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Editoriali

Il desiderio, tra tragedia e tensione: oggi dov'è questo anelito creativo? 
di Alessandro Rizzo
Il senso del desiderio
di Andrea Cantucci

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Il desiderio, tra tragedia e tensione: oggi dov'è questo anelito creativo?
 

Se ci domandiamo che cosa muove intrinsecamente l'essere umano nella sua tenuta esistenziale è solamente in una parola la risposta chiara e precisa: il desiderio. Diversi psicologi, sessuologi, ma anche scienziati, nonché artisti e letterati hanno voluto domandarsi nella storia dell'umanità che cosa sia quell'impulso recondito e interiore, irrefrenabile, vivo nella sua dirompenza, che esula dal corpo, esce dallo spazio fisico e tangibile, per volgersi verso altri panorami, reconditi, infiniti, universali, di ricerca di un oggetto, o di un'idea, di un valore, che, se trovato, porterebbe quello che Shaw definisce cessazione della stessa esistenza. La cessazione dell'azione di agognare è sinonimo di cessazione di vita, in quanto il significato, che diventa lirico, delle nostre giornate va a tramontare: e questo crea la fine totale di ogni impulso, di ogni fonte di ispirazione e di ricerca che hanno mosso l'essere umano verso l'inafferrabile, spesso l'ineffabile, spesso l'impossibile da ottenere.
Si sa le ossessioni, conseguenza comportamentale che deriva dal desiderio, creano arte: ogni autore, ogni pittore, ogni fotografo persegue le proprie ossessioni al momento della produzione. L'arte diventa infinito e universale, proprio perchè garantisce la soddisfazione, attraverso quell'immaginazione che diventa reale, concreto oggetto, delle pulsioni che alimentano visioni eteree e metafisiche. Ma il raggiungimento della creazione dell'opera nella sua completezza può dire di essere elemento soddisfacente il trasporto umano che alimenta la tensione verso l'elemento irraggiungibile? Non è necessariamente un momento che possa coincidere con la fine totale del desiderio, essendo quello rappresentato una semplice sua similitudine, allegoria, significante dell'oggetto del desiderio, non l'elemento tanto agognato. Nell'artista il moto del desiderio prosegue, non cessa.
Oggi si parla dell'epoca della fine del desiderio. Una società, come quella in cui viviamo, dove viene proposto tutto e in modo diretto e facile nel raggiungerlo, alimenta solo frustrazioni o bisogni indotti, che non sono configurabili come desideri: sussiste l'edonismo effimero, la ricerca ossessiva di qualcosa che non si alimenta partendo dal nostro io ma che viene alimentato da qualcosa di esterno, indotto, generato in modo estraneo dalla nostra personalità, quindi alienante e alienato.
Il desiderio nasce da un vuoto, in quanto, come dicono Deleuze e Guattari, è itinerario verso una conquista di qualcosa di diverso, di non disponibile, di astratto, come l'amore, la felicità, la beatitudine. Nei romanzi di Calvino e di Borges troviamo la trama che si identifica con un vero e proprio viaggio, quell'itinerario e quel percorso che nasce dal desiderio di raggiungere una finalità, dal desiderio di riscatto di un eroe, dal desiderio del proibito di un antieroe, in certa letteratura distopica, in un circolo che si può definire come chiuso ma infinito, tra l'anelito di cambiamento rivoluzionario, la tensione verso l'inafferrabile, e l'appartenenza a un mondo reale e contingente, che nega l'oggetto del desiderio, in quanto non lo include, ma, bensì, lo prefigura come proiezione della soggettività dell'individuo, che tende verso il qualcosa di assoluto in quanto bramato. È la volizione dell'inconscio direbbe Lacan: ossia quel procedere in avanti, elevandosi dal tangibile e concreto presente. In questo sta la duplicità e la complessità del desiderio come motore della nostra esistenza, un misto tra memoria del nostro essere e un futuro dove il desiderio è realizzato, direbbe Eliot. Dalla macchinazione del desiderio, come liquiderebbe puntualmente Peter Brooks, nasce e sorge la trama di un racconto: ma nasce anche la narrazione di un'opera, sia essa visiva, fotografica, pittorica, musicale. Nuovi mondi possibili e, matericamente impossibili, quindi, che vengono cercati e ricercati, in un circuito dinamico e continuo, fatto di asperità e di ostacoli verso la conclusione, si spera mai raggiungibile, di questo viaggio. Questo è il miglior mondo possibile è la titpica asserzione, di leibniziana memoria, che nega l'anelito e la tensione verso il desiderio, ora indisponibile. In tutto questo la compulsione, frenesia evanescente che ci è incussa dalla società alienata post moderna, è, quindi, negazione del desiderio. È la cessazione di ogni spinta verso l'anelito. È la fine dell'arte, la sua sepoltura, la sua devastazione, il suo totale abbattimento. La compulsione insterilisce l'opera, la rende una non opera, banale e scontata, asfittica e inutile, dato che è solo dal desiderio che nascono i significanti che spiegano l'arte, affidandole, esteticamente, quel valore concettuale di pensiero e di visione, rivisitazione del reale e una sua riproposizione. Il desiderio è anche la necessità verso l'immortalità, "perpetuazione in eterno di un grande errore" direbbe Arthur Schopenhauer.
Solo l'arte, quindi, può dare significato estetico e contenutistico, qui il significante lirico e poetico, a quell'eternità che è la base del nostro desiderio umano e collettivo: un movimento che dall'individuo cresce e che va a inserirsi nel "meccanismo della volizione", che vede i nostri consimili uniti da un file rouge di continuo movimento, quindi di esistenza, di vita, di creatività, dato che il proibito, soprattutto, eterodossia rispetto all'omologante imposizione sociale e culturale dei bisogni, che non sono desideri, è spesso quella negazione che crea il vuoto da riempire con la tensione verso l'alto, quindi narrativamente artistica, per impossessarsi del desiderato: Ovidio è presente in questo. Il raggiungimento del desiderio crea anche l'elemento tragico, quindi artistico e lirico, della narrazione di un'opera, dovuto alla ricerca spasmodica che si autoalimenta di una tensione che mai potrà essere placata, direbbe Oscar Wilde, perchè non soddisfacibile.

Alessandro Rizzo


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Un ringraziamento agli autori che ancora una volta hanno inviato il loro prezioso contributo a questo numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri autori che ancora non hanno trovato spazio sulle pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere entro il
31 dicembre 2013. Il prossimo tema: Il verde.

Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella

Contatore visite dal 6 giugno 2011
 
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