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Narrativa

La stanza di Massimo Acciai, Tecnostorie di Massimiliano Chiamenti, Il tempo sospeso di Maddalena Lonati, Camera 730 di Maddalena Lonati, Un altro giorno, un'altra mosca, per caso... di Enrico Pietrangeli, Sette racconti al futuro di Paolo Ragni, Il Piano di Daniele Profeti

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Elvira Balestracci, Caterina Bigazzi, Daniel Bosco, Miriam Cividalli Canarutto, Andrea Cantucci, Sonia Cincinelli, Rossana D'Angelo, Elisabetta Giancontieri, Renato Lonza, Manuela Palchetti, Paolo Ragni, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici, in una lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua napoletana, esperanto ed inglese

Recensioni

Di amore e morte di Enrico Pietrangeli - recensione di Lidia Gargiulo
Seduti dalla parte del torto di Devil Buio - recensione di Simonetta De Bartolo
Tutta colpa della poesia di Dario De Lucia - recensione di Massimo Acciai

Interviste

Il ruolo del consulente letterario: Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai

Teknostorie (sulla memoria)
 

di Massimiliano Chiamenti


# 7. mi ricordo che la preside pianse quando ci vestimmo in maschera per il martedì grasso. non ci poteva credere: la sezione migliore della scuola migliore con studenti che vanno vestiti in maschera con rossetti e make up e strani costumi in classe. che vergogna! era la nostra allegria che la faceva stare male, che le faceva paura. ricordo ancora il suo sconforto, e la professoressa di letteratura che in classe ci faceva parlare in latino dei nostri genitori. ma facevamo teatro all’ora di inglese, così potevamo parlare la nostra lingua segreta e truccarci e giocare a essere star.

# 8. dopo i lavori di ristrutturazione c’è una zona del giardino dove non nasce più nulla. dev’essere stato tutto il cemento che hanno buttato nella terra. l’unica pianta rimasta è un’edera bianchissima. la pianta grossa era stata tagliata alla base, ma l’edera ha sorprendentemente ributtato, bianca, senza una traccia di clorofilla. mi ha accolto al mio rientro a casa. cresce male, è malata, a volte sembra morta. quando ho cercato di farla crescere al sole legandola a un graticcio mi è quasi morta davvero. io le ho dato terra buona, molta molta acqua e anche fertilizzante chimico potentissimo. ho drogato l’edera. sempre peggio. poi ho deciso di lasciarla stare, darle acqua, e vedere se viveva o no. ho tagliato il ramo seccato dal sole e ciao. allora ha cominciato a riprendersi, piano piano, ad andare in giù verso l’ombra. sta meglio. sta meglio quando io sto meglio. oh, edera barometro della mia vita e della mia salute!

# 16. nessuno faceva il bagno oggi nel centro del lago. perché ieri c’era morta annegata una ragazza. – la figlia di un mio prozio appena morto, uscendo dalla chiesa diceva è così: si nasce e si muore, l’altra figlia dal pulpito diceva dolcemente dell’amore di suo padre per la vita semplice e per il suo lavoro, compresa la fatica che ne derivava. le nipotine erano invece false, con lacrimuccia di circostanza, il nipote era in silenzio durante le preghiere, ma si è fatto il segno della croce al momento del passaggio della bara. – è come se il lago fosse diventato tutto a un tratto una forza oscura, capace di uccidere e di far sprofondare giovani corpi nel suo mistero fangoso e terribile, una storia di orrore. la sottile linea rossa.

# 18. sì, è andata così: avrei dovuto parlare della memoria in petrarca a un convegno in svizzera, e invece non avevo studiato praticamente nulla perché ero andato a una serie di feste a base di speed. così, dopo aver mandato una mail di scuse penose, ho deciso di andare lo stesso in svizzera, ma per comprare un po’ di erba. ma al passaggio della dogana al ritorno mi hanno beccato subito. un’altra volta mi hanno beccato al vidia di cesena dopo il concerto di alec empire insieme al diciottenne figlio del sindaco di rimini. tutti e due avevamo il fumo addosso, e da allora mi è rimasta la paranoia. però la conversazione con l’assistente sociale è stata molto utile. davvero una donna intelligente che mi ha tirato su di morale; anche, la gita in macchina per forlì passando dalla statale dato che l’autostrada era bloccata è stata una figata.

# 21. quando sono stato qui a londra l’ultima volta, 4 anni fa, molte cose erano diverse: mio padre era ancora vivo, la mia casa non era stata ancora smezzettata, non ero ancora sieropositivo e anziché lavorare vivevo con comode borse di studio e i soldi di papà. ma soprattutto non avevo ancora il telefonino, per cui prendere appuntamenti era semplice, definitivo, gratis, rapido.

# 25. extraterrestri. sì, ne avevo paura. specialmente dopo aver visto l’uomo che cadde sulla terra con david bowie. pensavo di essere figlio di alieni, e pensavo che guardando fuori dalla finestra del bagno che dava sul giardino, prima o poi avrei visto arrivare un’astronave o un volto spaventoso. allora dipinsi un quadro a 16 anni, raffigurante un extraterrestre, che mi liberò da queste paure.

# 27. se cerco di ripescare nel pozzone profondo della memoria il mio ricordo più remoto possibile, trovo sebastiano, un pupazzo di cotone imbottito dalla testa piatta e tonda e capelli di fili di lana attorcigliati e braccia lunghe e sottili con cui giocavo sempre facendolo girare e volare tenendolo per le manine. non potevo mai separarmi da sebastiano e penso che quella ricerca sia ancora in corso... [la cosa interessante di questa storia è che avevo iniziato a scriverla all’e+ mentre stavo guardando la televisione con un filmato live della proiezione vj + musica dj della festa di sabato scorso. poi è arrivato un pische di cui mi sono innamorato al primo sguardo. aveva dello sporco di unto in faccia, attorno al naso e sulla fronte e una felpina blu scuro con cappuccio tirato su. sguardo dolce, intelligente. era insieme a una ragazza che lavora al sertperlariduzionedeldanno. parlando con lui ho notato che tutti e due colleghiamo i pensieri in modo emotivo e discontinuo, con lampi di intuizione profonda e scemenze totali ripetute in una dinamica mescolanza. mi ha dato una copia della rivista mostro dove lui ha scritto una storia a suo dire ‘triste’: mi ha detto di non leggerla prima di addormentarmi. ‘ciao’. ‘ciao... mi chiamo sebastiano’.]. [p.s.: il mio nome è massimiliano tullio sebastiano].

# 43. e venne il 1989 con l’occupazione del cpa e i noiseless a suonare là con la chitarra acustica e nuovi pedalini per la distorsione e il flanger. venne il 1990 con gli honey please nei centri sociali su e giù per la toscana e poi le feste al mare. venne il 1991con le coriste bionde tedesche e americane e le interviste per le tv locali. venne il 1992 con il rock contest e i brani nelle compilation. venne il 1993 con gli emme, le accordature aperte, le giornate in studio e la poesia performativa. venne il 1994 con le diapositive, le proiezioni e i video dada con il morphin. venne il 1995 con gli ipertesti di poesia in rete da cliccare, le immagini su blob, i localini di firenze e le case del popolo. venne il 1996 con una parvenza di successo commerciale, il basso a 12 corde, la conquista della maremma, i concerti nelle piazze e le minchiate a roma. venne il 1997 con l’ondata dei beats americani, gli articoli per il manifesto, le traduzioni e le performance in sardegna, a venezia e in calabria con aerei e alberghi a sette stelle. venne il 1998 con le droghe i flussi di coscienza, le gite in germania, riconoscimenti accademici e poesie narcotiche. venne il 1999 con nuovi festival, furgoni, pubblicazioni con la city lights e le registrazioni tutte in digitale. venne il 2000 con gli scazzi, le fughe a san francisco, i musei di arte contemporanea e i teatrini off, i sogni di gloria e i drammi esistenziali. venne il 2001 con la tekno, dante in vetrina, i delidoz, l’ubriacatura di scemenze adolescenziali e le figate dei dj. venne il 2002 con le spedizioni a rimini e nel lazio, gli effetti per la voce, l’incontro fatale con manzarek e i giochi di prestigio per arezzo wave. venne il 2003 con nuovi scazzi, cure fisiche e mentali, azioni di nudismo, veneri biomeccaniche, bologna parco giochi, occupazioni e trasgressioni mirate a nuove ispirazioni. venne il 2004 con l’elettropiù, le nuove teknostorie e la conferma dell’infinita forza della fallocrazia. venne il 2005, e all’apparir del vero tu misera cadesti.

# 44. ‘tieni la mano dietro’. ‘quella è la mano del diavolo’. ‘oggi i ragazzi sono in punizione’. ‘il movimento è vietato’. ‘voglio il massimo silenzio’. ‘amen’. ‘tenete la voce bassa’. ‘maestro è lui che mi dà noia’. ‘ecco la donna vissuta’. ‘ho paura non voglio andare a scuola’. ‘mi prendono in giro nell’ora di ginnastica’. ‘mi trattano da femminuccia, sono cattivi’. ‘in piedi arriva il signor maestro’. ‘oddio, e se interroga me...’. ‘ohhh, mi cola il moccolo sul grembiule nero di fodera e luccica come una scia di lumaca, bleahhh’. sì, questa era la scuola in italia negli anni ‘70: più simile a una prigione che a una casa, più simile a un campo di concentramento che a un campeggio turistico. obbligo di usare la mano destra per scrivere, la sinistra è la mano del diavolo.

# 68. norma desmond. tu fai la performance con gli occhi ma solo un uomo ti ama. il pubblico ti ha dimenticata perché il successo dura solo 1 ora massimo. ci sono treni da prendere, e molti vanno troppo veloci per svegliarsi in tempo all’arrivo. ma se un uomo ti ama tutto questo è già molto ma a volte neanche questo è sicuro, o costante. la colpa non è di nessuno, ma il neoliberismo ci ha resi cane mangia cane e mentre scrivo tu sei preso nella sarabanda. non cerco più né oppio né felicità né qualcosa dagli altri né progetti. si tratta in fondo solo di semplificare e ridurre tutto al minimo indispensabile. nel minimo indispensabile c’è il silenzio, nel silenzio parlano le voci della mente, il mio sguardo allo specchio con la parrucca in testa, il mio dito deforme perso nei riccioli di nylon.

# 71. la casa era piena di chitarre e ragazzi coi capelli lunghi attorno scorre un fiume con piante che crescono ovunque avvolgendo l’asfalto e le macchine ma lei dov’è e come faccio ora a rimettermi in contatto dopo tutto quello che è successo non so è forse nel vino la causa o io non so non so e in cosa trovare una risposta non certo più in frasi del tipo ok l’importante è trovarsi d’accordo su un paf di sostegno al proiettore in modo che si autorigeneri e si autoimplementi io francamente davvero non so non so.
 

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