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Storia

Descolarizzazione e Società
Articolo di Gennaro Tedesco
L'Europa e la sua ideologia
Articolo di Gennaro Tedesco
La Formazione come Fattore Strategico ovvero Viaggio al Termine della Notte
Articolo di Gennaro Tedesco

Filosofia e religione

Platone e Elitismo
Articolo di Apostolos Apostolou
Animismo e modernità possono coesistere? L'esempio del shintoismo
Articolo di Antoine Fratini

Attualità

Quando la passione per la città diventa motivo di aggregazione e scoperta artistica: Milano città d'arte e cultura
intervista a cura di Alessandro Rizzo
Quanto costano i vostri mariti? Considerazioni sull'amore nell'era della religione economica
di Antoine Fratini
Uguaglianza, dignità e diritti della persona
di Luca Mori
I popoli del sud Europa possono avere la loro politica
Articolo di Apostolos Apostolou
Classe sacerdotale e narrazione
Articolo di Apostolos Apostolou

Descolarizzazione e Società
 

Gennaro Tedesco


Non ho a disposizione cifre e statistiche che certamente esistono ben conservate e blindate dentro qualche cassaforte nazionale o europea . Ma certamente in questi tabulati elettronici tenuti scrupolosamente segreti potremmo trovare materiale utile per analizzare la progressiva e catastrofica descolarizzazione di tutta una società non solo italiana , ma anche europea .
Non so quanti hanno effettivamente impegnato la loro attenzione e la loro riflessione sull'intimo e profondo legame tra descolarizzazione , depauperamento sociale ed economico e deficit democratico e culturale . Ma ho la vaga impressione che siano veramente pochi . Mi pare di capire che ci stiamo regressivamente avvicinando ai primi del Novecento all'epoca del così detto periodo giolittiano quando il Regno d'Italia si andava configurando come una inequivocabile e chiara società classista , per non dire castale . Da una parte un ristretto ed elitario ceto alto-borghese e in parte aristocratizzato o ancora aristocratico , detentore di esclusivi privilegi sociali e di rendite , accentratore di prebende statali e monopolizzatore della vita intellettuale e culturale del Regno . Dall'altra una massa aggiogata e indistinta di plebi contadine , raramente illuminate e guidate da un ridotto movimento operaio , poco propenso , grazie ai suoi dirigenti del Nord più interessati a politiche industrialistiche e territorialistiche che a politiche saldamente e solidaristicamente nazionali , a farsi carico di un processo rivoluzionario necessariamente non attuabile senza l'apporto determinante delle masse contadine soprattutto del Sud della Penisola .
Eppure proprio questo tipo di feroce dicotomia sociale fu alla base della Rivoluzione sovietica . Ai Russi fu dato Lenin , ai Francesi Robespierre , agli Inglesi Cromwell , a noi Italiani Benito Mussolini .
Da anni la nostra Repubblica attraversa una devastante e catastrofica crisi economica , sociale ed ideologica , molto più profonda e devastante di altri soci europei , incurante della necessità di un serio ed ineludibile confronto con la realtà del suo pesante e debilitante presente e col gravoso fardello di un passato incombente e minaccioso .
Non solo operai , classe sociale da anni in diminuzione costante non solo in Italia , e impiegati perdono il loro lavoro , licenziati o cassintegrati , ma anche giovani e meno giovani occupati nei settori ormai rilevanti della Scuola , dell'Università e dello Spettacolo .
La crisi economica dilagante e imperversante fornisce agli industriali l'occasione per licenziare , ristrutturare e portare all'estero impianti , capitali , tecnologie e conoscenze . Allo stesso tempo i nostri governanti ne approfittano , con la giustificazione e col paravento della crisi economica , per "snellire" la pubblica amministrazione , non rinnovando contratti o precarizzando ulteriormente quei giovani e meno giovani che riescono a sopravvivere all'ecatombe annunciata e soprattutto rapidamente , efficacemente ed efficientemente praticata .
Anche quando la nostra classe dirigente , a vari e distinti livelli di responsabilità che non si identificano necessariamente esclusivamente col governo , si impegna per alleviare le sofferenze dei lavoratori , l'unico salvagente sociale fornito a chi è in difficoltà è la cassa integrazione .
Ma non si va oltre . Invece di approfittare della mobilità e della disponibilità dei lavoratori espulsi dal processo produttivo inceppato o bloccato per creare occasioni di riorientamento ,riqualificazione , formazione e aggiornamento , fondamentali e strategici in una Società capitalistica giunta alla sua maturità imperialistica , gli si eroga semplicemente un salario ridotto di stentato sostentamento quotidiano .
Da questo punto di vista solo apparentemente sembra che si siano fatti dei passi in avanti rispetto all'epoca giolittiana . In effetti , in quella che più a torto che a ragione , propagandisticamente ed effimeramente , perché la ciclica disoccupazione sta lì a dimostrare che le strutture essenziali del capitalismo non sono mutate se continuano a produrre disoccupazione di massa e alienazione di massa , viene definita la Società della Conoscenza , il non potere accedere ed usufruire di riqualificazione e aggiornamento, soprattutto in occasione di una crisi economica , devastante , drammatica ed epocale come quella che stiamo attraversando , spesso ancora in assenza di consapevolezza di vasti settori dell'opinione pubblica e pure di numerosi giovani e lavoratori , costituisce una forma di esclusione , sociale , politica , culturale ed educativa forse ben peggiore del classismo sociale e castale giolittiano .
La Scuola e l'Università tagliano , approfittando della crisi economica e giustificandosi con essa . Al contrario dovrebbe essere proprio la crisi economica che dovrebbe spingere i nostri governanti ad accrescere gli investimenti nella Scuola e nell'università perché è proprio il "capitale umano", la sua rialfabetizzazione , la sua riacculturazione , il suo aggiornamento che , finita la crisi , consentirebbe di affrontare al meglio la concorrenza asiatica sempre più agguerrita e rampante .
Tali investimenti andrebbero poi erogati anche al settore industriale e centuplicati in quello dello Sviluppo e Ricerca , consentendo di raccordare e promuovere sinergicamente l'aggiornamento , l'accumulazione e l'ammodernamento del patrimonio conoscitivo studentesco innestandolo e innervandolo con i nuovi saperi della teoria e della società della complessità , sollecitando , stimolando e incentivando anche e soprattutto operai e impiegati ad abbeverarsi alle fonti di tali saperi con una necessaria riconversione e riqualificazione che agisca contemporaneamente sia sul versante scientifico e tecnologico che su quello culturale .
Ma di tutto ciò né l'ombra né la penombra nelle politiche sociali ed educative dei nostri governanti.
Si ritorna a "bocciare" e a "decimare" massicciamente nelle Scuole della Repubblica , credendo di ottenere considerevoli e significativi risultati : miglioramento dei livelli di apprendimento , fine del lassismo e ritorno all'ordine gerarchico nella società , nella politica e nell'educazione , tagliando ed economizzando nella Scuola e nell'Università .
Una politica sociale miope e reazionaria , tra l'altro fino ad ora sostenuta e applaudita da una parte notevole dell'opinione pubblica , inclusa anche una parte cospicua di lavoratori , giovani ed adolescenti , invischiati in contraddittorie e perverse logiche di rivincita sociale e politica , frutto di ideologie neo-classiste aventi alla loro base malcelate , profonde e in parte pilotate e strumentalizzate "invidie" sociali per quelli che vengono visti , soprattutto a livello di professioni intellettuali , come borghesi giacobini accaparratori di prebende e sinecure ( in parte purtroppo vero) a danno dei plebei analfabetizzati ed esclusi da tale spartizione predatoria . Con l'aggiunta di un palese razzismo nei confronti di extracomunitari e stranieri più fortunati degli autoctoni , extracomunitari e stranieri visti dagli esclusi come indebiti e pericolosi "ladri" di lavoro "nazionale" altrimenti destinato a loro .
Come si vede , una miscela sociale e politica prima o poi destinata ad esplodere in tutta la sua drammatica , se non tragica , virulenza .
"Che fare" ? Ricette semplicistiche non ce ne sono all'orizzonte e neanche ne abbiamo Si può e si deve cominciare a chiedere che si riparta dalla Scuola e dall'Università non più come luoghi elitari e specialistici di una Società settaria ed esclusivista . Le Università e i Licei non possono essere più luoghi in cui il sapere si autoriproduce e si autoalimenta in modo settorialistico , compartimentato , autoreferenziale e asettico . Le Università e i Licei devono avviare , in questa drammatica situazione non solo economica , o riavviare un processo di socializzazione interdisciplinare , culturale e politica dei saperi accademici e scolastici , contaminandosi , creando e "illuminando" un poderoso e innovativo processo formativo globale transdisciplinare che vada al di là delle stesse ristrette , asfissianti , claustrofobiche e ormai obsolete frontiere nazionali

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