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Everything is going to be alright: tutto andrà per il meglio.
Le metope del Partenone e l'eterna vittoria dell'Ordine nella ricerca artistica

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Everything is going to be alright: tutto andrà per il meglio.
Le metope del Partenone e l'eterna vittoria dell'Ordine nella ricerca artistica
 

di Marco Nocca


Una scritta al neon sovrapposta al fregio del tempio neoclassico di Time Square, a New York, dell'artista inglese Martin Creed,classe 1968 (Turner Prize 2001) recitava qualche tempo fa: "everything is going to be alright" (tutto andrà per il meglio).
A questo pensavo, guardando le belle incisioni ad acquaforte, tratte dal fregio del Partenone, degli allievi di Aniello Scotto dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, qui presentate in mostra: tutto andrà per il meglio (per la nostra vita, per l'idea che abbiamo dell'arte, per il destino della nostra cultura occidentale). E il pensiero, ruminato nell'Aula dove i ragazzi erano al lavoro su metope e statue dei frontoni del più famoso tempio classico del mondo, si faceva convinto, diventava urgente, da esprimere. L'assurdo del mondo, l'eclissi della Ragione, la bestialità dell'istinto? L'Occidente li ha sconfitti nel 479 a.C., una volta per sempre (orrori del Novecento e 11 settembre compresi),con la vittoria di Atene sui Persiani. La cupezza, la violenza, il dolore sordo di certa produzione artistica contemporanea? Dimentichiamoli, tutto è come deve essere, se è ancora possibile contemplare la perfezione della forma in questi modelli insuperati, "tochi de vera carne" per Antonio Canova, che, non certo per caso,nella sua visita ai marmi Elgin a Londra nel 1815, ne chiede e ottiene dal Principe Reggente d'Inghilterra una duplicazione in gesso tratta dagli originali per le più importanti Accademie di Belle Arti italiane (ne arrivano serie a Torino, Venezia, Milano, Roma e la nostra, a Napoli, nel 1820).. Ma quale può essere oggi il senso dell'operazione presentata da Aniello Scotto, attraverso i suoi allievi, con la riproposta,nelle tavole ad acquaforte, di questo complesso decorativo? La visita alla mostra in Accademia propone diverse emozioni: sul fondo della sala un'immagine gigante del Partenone, sorta di icona senza tempo,si pone come nucleo centrale di significato, da cui si dipartono gli invisibili fili che legano i lavori. C'è una relazione forte tra gli esemplari a stampa e le matrici,preziose custodi dell'Idea-quasi platonica- sospese nel vuoto ed esposte in contemporanea: un voler marcare l'atto della creazione artistica come processo, che nell'incisione è alchimia di trasformazione dell'immagine dalla lastra alla stampa, mai completamente dominabile, e dai risultati spesso sorprendenti. La Gigantomachia, la lotta tra Centauri e Lapiti, l'Amazzonomachia, archetipi e madri di tutti i conflitti di ogni tempo,sfilano nelle belle incisioni su cui si misurano gli allievi: il disegno diviene qui un mezzo di dominio della forma e insieme della realtà e delle sue contraddizioni, strumento finale non eludibile di una completa e matura comprensione del mondo. La tavola incisa propone allora,rispetto alla perfezione insuperata del modello scultoreo, quasi un valore formale aggiunto, che non è ripetizione, non è serialità: è la forza di un' ulteriore contemplazione, di un distacco che solo nell'immagine rappresentata garantisce,nella conciliazione formale degli opposti in lotta (Centauri e Lapiti,Amazzoni,Giganti),la fiducia in un'armonia possibile tra i violenti contrasti dell'oggi (noi e gli altri,l'Occidente e l'Oriente,il conosciuto e il diverso),conquistata dalla Ragione. Nonostante l'usura mediatica corroda la facies del Partenone nel gorgo contemporaneo di riproducibilità tecnica e duplicazione (a Nashville, Texas, ne esiste una replica in scala 1:1; con l'immagine del tempio di Atena sono stati fatti gemelli per camicie, o addirittura, un tostapane da cucina, Darren Lago, 1996) questa esposizione dimostra uno dei tanti, possibili, futuri del classico: nessuna civiltà può pensare se stessa senza altre società che servano da termine di paragone, altrove nel tempo (Greci e Romani) o nello spazio (civiltà extraeuropee). L'evento riporta inoltre all'attenzione del pubblico, seppur indirettamente, il patrimonio di gessi classici dell'Accademia napoletana, tra cui un posto centrale occupa proprio la serie del fregio del Partenone, che ha ispirato le incisioni, di prossimo riallestimento: svalutati come modelli didattici nel corso del Novecento (in modo traumatico dopo il Sessantotto), i calchi dall'antico sono oggi recuperati dalla Storia dell'Arte come testimoni insostituibili della storia del gusto, attraverso l'analisi della fortuna del modello dominante di classico nelle varie epoche (dal Rinascimento al Postmoderno). Come ci insegna Salvatore Settis, il classico non può essere una morta eredità che ci appartiene senza nostro merito:esso è piuttosto qualcosa di sorprendente, da riconquistare ogni giorno,come stimolo potente a intendere il 'diverso'. Perché il Partenone, ancora oggi, può farci piangere: nonostante il sole implacabile, la folla, i guardiani burberi che con i loro fischietti richiamano i visitatori indisciplinati, tutto andrà per il meglio.

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