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Raccolta di video vari da Youtube, scelti per voi...
rubrica a cura di Massimo Acciai

Interviste 

La musica come orizzonte: intervista agli Oryzon
A cura di Alessandro Rizzo
Intervista a Gabriele Carbone
Thisis Whenmusicattacks: quando il concerto è una conquista

A cura di Alessandro Rizzo

Articoli

WhenMusicAttacks: la musica giovanile si fa sentire
Recensioni dei gruppi ospitati nelle diverse serate dell'evento

Di Alessandro Rizzo
Francesco Piras: quando la musica non trova resistenze
Di Alessandro Rizzo
UOMINI FARFALLA
(Mia Martini)
Lacrime - 1992

Di Mario Gardini
SISTER ACT IL MUSICAL
con Loretta Grace, Dora Romano, Laura Galigani
Teatro Nazionale - Milano

Di Mario Gardini

WhenMusicAttacks:

la musica giovanile si fa sentire
Recensioni dei gruppi ospitati nelle diverse serate dell'evento
 

Alessandro Rizzo


WhenMusicAttacks sono le serate organizzate da Gabriele in collaborazione con altri ragazzi, alcuni dj set, alcuni alla consolle, alcuni suond designer, presso diversi locali e lounge bar di Milano suggestivi quanto coinvolgenti. Dal periferico e aggregante Barrio's all'alternativo Sacrestia, per arrivare allo storico Black Hole abbiamo avuto occasione di ascoltare i vari gruppi di giovani musicisti alternarsi sul palco in performance dagli stili differenti ma tutti indipendenti come cultura.
L'ambiente è molto british style in ambienti che creano situazioni di luoghi e spazi in cui convergono mood, arredamenti, coreografie e sonorità dal gusto indie, alternative rock. Ma non si può categorizzare la pluralità dell'offerta musicale delle varie band, tutte animate da entusiasmo e da passione musicale, che abbracciano culture di diversa radice e proposte dalla diversa entità: rock, alternative, indie, new wave, french pop, new romantic, new brit pop, funcky …
Abbiamo recensito diversi di loro e abbiamo, così, potuto dare occasione di conoscere uno spaccato vivace quanto effervescente dell'arte musicale giovanile


Another Feedback

La coreografia è un elemento importante se si considera che andare a un concerto è sinonimo spesso di andare a vedere un concerto, oltre che sentirlo. Con Another Feedback tutto questo è possibile. L'estetica non è l'unico elemento della performance della giovane band milanese. Le chitarre elettriche si intersecano all'interno di una voce che esprime un'armonia ricca di vigore. Il sound è rock, strong rock, tra un hard rock con alcune venature di metal. Non possiamo dire che siano lontani e autonomi dalla tradizione hard rock, in quanto, seppure alcuni motivi siano caratterizzati da una tonalità più potente, ottenuta con una certa amplificazione di alcuni elementi, le temtiche affrontate sono più dolci così come più dolce e sinfonico risulta il loro genere ancora melodico. Questo rende gli Another Feedback autonomi da ogni categorizzazione.
Tre elementi ma potenti. Si eleva un suono che fa vibrare lo spazio circostante. Il suono diventa, fisicamente percepibile, tangibile quasi. Il suono ha una dose di forte limpidezza quando il rock vibra nella sua dose di progressive mai scontato, tornando quasi alle origini di un genere misto e contaminato, vario e prismatico. Il genere progressive, come dicevo, è deciso. Le tre chitarre elettriche scandiscono i tempi battendo con metallica cadenza il progredire incessante della musica. Il sapore è sempre quello indie, anche se contaminato positivamente da un metal che ci riporta all'aggressività di un volume quasi heavy metal interagente con una maestosità tipica della classicità pura del progressive rock. Tradizione e innovazione nella ricerca musicale del gruppo si fondono, tanto da dare immagine di una produzione sempre soggetta a modifiche, sperimentazione, cambiamento. La batteria dal fondo dello stage incide sulla sincronia delle chitarre elettriche. Gli strumenti riprendono la scena di un rock postmoderno. Il finale della performance al Black Hole vede un motivo più soft e slowly in un solco melodico e strumentale tipico di un punk rock.

Glimpse

Partiamo dal nome: evoca bagliore. Ed è un bagliore nella ricerca di una verità presente nel fondo di ogni cosa, soprattutto se a parlare è l'espressione artistica musicale. E' un alternative rock melodico in un contesto performativo che vede una consonanza tra i vari strumenti: due chitarre, che si intervallano in alcune esecuzioni tra un basso e una chitarra acustica, una voce che riesce sempre avere una padronanza dello stage e una tastiera che si evidenzia di una certa autonomia compositiva. A completare un quadro uniforme e sinfonico è la batteria che dal fondo del palco riesce a farsi sentire in una padronanza dei ritmi e in una consapevolezza della propria funzione artistico performativa. Si sente molto la tradizione dell'indie in un alternative rock con cenni melodici nel segno di un sound attento ai ritmi e alle cadenze dei tempi della musica vibrante. La sperimentalità non è certamente sacrificata nella produzione dei Glimpse, soprattutto quando a "entrare in scena" sul palco è il flauto di traverso, una melodia che irrompe e addolcisce la performance quasi da rimandare a tinte lievi di un lontano fusion e di un jazz rock. Si percepisce una certa dose di elettricità negli stili. Irrompe sulla scena anche il folck, quando a essere rinterpretata è una sinfonia di Bob Dylan, riadattando con una certa maestria il grande autore alle esigenze temporali postmoderne: è questo che assegna ai Glimpse una connotazione Indie. La voce riesce sempre a dare energia al ritmo in un'estetica dei contenuti che diventano poesia e lirica suonata. Il ritmo diventa incandescente e progredisce con la ricerca di nuove strumentalità che da sole riescono a parlare e comunicare emozioni estetiche e musicali molto forti. La tastiera esprime sempre energia sinfonica. Il coinvolgimento in una miscellanea e sinfonia di suoni e generi diversi, con vibrature quasi neoclassiche, ci riportano alla memoria I Pink Floyd nella loro produzione storica più viva, così come i Weather Report anche se in un'accezione meno jazzistica.

Solista, chiamato Il temporale, accompagnato

Esperimento curioso forse non pienamente riuscito, ma apprezzabile per un genuino entusiasmo dei componenti del gruppo è quello di un gruppo formato da tre voci e una chitarra. Esistono le premesse per un perfezionamento della performance, soprattutto se si anticipano gli elementi strumentali, sobri e pochi, che danno alla melodia un carattere molto "slow", lento e inesorabile. Si assapora in poetnza il genere folk rock, soprattutto corroborato dalle voci femminili, che riprendono stili lontani quanto intramontabili tipici di Joan Baez, dove il rock musicale si unisce a procedure folcloristiche. Il tema della ballata si ripropone nei testi attraverso una fedele ma sempre autonoma reinterpretazione di una tradizione tutta americana nella sua sonorità, ma quotidiana nella sostanza, nei contenuti, sempre volti a raccontare memorie individuali e soggettive.
E' piacevole l'intervallo di una fisarmonica a bocca che risente di un filone che ha le sue origini in un Bob Dylan, riattualizzandone la portata e la dimensione. Semplice e diretto è il suono che si promana da questo strumento antico quanto affascinante, che detta colore e variabilità di frequenza a un nuovo folck rock.

TSO

Il nome risulta essere molto curioso quanto incoraggiante e avvincente, convincente è la performance, decisa quanto sicura nella sua esecuzione. Le chitarre si accordano e incominciano a emanare vibrazioni elettriche, dando energie musicali di un'intensità originale e dirompente. Originale e autonoma risultano la sonorità e la modulazione delle voci che si incontrano e si sussesguono con sobrietà. la protagonista è la strumentalità elettronica di una musicalità tutta post moderna. Si naviga e si oscilla sulle frequenze e le melodie trascinanti pronti ad elettrizzare tra un garage rock e un pop importante, quanto vivace e vibrante. L'obiettivo finale artistico è quello di proporre canzoni e motivi allegri e decisamente semplici nella loro portata testuale, seppure complessi nella elaborazione musicale. Le onde di un suono vigoroso si infrangono nell'ambiente sulle modulazioni di un gruppo autuonomo quanto autorevole, indipendente, meta rock, dato che oltrepassiamo i confini del genere per accedere a nuove musicalità e sperimentazioni che si uniscono in un ensemble esecutivo coerente quanto creativo ed eclettico.
Le linee vocali sono davvero sostenute e si modulano sulle onde degli strumenti, pochi, sobri, diretti e incisivi provocando emozioni del pubblico. Il terreno indipendente e di rottura è sgnato in un solco tutto TSO: giovanile ed effervescente.

Officina della Camomilla

Parole proposte con lapidarietà e il nome potrebbe indurre a penasare a produttori di "camomilla", quindi di una sinfonia e di una melodia calma e adagiata. In parte può essere vero, ma non vi aspettate un gruppo privo di vivacità e dirompenza sonora. Il loro genere è lo - fi, acronimo di low fidelity, bassa fedeltà, tipico di molti gruppi indie rock. E' un genere e, pertanto, se a un primo ascolto potrebbe sembrare un gruppo rude negli elementi impiegati e sobrio nelle sonorità musicali, in realtà si assapora, dopo un maggiore approfondimento, lo studio e la scelta artistica di alta qualità. Non c'è ingenuità ma consapevolezza di uno stile. Tutto questo viene ripreso e testimoniato dall'impiego degli strumenti presenti sul palco: una chitarra non elettrica, una voce femminile, la nota lieve nella band, e un piano, che rende soave ogni acuto espresso da una chitarra dal suono grezzo e sincero. I testi sono intrisi di paradossi e allegorie, tipiche di ballate suonate e cantate con una bassa tonalità e una delicatezza uniche quanto accattivanti. Il pubblico viene accompagnato in una visione quasi onirica di un gruppo che ripropone con certezza e solidità musicale motivi letterari nel contenuto, ma delicati nella sinfonia. Molta è la liricità e la poeticità di una performance che vede sperimentazione con una certa consapevolezza di essere nel solco di una cultura storica musicale.

Wolfango

Tra il punk rock e il psichedelico è il genere del gruppo, due elementi, una voce e una chitarra. Siamo nel pieno di una sperimentazione dove una voce infrange tra una chitarra, attenta a creare lunghe sezioni strumentali, alterando la struttura musicale dei brani, e una voce con tonalità bassa e profonda, finalizzata a raggiungere nel profondo dell'animo dell'ascoltatore, coerente con la tradizione di questo genere, il cui nome etimologicamente prefigura l'effetto di una comunicazione artistica a un livello particolarmente profondo. Il rock tipico e generico non riesce nella sua lucidità sonora e contenutistica a fare vibrare sensazioni molto intime ed emozioni di un sobconscio, in un'accezione in cui filosofia dell'io e musicalità insolita ed esasperata negli effetti sonori conducono a un'alterazione piacevole della coscienza. si rincorrono, così, sonorità differenti e differenziate, mentre il ritmo è dettato dalla ripetitività di refrain targati art rock. Esiste una certa padronanza della sonorità strumentale che si infonde e profonde nelle parole di testi che vivono di autonomia propria e profondità analitica. Le parole scandiscono suoni inesplorati e genuini. Thomas rompe l'esecuzione apportando la propria voce con pezzi da lui stesso scritti e che quando sono stati scritti lui stesso credeva di essere Battiato. L'originalità e l'intensità delle parole si rafforzano con un supporto strumentale atipico e multiforme, irregolare in quanto ricco di profondità.

Krimave

Inizio portentoso e la batteria segue il territorio musicale definito da tre chitarre elettriche nel solco dell'elettronica sperimentale. La voce da inizio a una performance non facile, di certo non popolare, che non cerca il "consenso" commerciale di massa. Stiamo parlando di un alternative rock che si stagli tra un punk e un metal senza accogliere "casacche identitarie". La voce viene alimentata da un cescendo strumentale dal sapore sperimentale senza "tradire" le connotazioni tipiche dell'alternative tra anni 80 e 90. La chitarra elettrica per rimarcare la portata centrale di una sperimentalità dissociante scandisce ritmo e tempi. La batteria si calibra sulle note battute dagli altri strumenti, l'uno funzionale all'altro, con una certa dose di autonomia. Seppure i motivi siano a volte un po ripetitivi, l'ecletticità della loro produzione si intravvede nel sapere mescolare metal, heavy metal, alternative e progressive, che scorrono nelle connessioni sonore new wave. Diversi pezzi sono insonorizzati da intervalli elettronici della prima canzone alternative progressive computerizzata, ma ancora ricca di liricità e di armonia. C'è a lato un segno del pop: la contaminazione è assicurata con i Krimave.

Oryzon

Il loro nome è sinonimo di vigore, duttilità, vivacità, intraprendenza giovanile segno di un cambio generazionale di una tradzione che si fa attuale arte di un nuova onda: new wave. Dissonanza armonica di suoni, voci equilibrate e potenti che si insediano tra tre elementi elettronici irruenti e fermi nella loro tenuta. Due voci addirittura corroborano la sperimentalità di un alternative che è indie ma che si nutre anche di radici di un punk rock anni 70. Più lenti gli altri motivi, ma non per questo privi di energia, quasi rieccheggiando melodie dei Depeche degli anni d'oro, o degli U2 dei primi successi. La batteria sembra alimentare un'onda che viene ripresa dalle tre chitarre elettriche e dalle voci. Tutto questo significa passione che sa coinvolgere in quanto il solo vederli eseguire i brani sul palco ci porta ad assaporare un trasporto fisico, oltreche musicale, che ci introduce in un'armonia tra note e una coreografia attraente, tra fisicità e contenuti artistici.
Possiamo dire che gli Oryzon sono artisticamente qualitativi e autorevoli iscrivendosi in un alternative, genere intramontabile. Decolli musicali improvvisi portano gli spettatori verso cieli incontaminati del rock, stessa iperbole che siamo abituati a sentire ascoltando i famosi REM. La tecnica utilizzata è, inutile dirlo, ineccepibile.

Skinni Boys

Entrata ad effetto per i Skinni Boys, ragazzi magri, già nome di alcuni gruppi rap, che non smentisce i precedenti due gruppi nella dinamica e nella deflagrante musicalità.
Credete di essere in pieno "alternative"? la differenza con l'indie diventa solo filosofica qualora si intende parlare di un genere attento alle particolarità tecniche strumentali. La voce non tradisce quella di tanti altri gruppi new wave e, metallica, affiora come un'ondulazione sospesa in un'aria fatta di sinfonia e strumentalità elettronica, sono tre le chitarre presenti e si affermano con forza, e una batteria.
Ci sembra di tornare agli anni 70, seppure i componenti siano molto giovani, con i primi gruppi punck con una performance effervescente ed esplosiva. Esiste uno studio dietro all'esecuzione: è percettibile nella sincronia di note modulate e alte nel calibro che si susseguono senza soluzione di continuità. Due chitarre si incontrano, si incrociano mentre domina una voce dalla tonalità bassa. Mi sembra di sentire anche una certa tradizione dei led Zeppelin se al math rock si concede una dimensione progressive pura. Incrementa sempre il suono delle chitarre quasi adombrando la batteria: tecnica forse voluta per segnare la predominanza dell'experimental in un alternative tutto da riscoprire, reinventare, riproporre. L'incipit di alcuni motivi mi ricorda i King of Conveninence, molto strumentali dove melodia, pop rock e alternative si contaminano. Siamo giò nel post rock? Attendiamo l'entrata di altri strumenti nel gruppo per poter affermare questo, fuori dalla tradizione rock puro, ma i presupposti per crescere ci sono.

Lorenzo Caccianiga e company

E' nel contesto blues che accresce l'impegno dello stile cantautorale di Lorenzo. L'accompagnamento, fatto di batteria, sposa totalmente la padronanza della chitarra. La sperimentalità si denota nel remake delle colonne di "In to the wild". La chitarra acustica rende armoniosa e pastosa un genere country rivisitato e rielaborato. La chitarra riesce a forgiare come fosse materia la musica e il ritmo. Molti sono i pezzi ironici e sagaci che spesso in una tradizione popolare l'autore riprende anche in salsa italiana. La professionalità sta nell'alternanza di note briose con dolci e miti ritmi. Il blues rallegra le persone presente, dato che canta le storie quotidiane di persone in un intimismo che non scade mai in un edulcorato romanticismo. Assaporiamo la tradizione italiana del cantautorato di denuncia e di rottura. Multietnicità, poliedricità, ecletticità sono gli ingredienti di questo gruppo improvvisato che ci porta, in un viaggio musicale, dall'America del West alla canzone popolare italiana al mediterraneo partenopeo rivisitato dei grandi autori. E' risultata simpatica la performance finale che ha visto una coreografia vivace esplicativa del dialettismo milanese dell'ultimo brano di chiusura.

Glimpse

E' nel funcky il solco artistico della giovanissima band. Ma definirli solamente funcky risulta riduttivo. Negli spartiti leggiamo anche le tradizioni dello sperimentalismo degli anni 70, quello di rottura, di ricerca. Si varia, così, tra soul, rock e punck rock. La melodia si sente stagliarsi sulle vibrazioni di una chitarra elettrica e di un piano aggiunte da una voce che riesce a intervenire negli interstizi delle note dirompenti. Remake di pezzi internazionali vengono preposti con una padronanza e determinazione attraverso una sintonia e sincornia degli strumenti. Classic modern si sente in alcuni cenni di scorrevoli pezzi musicali dando ai Glimpse una tonalità notevole e mutevole. Il repertorio non è nè scontato, nè meramente prosaico, ma in molte sfaccettature allegorico, metaforico. Si potrebbe immaginare in molti passaggi un connubbio sereno tra musica e cinema, dove note e immagini, fotogrammi, si intersecano vicendevolmente. Il progressive viene ripreso in un'accezione non stereotipata nè forzatamente di rottura, rendendo la sperimentazione propria capacità espressiva autonoma. Possiamo dire, dopo tutto, che i giganti presenti nelle loro cover non sono così troppo alti da apparire irraggiungibili, come testimonia il rifacimento dei Nirvana.

The problem

Il loro inizio dirompe quasi plasticamente nella sala. I The problem annunciano, così, al pubblico un progressive rivisto, ripercorrendo le note di una musicalità profonda, quanto intensa. Il significante nell'ascolto delle note del gruppo, anch'esso giovanissimo per l'età dei componenti, diventa quasi significato. La chitarra e il basso si alternano su ritmi occidentali postmoderni, quindi eclettici, poliedrici, variegati. Con i The problem usciamo decisamente dalle categorie, spesso semplificanti, spesso soffocanti la creatività di una proposta. L'assenza di una voce non è una mancanza, una menomazione, ma frutto di un accurato studio che proviene da una rilettura dei dirompenti e autonomi anni 70. Si scoprono allegorie in uno spartito intensamente pervasivo. Si passa, così, dal progressive al rock, al punck rock. Il basso e la tastiera si sintonizzano mentre il resto dei componenti hanno già trovato la propria sincronia. Note permeabili nel significato incidono gli animi e surriscaldano la platea. L'ermetismo della musica del gruppo è come una poesia che si traduce in una musica propria, tutta loro, ma ricca di un passato. Con ritmi vicini ai Santana si conclude la loro performance, seppure il progressive rimanga la firma artistica identitaria.

Sound Scremblers

La cover è il genere che viene più volte ripetuto nella performance del gruppo. Può essere semplicifcato il tutto come un genere scontato, spesso semplice, molto banale. Tutto questo non sussiste quando la ricerca dei pezzi del passato è la riproposizione di notevoli autori con una rivisitazione, pronta a dare una nuova lettura delle grandi firme della letteratura musicale contemporanea e moderna. La voce spicca in un sostrato di musicalità e armonia sonora che riprende il progressive e ne da giusta valorizzazione. I Sound Scremblers ci riportano, tuffandoci, nella densità delle vibrazioni negli anni 60 e 70, dove ogni passo proposto era una rivoluzione nella cultura tradizionale. Crazy Little, John Mayer ma anche The Who, popolarmente detti gli Hu, i Doors, Elvis con la sua intramontabile musica, costellano la riproposizione stile rock e punck rock di un giovane gruppo pieno di vitalità e di energia artistica. Il ritmo vibra da un ottimo piano, mentre la voce tiene testa alla strumentalità variegata presente sul palco: ogni elemento rispetta l'autonomia dell'altro, ma nello stesso tempo si afferma e si pone, mai impone. La batteria è molto presente e scandisce i tempi. C'è molta espressività nella loro musica, tanto che come un grido artistico scaldano la sala.

L'Officina della camomilla (in una seconda performance)

Il loro genere si definrebbe slow-fi, in antitesi all'High-fi. La melodia di questo gruppo variegato è ponderata. Le parole sono centrali attorno a cui ruota la musica. Sembrano rientrare nella tradizione dei chansonnier francesi, ma hanno una loro autonomia, spesso dissacrante, molto sfrontata e cinica con il reale descritto nei loro testi. Le parole sono essenziali, magari poche, e lapidarie- Un nuovo genere si fa strada con loro? Questo non si può sapere, ma è certo che la loro è una forte autonomia elaborativa. I testi sono come poesie, sonetti di un vivere quotidiano in un continuo paradosso, spesso irriverente, in una rottura col passato. Le voci, una maschile e una femminile, si amalgamo mentre lo xilofono si staglia. Non sono certo scontati e destrutturano il reale. Coro, voce, canto si alternano semplicemente raccontando storie disfunzionali, accompagnandosi di un ritmo tutto proprio.

L'orso

L'inizio della performance risulta essere quello di una tradizione folck, quasi country. La profondità poetica e la padronanza della chitarra sono elementi che si aggiungono all'uso di una voce indignata. Acne è un loro pezzo che parla di adolescenza in un destino quasi predestinato. La chitarra scandisce il tempo, ritmandolo. E', il loro, un folck italiano? La tradizione storica lascia spazio a una loro imposizione artistica. Gli elementi sono solo chitarre, ma la voce governa bene l'incedere di questi due elementi. Si leggono storie di giovani traditi nelle loro aspettative. La melodia diventa naturalmente malinconica, leggendo le disperazioni e le debolezze umane. Il procedere lento della musica è esemplificativo della tristezza dei testi. Molte sono le voci, quasi fosse un coro greco. I finali dei pezzi quasi si ripetono nel refrain in quanto lasciano finali aperti, dando speranza. Attese e aspettative nel pezzo "Parlami" come nella vera tradizione folck, con una dose di ecletticità e tonalità multietniche. Interessante il pezzo "La Provincia ci uccise" sembra ascoltare i grandi della musica italiana popolare.

Videodreams

Suonano per chi ascolta, l'esordio e la presentazione del gruppo al pubblico diventa quasi perentorio. Cambiano geografie musicali in modo repentino con uan capacità di cambiare le melodie adattandole. Il loro è un soul che proviene dal lontano blues. E' anche pop se si ascolta una fisarmonia da piano, ma è anche folck se si ascoltano le parole e i testi vibrare con la mestizia e la tristezza, nostalgie di un lontano west, terra promessa, irraggiungibile. La loro è una produzione autorale. Ci si acorge del fatto che la sera del concerto mancasse un elemento: erano in due ma la loro pervasività musicale non mancava. La gradualità di una tastiera elettronica ci riporta alle radici della musica pop post moderna, melodica quanto prosaica. Sono in due elementi ma sembrano ssere molteplici, quasi in una polifonia senza soluzione. Il finale a interruzione brusca, non attesa, non annunciata è uno stile che avvince e convince, artisticamente rafinato, passando da una sonorità pervasiva a un silenzio totale. Sembrano inserirsi nella scia dei Cold Play, o dei Rem, oppure dei Kings of Convenience. Ma i Videodreams non hanno bisogno di categorie.

Sogno Chimico

Sono diversi per genere e musica dai precedenti gruppi. Sono indie pop ma il loro nome ci incuriosisce. Forse si chiamano così perchè la loro musica ci appassiona, quasi come un'estasi. Le loro note sono funzionali a questo obiettivo. Pop, New Wave si leggono nelle loro note un post punk inglese che procede dal goth rock al funk. La loro musica pervasiva, senza margine di errore ha dato una buona notte e un arrivederci vivo e vivace. la loro indipendenza vede un accurato studio dell'etimologia della musica, delle musiche, dei generi che in un mix riprendono in modo magistrale, certo non artigianale. La batteria prorompe nella sala con la batteria che tiene sulla destra del palco, mentre si incuneano le voci, sono due, accompagnate e sorrette dalle vibrazioni di ruggenti chitarre Leggo molto punck rock in alcuni passaggi: le loro sono modulazioni dei suoni che cambinao, variano, Il pezzo "La donna narcotica" è pura satira con molta musicalità postmoderna. La musica elettronicaci riporta alla produzione anni 80 inglese. In alcuni passaggi si sente riprendere parti del genere metallico. il tutto termina con delle cover, a testimoniare il loro lavoro di ricerca artistica.



FX5

Un esordio molto hard quello dei FX5 al loro primo debutto in serata come gruppo completo. La grinta musicale dei giovanissimi musicisti affascina e tiene la sala. La voce è molto intensa e riesce a calibrarsi amalgamandosi con gli strumenti in un hard rock che riporta alla memoria nella rivisitazione dell'esecuzione di celeberrimi testi i grandi cantanti degli anni 70 e 80. Un remake dei "gold time" dell'epoca molto british style delle pagine mondiali del rock ripercuotono i ritmi ruggenti delle tre chitarre elettriche del gruppo. I cinque elementi firmati FX5 riprendono la tradizione musicale che ha segnato la storia moderna pervadendo la sala con le loro note dirompenti. L'eclettismo degli stili si fondono in un repertorio di cover che non rimangono semplici riproposizioni del passato ma vengono rivisti canzoni e musiche con tonalità che possiamo dire essere instradate su uno sperimentalismo, seppure i cinque componenti siano freschissimi.

LE MEDUSE

Il mostro tentacolare di un gruppo tutto in rosa, già dal sottoscritto ascoltato, rende allegoricamente il significato della piacevole aggressività musicale delle Meduse. Sono ormai conosciute nei circuiti alternativi e non delude mai la loro liricità e sperimentazione. Possiamo dire che le Meduse non ci stupiranno mai, dato che aggiungono ogni volta testi nuovi con stili innovativi e ricercati. Le indiegirls rispecchiano perfettamente lo stile delle loro proposte musicali. Sono di rottura nei testi ma riescono sempre a mantenere attenzione a una continua innovazione all'insegna del punck-rock. Gli strumenti si amalgano bene e rispondono all'esigenza "ambiziosa" di dirompere in una sincronia tra note e voce. E' chiaro che la voce è alquanto migliorata e ha saputo nella serata dare espressività a un messaggio di rottura e di autonomia. Non scadono mai nella semplice prosa, ma riescono sempre a garantire tramite il suono dei messaggi metaforici.

R.O.A.D.

Scrivono testi propri con uno stile punk rock. I R.O.A.D. non sono solo un gruppo musicale. Per ascoltarli occorre alzarsi in quanto il ritmo entra nelle vene. I contenuti delle canzoni sono di denuncia, di rottura, di critica verso la nostra contemporaneità fatta di contraddizioni e alienazioni, come quelle dell'uomo moderno oppure quelle del ragazzo costretto a fare il pizzaiolo perché per lui, come epr molti altri, c'è una sola scelta predefinita. Il tempo e il ritmo del gruppo, tra chitarre elettriche, basso, batteria e una coinvolgente voce, incedono cercando di realizzare, ed è qui la loro sperimentalità eclettica, una convergenza tra stili anglo americani, ska, punk-rock, in alcuni pezzi si legge un'eredità dei mitici Pink Floyd, e hard rock, con testi spesso italiani dal contenuto di protesta, espressi con sagacia, ironia. Esiste moltas prosa e lo stile porta i R.O.A.D. a comunicare messaggi non filtrati, ma semplici, non semplificati, e diretti con schiettezza. Un nuovo testo nella performance della serata ha portato i R.O.A.D. a navigare in uno stile non ancora affrontato: il funcky. E come dire anche in questo ambito non hanno deluso, anzi hanno surriscaldato il clima.

ELEFUNKY

Gli Elefunky, come dice lo stesso nome, sono puramente funcky? Sono jazz? Sono lounge? Definire gli Elefunky risulta alquanto difficile, riduttivo e imbarazzante. Non hanno uno stile preciso ed è questo ciò che rende la loro prassi esecutiva unica in quanto anticipata da un inizio calmo e armonico per, poi, proseguire con una carica e una determinazione nello svolgimento di ogni pezzo. Si aggiungerebbe che i generi che toccano il gruppo sia abbastanza anomalo per giovani musicisti, ripercorrendo testi in cover dello swing più affermato. Questo elemento, però, non rende le loro performance scarse di autorevolezza artistica e di capacità sperimentale. Gli Elelfunky riescono a tenere testa ai giganti della letteratura musicale di genere, dando una qualità classica a un repertorio ricco e denso. Un po' di blues non manca in un gruppo che esegue ogni motivo con una forte amalgama di strumenti, ma mantenendo l'autonomia di ciascun componente nelle sue funzioni, dando, così, sviluppo plurale e una visione poliedrica della loro musica. La musica pur essendo alcune delle cover rimane loro in quanto loro la propongono con una capacità diversa. Si percepisce nella realizzazione musicale un unicum costante ritmato, venendo mai meno l'incedere del suono e del suo incalzare. Si legge molta liricità in testi che devono essere interpretati approfondendo note e strumentazioni.

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