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                                  Libri a fumetti
                                
                                 
                              
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                                  Miti mutanti 13
                                
                                 
                              
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                               Cinema - recensioni
                              
                               
 
                             
			                 
                             
                            CAPTAIN AMERICA - IL PRIMO VENDICATORE 
                            USA 2011 
                            di Joe Johnston 
                            con Chris Evans, Tommy Lee Jones, Hugo Weaving, 
                            Hayley Atwell 
                             
                             
                            Come già annunciato, ecco arrivare l'ultimo 
                            super-eroe Marvel che ancora mancava sul grande 
                            schermo. 
                            Captain America nacque nel 1941 dalla penna di Joe 
                            Simon e Jack Kirby.  
                            Egli rappresentava la libertà e la democrazia 
                            americana in contrasto con la dittatura che ai tempi 
                            stava insanguinando l'Europa.  
                            Utilizzato come mezzo di propaganda durante la 
                            seconda guerra mondiale, questo personaggio conobbe 
                            ai tempi un'enorme fortuna, destinata però a svanire 
                            rapidamente con la fine del conflitto.  
                            Riciclato nel 1964 da Stan Lee, Captain America 
                            perse la maggior parte dei suoi connotati 
                            nazionalistici e divenne l'eroe che combatteva 
                            contro le ingiustizie sociali. 
                             
                            Nel film assistiamo alle peripezie di Steve Rogers, 
                            un biondino di Brooklyn debole e mingherlino, che 
                            cerca disperatamente di arruolarsi nell'esercito 
                            americano. All'ennesimo tentativo, l'incontro con 
                            uno scienziato fuggito dalla Germania tedesca (il 
                            sempre grande Stanley Tucci) lo aiuterà a coronare 
                            il suo sogno.  
                            Non importa se, appena arruolato, il ragazzo è più 
                            impedito di Goldie Hawn in "Soldato Giulia agli 
                            ordini": lo scienziato vede in lui la passione e il 
                            cuore, le doti principali per diventare un grande 
                            eroe.  
                            Con il supporto di Howard Stark (papà del futuro 
                            Iron Man) e di un trattamento da lui stesso creato, 
                            lo scienziato immette nel ragazzo un siero, 
                            trasformandolo in un ammasso di muscoli degno del 
                            paginone centrale di Playgirl. 
                            Se all'inizio Steve Rogers/Captain America diventa 
                            una specie di Bette Midler in "For the boys", buono 
                            solo ad andare in giro ad intrattenere le truppe in 
                            guerra, alla lunga il ragazzotto si stufa e, 
                            disobbedendo agli ordini, corre a salvare il suo 
                            migliore amico caduto prigioniero dei tedeschi.  
                            Da lì a combattere contro l'HYDRA, l'organizzazione 
                            nazista di scienze avanzate guidata da Johann 
                            Schmidt, ovvero Red Skull, il passo è breve. 
                            Alla fine Steve avrà la meglio, anche se sarà 
                            costretto a rinunciare all'amore per la bella 
                            soldatessa Peggy Carter che era rimasta affascinata 
                            dalla sua anima sensibile sin dai tempi in cui lui 
                            era ancora una mezza sega. 
                            Il finale ci regala anche un salto nel tempo in cui, 
                            dopo una morte apparente negli abissi, Captain 
                            America si risveglia nella New York di oggi al 
                            cospetto di Samuel L. Jackson.  
                            Che lo stia arruolando per "I Vendicatori", prossimo 
                            film della Marvel previsto per la primavera 2012? 
                             
                            Già come fumetto, Captain America non è mai stato 
                            uno dei più riusciti della Marvel.  
                            Anche il film segue le stesse tracce, incappando fin 
                            troppo spesso nella noia e nell'ingenuità. 
                            Chris Evans, che fu la Torcia Umana nella versione 
                            cinematografica de "I Fantastici 4", è belloccio ma 
                            privo di espressività, Tommy Lee Jones torna a fare 
                            il duro dal cuore morbido come ai bei tempi de "Il 
                            fuggitivo" e Hugo Weaving, nei panni del perfido 
                            nazista, è molto difficile da prendere sul serio.
                             
                            Infatti, nonostante il teschio rosso e tutte le 
                            cattiverie che dice e che fa, continua ad essere 
                            Mitzi Del Bra di "Priscilla, la regina del deserto". 
                             
                            Mario Gardini 
                             
                            * * * 
                             
                            CARS 2 
                            di Brad Lewise e John Lasseter 
                            USA - 2011 
                             
                            Francamente non so se amo moltissimo la Pixar o se 
                            la detesto nel profondo.  
                            Infatti dal 1995 (anno di uscita del primo Toy 
                            story) ad oggi, lo studio di animazione diretto da 
                            John Lasseter ha rivoluzionato il modo di fare 
                            animazione, facendo schiere di proseliti e 
                            diventando parte integrante della Walt Disney 
                            Company.  
                            Però, nello stesso tempo, ha condannato a morte il 
                            tradizionale cartone animato in 2D. 
                            Eppure anche quelli come me, che continuano a 
                            rimpiangere i bei tempi degli spaghetti con le 
                            polpette di "Lilli e il vagabondo" e trovano molto 
                            più affascinante un pesciolino come Cleo di 
                            Pinocchio rispetto al ben più famigerato Nemo, non 
                            possono non rimanere a bocca aperta di fronte ai 
                            film che, ogni anno, la Pixar produce, vincendo 
                            Golden Globe, Oscar e sbancando i box office di 
                            tutto il mondo. 
                             
                            Quest'anno tocca a "Cars 2", dodicesimo 
                            lungometraggio targato Disney-Pixar e sequel di "Cars 
                            - Motori ruggenti" uscito nel 2006. 
                            La trama è molto alla 007. Un ricco petroliere 
                            inventa un carburante alternativo ed indice una gara 
                            automobilistica per dimostrane l'affidabilità e la 
                            potenza. Si tratta di un unico " World Gran Prix" 
                            che si disputa in Giappone, Italia ed Inghilterra. 
                            Ma, alle spalle di questa competizione, c'è un 
                            complotto messo in atto per distruggere questo nuovo 
                            carburante a favore del solito petrolio. 
                            Saetta McQueen e il suo amico Cricchetto (vero 
                            protagonista di questo film) si troveranno a doversi 
                            destreggiare tra un acerrimo rivale italiano, i 
                            servizi segreti, gli scambi d'identità e una bomba 
                            ad orologeria. 
                            Gran finale a Radiator Spring, con tutta la banda di 
                            auto al gran completo che festeggia il valore 
                            dell'amicizia e, forse, la nascita di un nuovo amore 
                            per il fido carro attrezzi. 
                             
                            Inutile ribadire che il livello di animazione 
                            raggiunto dalla Pixar ormai tocca vette mirabolanti.
                             
                            Le scene in Italia, a Londra e a Parigi (piccola 
                            tappa durante il viaggio con tanto di mercatino del 
                            motore usato) sono da manuale e l'effetto 3D ne 
                            esalta al massimo il fascino visivo. 
                            Però, rispetto ai suoi predecessori, questo "Cars 2" 
                            parte un po' con il piede sinistro.  
                            Colpa di alcune recensioni non troppo favorevoli, 
                            che lo rendono il film Pixar meno amato di critici i 
                            quali gli rimproverano di avere una sceneggiatura 
                            leggera e meno ricca di significati rispetto ai 
                            gioielli del passato. 
                            Può anche essere vero. Però, dopo averci fatto 
                            piangere con gli abbandoni causati dalla fine 
                            dell'infanzia (Toy story) o dovuti ai lutti della 
                            vecchiaia (Up), direi che non c'è nulla di male se, 
                            per una volta tanto, ci si abbandona a quasi due ore 
                            di puro divertimento.  
                            Il negozio italiano di "Carmani" e le versioni a 
                            quattro ruote dei bobby inglesi e di "Her Majesty" 
                            valgono da soli il prezzo del biglietto. 
                             
                            Mario Gardini 
                             
                            * * * 
                             
                            Amanda Knox: Murder on Trial in Italy (2011) 
                            Regia di Robert Dornhelm 
                            Paese: Usa/Italia 
                             
                             
                            Il 21 febbraio scorso è stato proiettato in prima 
                            visione sul canale americano Lifetime il film Amanda 
                            Knox: Murder on Trial in Italy, basato sull'omicidio 
                            della studentessa inglese Meredith Kercher che 
                            analizza principalmente la figura e il ruolo 
                            ricoperto da Amanda Knox, studentessa americana che 
                            con lei condivise la stessa casa nel centro di 
                            Perugia. 
                            Il titolo nella versione italiana è stato tradotto 
                            con Via della Rosa sebbene a Perugia non esista una 
                            via con questo nome e il delitto avvenne in una casa 
                            in Via della Pergola. Non si sa ne quando e se il 
                            film verrà tradotto in italiano e se passerà nelle 
                            sale cinematografiche dato che sta riscuotendo 
                            pesanti critiche da più fronti: dall'amministrazione 
                            comunale e dai cittadini di Perugia che si sentono 
                            macchiati dell'infamia di Perugia come città 
                            dell'orrore e della depravazione, dagli avvocati 
                            della stessa Amanda Knox che, visto il trailer, 
                            hanno annunciato sanzioni legali contro chi lo ha 
                            prodotto ma soprattutto dal fatto che il film lede 
                            la decenza, il rispetto e la memoria della povera 
                            Meredith Kercher.  
                            Le autorità del capoluogo umbro, congiuntamente agli 
                            avvocati dei vari imputati, non hanno permesso di 
                            girare il film a Perugia. Le scene sono state girate 
                            nel complesso del Buon Pastore un complesso edilizio 
                            vicino Roma mentre le scene che riguardano la casa e 
                            le colline umbre sono state girate a Poggio Nativo, 
                            in provincia di Rieti. Perugia compare solo per 
                            brevi fotogrammi (l'iniziale panoramica sulla città, 
                            un fotogramma della statua in bronzo di papa Giulio 
                            III dinanzi la cattedrale di San Lorenzo, via 
                            dell'Acquedotto, la fontana maggiore). Sono immagine 
                            istantanee che servono a veicolare l'idea che la 
                            storia contenuta nel film è ambientata a Perugia, 
                            proprio come avvenne secondo la cronaca. 
                            Di Perugia non vengono invece raffigurati spazi 
                            molto importanti per la vicenda quale il Tribunale, 
                            piazza Grimana e Palazzo Gallenga-Stuart, sede 
                            dell'università per Stranieri di Perugia. 
                            Il film passa in rassegna le varie vicende della 
                            studentessa americana Amanda Knox a partire dalla 
                            festa che a Seattle la famiglia fece in suo onore 
                            prima che la ragazza partisse per l'Italia, alla 
                            volta di Perugia per studiare all'interno del 
                            progetto Erasmus. La scena del ritrovamento del 
                            cadavere di Meredith Kercher apre il film e poi la 
                            storia si sviluppa seguendo gli eventi successivi, 
                            gli interrogatori, ritornando a volte a riproporre 
                            flashback.  
                            Il film sembra attenersi fedelmente alle vicende che 
                            la cronaca ci ha consegnato in tanti mesi 
                            d'indagini: il riconoscimento della corte come 
                            principali imputati Amanda Knox e Raffaele 
                            Sollecito, l'accusa di omicidio di Amanda nei 
                            confronti del barista congolose Patrick Lumumba 
                            (decaduta e poi ritratta), la condanna del nigeriano 
                            Rudy Guede fino al processo conclusivo con la 
                            condanna carceraria pari 26 anni per Amanda Knox e 
                            25 anni per Raffaele Sollecito.  
                            Il film non propende per nessuna delle due parti 
                            ossia la colpevolezza o la non colpevolezza di 
                            Amanda anche se non manca di mostrare un certo 
                            ghigno di soddisfazione di Vincent Riotta che nel 
                            film ricopre il ruolo dell'avvocato Giuliano Mignini, 
                            difensore della vittima. 
                            Il film si chiude con la condanna di primo grado di 
                            Amanda Knox e Raffaele Sollecito avvenuta il 4 
                            dicembre 2009 ma, stando alla cronaca, i rispettivi 
                            avvocati non hanno accettato la sentenza della Corte 
                            d'Assise di Perugia e quindi è previsto un processo 
                            d'appello. La storia non è dunque finita. Rimane 
                            aperta, così come il mistero macabro legato alla 
                            morte di Meredith Kercher.  
                            A memoria e rispetto della dignità umana, in questo 
                            caso violentemente sottratta alla vita, ci auguriamo 
                            che non ci sia un sequel del film e che si arrivi 
                            alla verità. Alla verità dei fatti. Non a quella 
                            cinematografica. 
                             
                            Lorenzo Spurio 
                             
                            * * * 
                             
                            La corsa di Cyril 
                             
                            di Maria Antonietta Nardone 
                             
                             
                            "Il ragazzo con la bicicletta" 
                            Jean-Pierre e Luc Dardenne 
                            (Alcazar) 
                             
                            Rimarrà a lungo, nella mia mente, il volto e il 
                            corpo del piccolo Cyril e le sue libere e rabbiose 
                            corse in bicicletta. Sì, veramente una figura 
                            cinematografica che sarà memorabile. Per la sua 
                            ostinata tenacia, per i sentimenti forti, per un 
                            dolore fondo che stringe l'animo di un ragazzino, 
                            appena undicenne, che ha già preso una bella bordata 
                            di sberle dalla vita.  
                            Lo vediamo all'interno di un istituto dal quale 
                            cerca ripetutamente di scappare alla ricerca di un 
                            padre tanto amato quanto irresponsabile ed 
                            affettivamente aridissimo. Vediamo il viso chiaro, 
                            ma chiuso in un dolore astioso e dispettoso, i suoi 
                            capelli biondo-rossi, la sua esile ma 
                            resistentissima figura muoversi di corsa e/o in 
                            bicicletta per quelle strade che lo separano dal 
                            padre. Una distanza che Cyril, con l'aiuto di 
                            Samantha, una donna a cui si era aggrappato per caso 
                            nella sala d'attesa di uno studio medico, riesce ad 
                            azzerare per scoprire che l'amato padre non vuole 
                            proprio saperne niente di lui, il figlio. 
                            E torce lo stomaco la reazione autolesionistica del 
                            ragazzino, quando si graffia il volto e sbatte 
                            volontariamente la testa contro lo sportello della 
                            macchina, per la sofferta consapevolezza di essere 
                            un figlio rifiutato dal padre. 
                            Diventa facile preda di un piccolo boss di quartiere 
                            che lo porterà ad effettuare una rapina. Facile 
                            preda, ma non stupido. Saprà con lucidità 
                            riconoscere l'errore ed individuare chi vuole 
                            veramente il suo bene. 
                            E stringe il cuore vedere infine la sua reazione, 
                            quando, inseguito, preso a sassate da un ragazzo che 
                            aveva aggredito dopo aver tramortito il padre, per 
                            una rapina, arrampicatosi su un albero, cade perché 
                            colpito da un sasso. Un povero fagottino, che 
                            precipita al suolo, rimanendo rannicchiato tra 
                            l'erba e la terra di un bosco: non si muove. Sembra 
                            morto. Quando, a fatica, tutto ammaccato e stordito, 
                            si rialza, va via senza dire nulla all'aggressore e 
                            al padre dell'aggressore (bugiardo e opportunista), 
                            rifiutandosi di far chiamare un'ambulanza (tante 
                            volte avesse una commozione cerebrale), solleva la 
                            bicicletta, prende il sacco di carbonella che era 
                            andato a comprare e via di nuovo in sella alla sua 
                            bicicletta. Stringe il cuore la sua reazione di 
                            cucciolo aggredito che non protesta per una violenza 
                            subita ingiustamente. Davvero, stringe il cuore. 
                            Bello, brusco, diretto, senza smancerie, il rapporto 
                            tra Cyril e Samantha, la donna che lo prende in 
                            affidamento, che lotta per lui come una leonessa per 
                            i suoi cuccioli. Eppure la forza di un accudimento 
                            sincero e forte passa e Cyril, pur con la sue 
                            intemperanze e ribellioni, lo sente e lo riconosce. 
                            Quella complicità finale, tra i due, sotto l'albero, 
                            mentre mangiano un panino è la conquista di una 
                            sudatissima armonia. 
                            L'aspetto molto intrigante del film è nella 
                            motivazione di Samantha, una donna che ha un 
                            compagno, un lavoro (è una parrucchiera), e che non 
                            sa nemmeno lei perché vuole dare una mano a questo 
                            ragazzino, all'inizio assai difficile; l'aspetto 
                            intrigante è che Samantha non ha un sentimento 
                            materno insoddisfatto da colmare; il suo è un atto 
                            di generosità, generato da un amore disinteressato. 
                            Siamo ancora capaci, noi europei, di compiere simili 
                            azioni senza calcoli personali e, soprattutto, senza 
                            suscitare sospetti altrui? 
                            Indimenticabili le corse a piedi del piccolo Cyril, 
                            con la sua maglietta rossa, per le strade, fra le 
                            macchine, di giorno, di notte; indimenticabili anche 
                            le sue corse in bicicletta, così sproporzionate 
                            rispetto alla potenza e alla solidità delle 
                            macchine, degli autobus, delle motociclette. Un 
                            confronto impari quello tra il mondo degli adulti e 
                            il mondo di quei ragazzini che nascono socialmente 
                            estremamente svantaggiati. Quanta fatica, quanto 
                            fiato, quanta forza nelle gambe! E la tristezza per 
                            quanto ha subito Cyril, e i tanti Cyril che si 
                            muovono, di corsa e in bicicletta, per le strade di 
                            questa Europa, fa male.  
                            Tuttavia c'è speranza per questo ragazzo che così 
                            piccolo ha già conosciuto i dolori e le violenze più 
                            tremende; c'è speranza (paesaggi luminosi, 
                            ariosissimi, ripresi nei dintorni di Liegi) e questa 
                            speranza, questo sbocco ottimistico è una novità 
                            nella filmografia dei fratelli Dardenne, di cui, a 
                            memoria, non ricordo alcun lieto fine. E basti 
                            pensare a "Rosetta", "L'enfant" e "Il matrimonio di 
                            Lorna" solo per citare i primi tre che mi sono 
                            venuti in mente. 
                            Un film prezioso che si è avvalso della luminosa 
                            presenza dell'attrice belga Cécile De France (già 
                            ammirata in "Hereafter" di Clint Eastwood), 
                            asciutta, vera, tenacissima; del tormentato padre 
                            interpretato da Jeremie Renier (un veterano dei 
                            films dei fratelli belgi) e del nervoso, secco Tomas 
                            Doret che interpreta magnificamente la figura di un 
                            piccolo, ma ostinatissimo sopravvissuto ai dolori 
                            precocissimi che hanno attraversato la sua 
                            esistenza. 
                            Forse non è il più perfetto tra i loro films; c'è 
                            difatti qualche sbavatura e qualche approssimazione 
                            in alcune battute, in certi dialoghi di una 
                            sceneggiatura firmata dagli stessi Dardenne; sviste 
                            impensabili nelle pellicole precedenti; sviste che 
                            non hanno impedito loro di aggiudicarsi Il Gran 
                            Premio della Giuria al Festival di Cannes 2011. 
                             
                            * * * 
                             
                            LE DONNE DEL 6° PIANO 
                            di Philippe Le Guay 
                            con Fabrice Luchini, Natalia Verbeke, Sandrine 
                            Kiberlain 
                            2011- Francia 
                             
                             
                            In Francia vengono chiamate "chambres des bonnes". 
                            Sono monolocali ricavati nei sottotetti dei palazzi 
                            costruiti a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo in 
                            cui, un tempo, alloggiava la servitù che lavorava 
                            per i signori dei piani più bassi.  
                            Oggi sono monolocali affittati per lo più a studenti 
                            stranieri ma durante il film, che si svolge nel 
                            1962, al sesto piano di un elegante palazzo troviamo 
                            un gruppo di cameriere spagnole ricche di allegria e 
                            temperamento, in netto contrasto con il rigore 
                            austero di una Parigi fredda e poco ospitale.  
                             
                            Maria, una ragazza spagnola bella e determinata, 
                            trova lavoro presso la famiglia borghese di un 
                            investitore in borsa. Grazie ai suoi modi di fare e 
                            a una grande abilità nel cucinare l'uovo alla coque, 
                            la ragazza non impiega molto a risvegliare i sensi 
                            del padrone di casa di mezza età, anestetizzato da 
                            una vita sempre uguale e da una moglie arida e 
                            convenzionale che riesce ad immaginare come sua 
                            rivale solo una ricca vedova e non una povera 
                            cameriera che pulisce l'argenteria nella stanza 
                            accanto.  
                            In breve tempo monsieur Jobert (un sensibile Fabrice 
                            Luchini) diventa l'idolo del gruppo di donne del 
                            sesto piano alle quali, per prima cosa, fa sistemare 
                            i servizi igienici e poi finisce col condividere le 
                            stanze di vita quotidiana, attraverso feste a base 
                            di paella e picnic in campagna.  
                            Ma Maria nasconde un segreto: un figlio del peccato 
                            dato in adozione anni prima. Tra l'amore per il 
                            datore di lavoro e il desiderio di porre rimedio 
                            agli errori del passato, la ragazza sceglierà la 
                            seconda strada.  
                            Ma un sentimento vero non muore mai, nemmeno dopo 
                            tre anni di lontananza. Lo sa bene chi l'amore lo ha 
                            conosciuto veramente, tanto da indicare a un 
                            innamorato infelice la sua strada verso il paradiso.
                             
                             
                            "Le donne del 6° piano" (Les femmes du 6ème ètage) è 
                            una commedia romantica e delicata, a metà strada tra 
                            un Almodovar molto ma molto edulcorato (non per 
                            niente tra le varie attrici c'è anche Carmen Maura) 
                            e "Le fate ignoranti" del nostro Ozpetek, anche se 
                            il tutto è rigorosamente contenuto nei limiti 
                            dell'eterosessualità. 
                            È la solita favola di Cenerentola, in cui Fabrice 
                            Luchini ripercorre i passi della mitica Cher di 
                            "Stregata dalla luna", scoprendo quali strani 
                            scherzi possano giocare fato e cuore, mentre 
                            l'argentina Natalia Verbeke ricorda l'Antonelli di 
                            "Malizia" nel portare a galla i vizi privati del 
                            perbenismo degli anni sessanta. 
                            Tra De Gaulle e Franco, giustamente solo citati, il 
                            film evita qualsiasi analisi politica e sociologica, 
                            limitandosi a farci notare come troppo spesso 
                            viviamo accanto alle persone senza sapere nulla di 
                            loro. 
                            Non è un capolavoro, ma piacerà ai cuori teneri che 
                            hanno ancora la pia illusione che basti l'amore per 
                            ovviare a qualsiasi altra differenza. 
                             
                            Mario Gardini
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