d'infinito e d'infinita bellezza, di vagare in solitudine oltre ogni orizzonte; desideri che, scontrandosi con la realtà dell'umano destino di viandante di un breve viaggio in cui via via tutto ciò che è bello si tramuta in "vento" ed "eco", genera l'elegia della lontananza, del trascorrere inesorabile del tempo, della dolcezza del ricordo di "allegrie estive", del permanere di dolci desideri, anche se "saputi vani", dell'accettazione decisa e consapevole, anche se dai toni studiatamente drammatici nelle ultime liriche, dell'approdo alla sera, in cui l'animo ancora giovane non s'arrende al letargo, ma si volge verso "infiniti futuri", pronto ancora all'amore.

Simonetta De Bartolo

Recensione tratta dal sito culturale L(')abile traccia.

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Titolo Ogni angolo del cuore
Autore Cecchi Francesco
Prezzo € 8,80

Dati 72 p., brossura
Anno 2008
Editore L'Autore Libri Firenze
Collana Biblioteca 80. Poeti
Genere Poesia








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Titolo: Viaggiando verso ovest
Autore: Presicce Rossella


Editore: L'Autore Libri Firenze (collana Biblioteca 80. Poeti)
Data di Pubblicazione: 2008
ISBN: 9788851715526
Dettagli: p. 64
Reparto: Narrativa italiana







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Roberto Mosi, Itinera, ed. Masso delle Fate, Signa (Firenze), 2007

Itinera. "Viaggi" in latino. Ciò che ha attratto fin dall'inizio la mia attenzione su questa raccolta di liriche è stato proprio il tema, dichiarato fin dal titolo. Questa breve nota è frutto di una lettura personale che ha trovato riscontro nella mia propensione al viaggio ed alla scoperta.
Il libro, proprio come un viaggio (in realtà è più appropriato parlare di un insieme di viaggi), è strutturato in tappe: sei per la precisione, che costituiscono altrettante suddivisioni delle liriche. Gli scenari, molto vari, attraversati ed annotati dal poeta, richiamano alla mente una dimensione atemporale (in questo senso il titolo in latino mi pare molto appropriato), una dimensione quasi onirica, in cui il deserto africano, il Mediterraneo, il paesaggio toscano e le terre del Nord Europa sono delineate in brevi tratti pervasi dal costante riferimento al mito, alla storia, alla cultura ed alle tradizioni. Non a caso l'autore ha voluto completare la sua opera con una serie di note finali che forniscono un contesto più preciso dei luoghi visitati.
È naturalmente un viaggio (molti viaggi) ben lontano dai percorsi turistici un po' stereotipati, vissuti con occhio distratto e magari con l'orecchio attaccato al cellulare. Il poeta ci invita ad immergerci con lui nella Storia, nel sapore di un popolo e di un paesaggio. Invito che un viaggiatore come me accetta molto volentieri, anche rimanendo seduto sulla propria poltrona a lasciare che l'immaginazione e la fantasia siano il suo mezzo di trasporto.

Nota di Massimo Acciai

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Parole e paesaggi
Autore: Mosi Roberto
Editore: Libroitaliano World
Genere: letteratura italiana
Collana: Poeti italiani contemporanei
Pagine: 80
ISBN: 8878652326
Data pubblicazione: 2006

Precedente per pubblicazione ad "Itinera", questa prima raccolta di liriche di Roberto Mosi sembra contenere in nuce alcune tematiche ed atmosfere del libro successivo, a partire dal riferimento ai "paesaggi" nel titolo. Il tema del viaggio è infatti ben presente anche qua; le prime (le parole) servono alla descrizione dei secondi (paesaggi) ma, ad un livello più profondo, sono loro stesse, le parole, le vere protagoniste del libro. Non a caso la raccolta si apre con una dichiarazione d'amore verso la parola ("Amo le parole / che si sollevano da terra"…). La parola ritrovata nella sua dimensione più libera, assaporata con gusto, la parola come gioco.
Il libro è strutturato in tre parti. Le prime due riprendono esattamente i due elementi del titolo, nell'ordine in cui compaiono in questo ("Parole" e "Paesaggi"). La terza parte, "Esercizi", molto breve, forma quasi un'appendice. Anche questo libro si completa con una serie di note, poste alla fine, che informano il lettore sui luoghi citati (la campagna toscana, l'isola d'Elba, l'Egitto - paesaggi che torneranno anche in "Itinera") e che invitano a ripercorrere nella realtà quei paesaggi già visitati attraverso le pagine e le parole del poeta.

Nota di Massimo Acciai

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