copertina SDP numero 6
  Eventi  -  Redazione  -  Numeri arretrati  -  Edizioni SDP    
  Indice   -[ Editoriale | Letteratura | Musica | Arti visive | Tempi moderni | Lingue | Redazionali ]-




Annelies Marie Frank: Il viaggio.

di Alessandra Nina Maroccolo con una nota di Massimo Acciai

 

SDP numero 5

leggi gli articoli del numero precedente
accedi all'indice

Annelies Marie Frank: il viaggio

di Alessandra Nina Maroccolo


Domanda ricorrente: Perché Anne Frank?! Non ho mai avuto quella convinzione necessaria che permettesse alla coscienza di rendere legittimo il mio lavoro. Neanche adesso, a distanza di quasi due anni dalla sua ultimazione. Spesso, durante le varie stesure, l’ho abbandonato per strada; un’intima forma di rispetto me lo avrebbe imposto a più riprese. Davo voce ad una Frank che non era esistita, l’Annelies-donna, inventandomi e incrociando la sua e più storie nell’arco di quei sette mesi (che nel testo corrispondono ai sette giorni della settimana) vissuti a Bergen Belsen. Temevo di violarne la memoria e nutrivo, al contempo, l’orribile sensazione di commettere un atto sacrilego. Ma andai avanti. Insieme a un coraggio balbuziente.

Nel libro ho affrontato diversi aspetti: la condizione di una prigioniera, Anne, che avesse già conosciuto la reclusione, il restringimento delle azioni in uno spazio claustrofobico (dall’Alloggio segreto al lager); quindi il rapporto tra spazio e corpo, inteso, quest’ultimo, come luogo di decadenza dell’ideale nazionalsocialista; la forma-pensiero, qualora si potesse esercitare tra gli orrori quotidiani del lager, ridotta all’impossibilità per necessaria sopravvivenza. Dare vita al sentire, al ricordare, l’attivare istintivamente il meccanismo del pensiero era equiparabile alla morte stessa. Annullamento pianificato secondo modalità industriali, primariamente annullamento del sé.

Per me Anne Frank ha rappresentato, e rappresenta tuttora, la facoltà di credere nell’essere umano malgrado tutto; l’auspicabile evoluzione rispetto gli eventi drammatici che segnarono quegli anni per mano di volenterosi politici, imprenditori, banchieri, medici, ideologi, militari, civili infatuati di Hitler, il quale, onorando le forze teutoniche, non smise mai di gridare: La Storia ci assolverà! Sangue e ferro. Alla maniera di Bismarck.

da I Diari di Anne Frank: Giulio Einaudi editore, 2002 - pag. 155 (versione c dei diari)

“Cara Kitty, e noi…noi stiamo bene, meglio che milioni di altre persone. Siamo ancora tranquilli e sicuri e, come suol dirsi, ci mangiamo il capitale. Siamo così egoisti che parliamo di un “dopoguerra”, ci rallegriamo pensando che avremo vestiti nuovi e scarpe nuove, mentre veramente dovremmo risparmiare ogni centesimo per aiutare gli altri, dopo la guerra, a salvare quello che è ancora salvabile. I bambini qui vanno in giro con bluse leggere e zoccoli ai piedi, senza mantello, senza berretto, senza calze, e nessuno che li aiuti […] Potrei passare delle ore a raccontarti le miserie portate dalla guerra, ma ciò mi rende ancora più triste. Non ci resta altro che aspettare, finchè si può, la fine di questa miseria. Aspettano gli ebrei e aspettano i cristiani, tutto il mondo aspetta […]”

Tua Anne Mercoledì 13 gen. 1943

Sigmund Freud descrisse il diario come un piccolo gioiello. Così rispose all’amica Dott.ssa Hermine von Hug-Hellmuth dopo averlo letto attentamente: “Davvero, io credo, sinora nessuno è mai riuscito a penetrare con una simile chiarezza e veridicità negli impulsi psichici che caratterizzano lo sviluppo di una fanciulla […] Come i sentimenti scaturiscano dall’egoismo infantile fino a raggiungere la maturità sociale, come si presentano inizialmente le relazioni con i genitori e fratelli e come esse, poco alla volta, acquistano in serietà e intimità, come si intrecciano e si rompono le amicizie e come la tenerezza cerca a tentoni i suoi primi oggetti; e soprattutto, come il segreto della vita sessuale emerge dapprima indistinto, per poi impossessarsi completamente dell’animo infantile […]: tutto ciò è stato espresso in queste schiette annotazioni in modo così incantevole, naturale e serio che certamente desterà grandissimo interesse negli educatori e negli psicologi.” Tutto il diario è pervaso da questa forza, dalla consapevolezza di un’adolescenza che Anne s’inventò nei due anni di clandestinità. Anne guardava il mondo con occhio ineluttabile; sempre cosciente di un destino-limite, ogni giorno vissuto come fosse l’ultimo. La reclusione nell’Alloggio segreto diventò resistenza a tutti gli effetti. Ma senza intaccare minimamente l’integrità morale, le piccole certezze quotidiane, l’amore per lo studio, per le lingue, per la mitologia greca; la passione per gli alberi genealogici e il cinema. Il desiderio di conoscenza non l’abbandonò mai. Anne fu capace di trasformazioni quanto più il senso d’abbrutimento irrompeva negli adulti; litigiosi, stanchi, incapaci ormai nel ruolo di guide morali, e ossessionati dall’idea della morte. Anne, adulta tra adulti-bambini. Anne e la scrittura, l’azione salvifica che quest’ultima esercitava a riprova di quel vivere angusto fatto di isolamento, oscurità e sofferenza. Negli appunti-verità della ragazza Frank, la memoria personale mai si separò dalle circostanze storiche. Le due famiglie, Frank e van Pels, rimasero costantemente informate dagli amici olandesi (e da Radio Orange), i quali li avrebbero riforniti di viveri sino al giorno dell’irruzione della polizia nazista in Prinsengracht 263.

Era l’estate del duemila, riordinavo la mia libreria. Nelle mani il Diario di Anne, il volto emanante intelligenza, vitalità, interlocutoria innocenza. Nella stanza accanto mio padre in fin di vita: l’avrei perso tre mesi più tardi, dopo quattordici trascorsi con una malattia senza ritorno. Decisi che la scrittura lo avrebbe riportato in vita.

Alessandra Nina Maroccolo - gennaio 2004

 

Annelies: impressioni

di Massimo Acciai


Conosco Nina da quasi due anni. L’ho conosciuta insieme ad altri artisti fiorentini in un contesto ben preciso; quando ho scoperto che, se lo scrivere è sempre (o quasi) un’azione solitaria, lo scambio di esperienze tra “compagni di viaggio” può avere un’importanza fondamentale per crescere artisticamente ed umanamente. Nina è stata, ed è, per me un’amica preziosa ed in un certo senso una maestra. Non a caso ho dedicato a lei un’intervista per il numero 4 (dicembre 2003) di sdp in cui già anticipava qualcosa di Annalies, all’epoca ancora inedito (io ho avuto occasione di leggere il dattiloscritto originale proprio in quel frenetico mese di dicembre). Nina dal canto suo mi ha coinvolto nel Progetto Memoria, di cui parlerò prossimamente su sdp.

Ho sempre ammirato la sua opera intellettuale: Annalies rappresenta a mio parere il suo capolavoro, di certo ha suscitato in me forti emozioni; così ho un ricordo speciale della presentazione di Annalies al Giardino dei Ciliegi, davanti ad un pubblico attento che abbracciava più generazioni di poeti ed artisti più o meno tutti in contatto tra loro. Ho incontrato con piacere amici poeti quali Marco Di Bari, Marco Simonelli ed altri esponenti delle varie edizioni del Nodo Sottile; ho salutato Liliana Ugolini ed altri artisti di Pianeta Poesia e di altre associazioni poetiche. Insomma c’erano tutti (o quasi) ad ascoltare Nina ed il suo gruppo, gli Atem.

La serata era tiepida e piacevole. Dalla terrazza dell’antico palazzo in centro si godeva una bellissima vista notturna di Firenze. L’atmosfera era molto suggestiva. La performance è durata un’ora circa; sessanta minuti molto intensi, in cui mi sono lasciato trasportare dalla voce e dalle parole di Nina rivivendo in modo amplificato le emozioni suscitate dalla lettura del libro, uscito di recente per le edizioni Empirìa di Roma. Ho proposto a Nina di mettere online i testi della performance durante la replica alle Cave, in Piazza del Carmine, lo scorso 17 giugno (in quell’occasione Nina, “orfana” degli Atem, se l’è cavata ottimamente anche senza accompagnamento musicale).

Ringrazio Nina per aver accettato.

Segreti di Pulcinella - © Tutti i diritti riservati