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Narrativa

La capsula di Massimo Acciai, Il lupo di Massimo Acciai e Antonella Pedicelli, Disordine di pensieri di Antonio Caterina, Il deserto e la città di Elisabetta Giancontieri, La cura di Andrea Mucciolo, La macchina del tempo di Andrea Mucciolo, Il cellulare di Massimo Acciai e Andrea Mucciolo, Isaia di Matteo Nicodemo, Resoconto del Viaggio nelle Province Occidentali di Paolo Ragni

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai e Matteo Nicodemo, Stefano Calosso, Andrea Cantucci, Antonio Carollo, Antonio Caterina, Rossana D'Angelo, Lucia Dragotescu, Eleonora Ruffo Giordani, Carolina Lio, Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Dario De Lucia, Amanda Nebiolo

Interviste

Intervista a Dario De Lucia
a cura di Massimo Acciai
Il Simposio di Poeti: Intervista a Giovanna Salerno
a cura di Massimo Acciai

Recensioni

- "Pensieri a banda larga" di Dimitry Rufolo
- "Tre metri sotto terra" di Massimiliano Nuzzolo
- "Fiori d'anima" di Eleonora Ruffo Giordani, nota di Massimo Acciai
- "Basso Impero" di Claudio Comandino, nota di Enrico Pietrangeli
- "Autunno tedesco. Viaggio tra le rovine del Reich millenario" di Dagerman S.
- "Senza dirsi" di Ettore Giaccari
- "La voce come medium: Storia culturale del ventriloquio" di Steven Condor
- "Tre mesi di febbre- Storia del killer di Versace" di Gary Indiana
- "La memoria dell'acqua" di Antonio Messina, recensione di Patrizia Garofano
- "Le vele di Astrabat" di Antonio Messina, recensione di Monica Cito
- "Il racconto ulteriore" di Flavio Ermini, nota di Enrico Pietrangeli
- "Adottato" di Josè Monti
- "Trame di mutevoli speranze…" di Concetta Angelina Di Lorenzo, nota di Massimo Acciai
- "Canti dai mobilifici o maledizioni in Brianza", a cura di Fabio Paolo Costanza
- "Vangelo di Giuda" di Antonio Bica, recensione di Simonetta De Bartolo
- "101 sms d'amore e d'odio" di Anna Maria Volpini, nota di Massimo Acciai
"Ad Istanbul, tra pubbliche intimità" di Enrico Pietrangeli, nota di Massimo Acciai
- "Teatro totale" di Alfio Petrini, nota di Enrico Pietrangeli

Saggi

Altermodernismo e poesia
Articolo di Apostolos Apostolou
L'estetica e la poetica come dinamica dell'espressione filosofica?
Articolo di Apostolos Apostolou
Il libro digitale, o e-book, ha un futuro?
Articolo di Andrea Mucciolo
La poesia non so cosa sia
Articolo di Cesare Lorefice

In questo numero segnaliamo...
 


E' uscito in prevendita online il libro:
"Pensieri a banda larga"
(di Dimitry Rufolo)

Disponibile unicamente sul sito: www.altromondoeditore.com
(con possibilità di scaricare un anteprima)
Presentazione casa editrice:
"Elegante e affascinante silloge poetica, "Pensieri a banda larga" ci porta oltre, in un entusiasmante viaggio tra liriche disincantate affrontate con un linguaggio immediato e tormentato"

Introduzione dell'autore:

"Pensieri a banda larga" non è altro che il ronzio continuo della mente che ci accompagna in ogni momento della giornata. E' un'opera in continua evoluzione e cresce o decresce in base allo stato d'animo,le immagini, i suoni.
Non è un racconto, non sono poesie, il filo conduttore di questa raccolta è la serie di immagini che evoca. Fotogrammi su una pellicola,
purtroppo o per fortuna, estremamente sensibile.

Dimitry Rufolo é alla sua prima esperienza letteraria, autodidatta,  operaio, poeta di strada, musicista girovago, musicista stanziale, spettatore, uomo comune, marito ed amante.
E' nato a Parma il 22 luglio 1967. Risiede sullo stesso vostro pianeta,
probabilmente non lontano da voi. Buona lettura.

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Jost Multimedia e
Coniglio Editore
sono lieti di presentarVi
il nuovo libro di Massimiliano Nuzzolo

"Tre metri sotto terra"

con le illustrazioni di Giorgio Finamore.
Un'Antologia di Spoon River del 3°millennio, carica di ironia, cinismo, amore e dolore.
Dalla penna dell'autore de "l'ultimo disco dei Cure"
un libro urticante ed esilarante
che vi farà vedere la Morte in un modo del tutto nuovo.
In atto una serie di eventi che promuovono il libro: dai concerti insieme a band di rilievo nazionale (oltre ai Soluzione), prodotti da M.Nuzzolo e collaboratori del filosofo Manlio Sgalambro, un roster assai ricco in via di definizione), a dj set, a hot partys, a installazioni, su tutto il territorio italiano.
www.myspace.com/tremetrisottoterra_book

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Cludio Comandini
Basso Impero
Sovera - 2006 - 12,00 Euro


Questo romanzo d'esordio di Claudio Comandini è ambientato nell'hinterland di un' ex provincia ormai logora di troppi eventi o, altrimenti, svanita tra ricordi di dolce vita. Nel cuore di quello che un tempo fu, nonostante tutto, anche impero, si anima, accanita e puntuale, una penna (o tastiera che si voglia) pronta a scandagliare ricercando ogni possibile riferimento ormai inesistente nel suo essere licenziosa e irriverente. Una scrittura canalizzata in un fondo, quello di un Basso Impero che, attraverso secoli ricolmi d'intrighi e cortigiane, si avvicenda ancora, longevo e implacabile, espletandosi in tutto il suo più infimo degrado. Siamo agli sgoccioli del Novecento, corre l'anno 1994 e l'Italia conosce il suo primo governo Berlusconi. Comandini, per l'occasione, trova due date intense ed evocative per meglio rimarcare la sua narrazione, quella del 25 aprile e quella dell' 8 settembre: dalla liberazione all'armistizio. Con questa stessa sequenza, traccia principio ed epilogo di tutti gli accadimenti che si susseguono nel suo libro. Sono eventi racchiusi in un diacronico accavallarsi di sequenze che imperversano, ma non a caso, rappresentando una stagione rissosa, persino dolorosa e nondimeno provocatoriamente spassosa. Sono mutamenti che toccano anche luoghi disconnessi nella memoria, davanti una televisione spenta che parla e un calendario senza giorni penzolante sul muro. C'è un bar che anima il tutto insieme alla piccola comunità che vi bivacca intorno. Dentro ci scorrono i personaggi del luogo, con le loro singolari vicissitudini, che si alternano in un comune vivere divenuto inconsulto. Ci sono Ludovico, Porkospin, Cecco lo sciamano, il grande amico Eugenio e le "femmine" che, sebbene qui vengano meno come tematica portante, prendono qua e là il sopravvento, fino ad occupare letteralmente un'intera pagina attraverso i loro attributi più intimi. Attributi dove lasciarsi andare in elucubrazioni mitologico-filosofiche con voluttuosità canzonatorie; cavalcare ardite fantasie per stordirsi nell'esperienza e galoppare, dopotutto, sul "fondo". Bukowski che fa capolino, ma qui abbondano anche androgeni transessuali. L'amore c'è, mai scritto maiuscolo eppure totale ed incondizionato: è quello sentito per Serena. Ishtar è la loro gatta invalida, trovata in fin di vita, dentro un cassonetto dei rifiuti, sarà lei la loro complice e più diretta testimone. In questo "basso impero dove solo i servi hanno potere" compare, in primis, Jim Morrison, ci parla in greco e scivola sulle labbra "aspirapolvere" delle ragazze "crickcrock". Mito e mercato post mortem non potevano tralasciare Kubain coinvolgendo persino Hegel ne "l'effettualità come criterio decisivo del farsi della realtà". Un Basso Impero "maionese globale" dove The end è "l'unica canzone dei Doors da non sembrare datata", "uovo del mondo alla fase terminale" con qualche turbato sorriso acceso sulle note di On the Sunday of Life dei Porcupine Three o Sunday morning dei Velvet. Stile fluido e intenso, fortemente intellettualistico nel suo essere triviale, ma che non rinuncia a calarsi nel gergo del mondo di cui, in fin dei conti, è parte: "a uno scudo dal collasso". Tanta foga, rabbia, denuncia, tanto passato prossimo ancora da archiviare, che pulsa di armonioso disordine, materia viva e ancora tutta da plasmare, così scorrono i tanti aneddoti descritti da Comandini. Storia, oltre storielle e inferni personali che si aprono tra chiassosi echi delle risa di amici; fantasmi che, puntualmente, ritornano. La strage di Bologna, in questo libro, potrebbe rappresentare un comune nodo per tutto, tanto nel personale del protagonista quanto nelle più pubbliche faccende di questo paese. La memoria intanto corre, ritorna in Grecia, ai viaggi con Serena e i ricordi di scuola. Tragedia e piacere s'incontrano. Un'amara casualità è quella della notizia dell'attentato sopraggiunta sul primo acerbo piacere di un'eiaculazione, nella più aspra, pungente e vitale poesia adolescenziale.

Nota di Enrico Pietrangeli - 2007

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La voce come medium
Storia culturale del ventriloquio
di Steven Connor
con prefazione di Alberto Abruzzese e Davide Borrelli

prezzo euro 20,00
formato cm 14,5 x 24,5
numero di pagine 432
collana Numerus
settore saggistica

Cosa ha in comune l'antica tecnica del ventriloquio con i mezzi di comunicazione di massa e i new media?
La voce come medium ricostruisce la storia cuturale del ventriloquio: dall'oracolo di Delfi, ai fenomeni del misticismo religioso e a quelli della possessione demoniaca, dalle prime macchine parlanti alle invenzioni moderne del telegrafo e del telefono. Non solo: il ventriloquio diventa, nel testo di Connor, la chiave interpretativa per spiegare i media. Come?
Il ventriloquio è quella tecnica vocale con cui si produce una voce umana senza far sì che gli altri se ne accorgano, così che possa essere attribuita a un'altra entità. Tutte le tecnologie di comunicazione di massa (la radio, il cinema sonoro, la televisione, internet) sfruttano il principio della voce dissociata, della voce altra di cui non si vede direttamente la sorgente.
La voce disincarnata e smaterializzata dei nuovi strumenti tecnologici diventa così una parola alterata, "una parola altra, anzi la parola dell'altro che insospettabilmente si rivela abitare in noi": una forma di potere di cui questo libro ci rende consapevoli. Leggere La voce come medium aiuta infatti a comprendere i principi su cui si fondano le tecnologie di comunicazione di massa e il perché della loro irresistibile capacità di affascinarci e incantarci.

Steven Connor insegna Modern Literature and Theory al Birbeck College di Londra, ed è Academic Director del London Consortium. Ha pubblicato studi e saggi su Dickens, Beckett, Joyce, il romanzo inglese contemporaneo e la cultura post-modernista. Questo è il suo primo libro tradotto in Italia.

Alberto Abruzzese è ordinario di Sociologia della comunicazione all'università IULM di Milano. È autore di numerosi saggi sulla comunicazione e sui nuovi media, da Forme estetiche e società di massa (Marsilio 1973) fino a Lessico della comunicazione (2003). Per Luca Sossella editore pubblicherà la nuova edizione de La grande scimmia.

Davide Borrelli è ricercatore di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università di Lecce. Insieme ad Alberto Abruzzese ha pubblicato L'industria culturale. Tracce ed immagini di un privilegio (Carocci 2000) e per Luca Sossella editore Il filo dei discorsi. Teoria e storia sociale del telefono (2000).

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Autore: Gary Indiana
Titolo: Tre mesi di febbre- Storia del killer di Versace
Traduzione di F. Accurso, 2005, 320 pagine, 14,60 euro

Quasi dieci anni fa, il 15 luglio 1997 lo stilista Gianni Versace fu assassinato nella sua lussuosa villa a Miami, in Florida. Fu una vera e propria esecuzione: dopo un primo colpo alla nuca, Versace fu colpito al viso quando era già a terra. Morì poco dopo al Jackson Memorial Hospital. Le indagini della polizia individuarono il colpevole nel venticiquenne filippino Andrew Phillip Cunanan, un ragazzo gay che forse aveva già ucciso quattro persone in precedenza e che mise fine alla sua vita pochi giorni dopo l'omicidio dello stilista per sfuggire agli inquirenti che avevano individuato il suo nascondiglio. Ma resta il mistero.

L'omicidio, ricostruito e narrato da Gary Indiana in un appassionante reportage sulla storia e la vita di Cunanan, viene oggi ricordato per un triste primato: è stato infatti inserito nella classifica dei "Venticinque maggiori crimini del secolo" stilata dal Time. L'omicidio dello stilista è stato incluso infatti nell'Olimpo dei casi celebri, accanto al delitto O. J. Simpson, all'irrisolto caso di Elizabeth Short - la "Black Dalia" di Ellroy, e solo qualche gradino più su del massacro scolastico raccontato da Michael Moore in "Bowling a Columbine" e da Gus Van Sant in "Elephant".
Gary Indiana (pseudonimo di Gary Hoisington, nato nel 1950) è uno scrittore e giornalista americano. È autore di numerosi libri di fiction e non-fiction, tra cui Do Everything in the Dark, Depraved Indifference, Rent Boy, Resentment, e Let It Bleed. Da giornalista, ha scritto per Village Voice, Los Angeles Times Book Review, e la London Review of Books. Vive tra New York e Los Angeles.

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La Memoria dell'Acqua
autore: Antonio Messina
edizioni il foglio luglio 2006

"per vivere occorre morire a se stessi "ultima lettera di Van Gogh da Londra al fratello Theo

" la memoria dell'acqua" di Antonio Messina si articola sulla musicalità di rimandare al cuore ( re-cordor) la ricerca dell'archetipo pur consapevole che, una volta ripartorito, sarà di nuovo fragile e corrompibile dagli stereotipi che regolano la vita di tutti i mondi possibili.
Il testo si snoda senza tempo, luogo, spazio o perlomeno questi elementi sussistono come mezzi di una ricerca, di una sosta che consoli e rinfranchi nei confronti di un mondo quale dovrebbe essere.
Tutto sarà di nuovo contaminato e spingerà ad infinite ricerche, tutte soste quindi all'andare incerto e fragile del vivere, tentativi di vita nella memoria dell'acqua come rigenerazione.
Il mondo è un Parnaso devastato dall'uomo e dalla sua logica, Eden imbrattato da caparbietà e ignoranza; l'uomo è costretto a spingersi tra crolli e rigenerazioni, tra illusione e realtà, tra amore e tragedia a cui però manca il compianto del coro che tanto i greci amavano come momento di consolazione.
Fortunatamente però i muri si sbriciolano, lasciando fessure e crepe, qualche eletto potrà passare, cercare l'inammissibile e viverlo anche senza progettualità eterna.
H.Hesse titolava il suo capolavoro " Siddartha", la radice tedesca indica " colui che cerca " e il non trovare diventa ipotesi non esclusa ma non per questo meno vitale, proprio nella convinzione che la meraviglia del vivere precipita sempre nel suo contrario , in un alternarsi senza soste.
Thana non ha forse l'etimo di thanatos pur presentandosi come espressione di bellezza e amore?
Vita e morte percorrono quindi il testo del nostro autore che guarda con gli occhi di chi sa che è necessario dare concessione di vita al sogno, al mistero e all'abbandono della logica.
" vedevo il cielo flettersi, tinto di cremisi al centro; le rondini navigavano tra i corridoi di nuvole che il vento apriva in quell'attimo. Erano belli i colori d'Egretus, il lungo promontorio che si allungava ai piedi di una spiaggia di sabbia fine che si perdeva a vista d'occhio. Il freddo si era fatto pungente, e la pioggia si era tramutata in neve; farfalle argentee brillavano nel cielo crepuscolare, ridando espressivita' a quel mondo che ricordava l'antico, ad un cielo indeciso pronto a diluirsi nel mare…" pag19
L'acqua lava, pulisce, purifica, è iniziazione di vita, l'acqua parla, consola, è mare, viaggio, perdita, libertà, volo, musica…

Si unisce alla terra solo per chi guarda l'orizzonte ma ne rimane perennemente staccata come un altro mondo. Il rimandare " la memoria dell'acqua" di Antonio Messina a simbologie greche destinate ad una caduta degli Dei, mi sembra riduttivo. Nel testo, Dei e mondi senza tempo scendono a terra, si incorporano in un laico panteismo e ci permettono di cogliere l'eternita' dell'attimo che proprio come tale, costituirà l'eterna traiettoria della vita.
Il nostro autore invece conferisce all'archetipo una veste meno consueta. Affida al segno la capacità costante di esistere come "connotativo" e restituisce alla PAROLA la comunicazione del cuore, del sogno, del meraviglioso, del sorprendente.
E' la parola, l'archetipo musicale che ci dona questo libro, la cura di essa come RITROVATA MADRE… ricercata cantilena d'amore, come fotografia consumata dai sentimenti e dallo sguardo.
E ogni volta, Antonio Messina, muore a se stesso, in un mondo che della parola non sa più cosa farsene, per volare ancora con essa, liberare le catene, esprimere un patto d'amore , di sincerità e di vita.

Recensione di Patrizia Garofalo
ottobre 2007

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Le vele di Astrabat
Antonio Messina

Nota introduttiva di Monica Cito
In copertina La dama del drago di Angela Betta Casale
Realizzazione grafica di Oscar Celestini
Edizioni Il Foglio
http://www.ilfoglioletterario.it/
lupi@infol.it
Pagg. 115
ISBN: 9788876061578
Prezzo: € 10,00

Quando mi appresto ad aprire un libro di Antonio Messina avverto già una trepidazione, perché so che sto per avventurarmi in un universo sconosciuto, in un mondo situato su un piano dove l'irrealtà è il riflesso, mediato dalla mente dell'autore, della realtà che ci circonda e in cui siamo immersi.
Leggere le storie di questo grande scrittore è come fare un viaggio nell'onirico e perciò al primo impatto può apparire anche incomprensibile, tanto che consiglio vivamente una preventiva lettura dell'eccellente nota introduttiva di Monica Cito.
Personalmente non trovo grandi difficoltà perché affronto il testo con lo stesso metodo che adotto con la poesia, nel senso che mi lascio andare, mi astraggo completamente da ciò che mi circonda e senza la necessità di soffermarmi sui vari punti proseguo la lettura in modo piuttosto rapido, tanto che assai alla svelta arrivo al termine del testo.
Ritengo anche doveroso precisare che i generi a cui ricorre Messina per mostrarci il suo mondo generalmente non rientrano fra i miei preferiti, passando dal fantasy de La memoria dell'acqua al fantascienza-fantasy, visti certi richiami mitologici, de Le vele di Astrabat. Tuttavia, affronto la lettura senza nessuna ritrosia e mi immergo completamente in un'altra dimensione.
Non sto a delineare la trama, fatta di apparenti discontinuità, ma ci tengo a precisare che il lavoro concettuale già avviato con l'eccellente La memoria dell'acqua qui è diventato più chiaro, in questa ricerca, che non è solo letteraria, di fuggire dall'estrema materialità della vita corrente per rifugiarsi in un sogno, dove elementi del passato si accavallano, si fondono, si dividono, implodono con visioni del futuro, quasi a dimostrare come sia vero che il concetto di tempo sia solo umano.
In questo senso l'autore ci prende per mano per accompagnarci nella sua realtà, senza tuttavia imporcela, perché le immagini caleidoscopiche che ci scorrono davanti possono essere viste a nostro piacimento, con la possibilità così di costruirci un nostro sogno, un rifugio a cui approdare dopo la tormentata esperienza di una vacuità morale del mondo in cui siamo.
L'abilità di Antonio Messina è di avere una scrittura in bilico fra la prosa e la poesia, con l'innegabile vantaggio, così, di poter far apparire come concrete cose che non lo sono, una tangibilità che aiuta il lettore nella completa immersione in un mondo che reale non è.
Astrabat è un pianeta di Sabbie e di Ombre, dove c'è un vento miracoloso che riesce a rigenerare le cellule, così da permettere agli uomini di rinascere. Ma è anche una metafora della storia umana, di una continua serie di apogei e di decadenze, di nascite e di morti, in un disegno i cui motivi non ci è dato di conoscere e che annulla di fatto il tempo.
Può venire in mente il bellissimo film di Kubrick 2001 Odissea nello spazio, ma non è così, perché Le vele di Astrabat ha una sua dignità autonoma, ha una forza che scaturisce dalle parole e che può consentire, a chi l'accolga pienamente, di rendersi conto di quanto potrebbe essere bella la vita solo che noi lo volessimo, solo che rinunciassimo all'egoismo per percorrere insieme, solidalmente, il viaggio terreno.
Non ci sono forzature, né imperativi nel procedere del testo, ma solo una sottile pacata malinconia che induce ad accogliere a braccia aperte il messaggio filosofico che lo permea.
Le vele di Astrabat è un'opera di elevato valore, da leggere, rileggere, assaporare prima con il cuore e poi con la mente.

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A cura di Flavio Ermini
Il racconto ulteriore
Moretti e Vitali - 2006 - 18 Euro

Il Racconto ulteriore, "antecedente all'intelligibilità" nella contrapposizione di un tempo mitico alla desolante contemporaneità di una terra già esplorata da Eliot, è un progetto che vede Flavio Ermini coordinare dei pensatori nel "gesto narrativo". L' "inquietudine dell'imprevedibile" ci ha condotto verso false certezze allontanandoci dal vero senso della tradizione, dall'origine. Dal chaos, nello stesso gesto della creazione sussiste ancora, inalterata, l'energia per una prospettiva ulteriore, devoluta a un sapere autentico, non più reso asettico, e considerato nel suo originario contesto organico. Bonnefoy lo fa attraverso una possibile variante per la cacciata dal giardino. Un punto in cui il tempo non ha avuto ancora inizio, dove l'immediato e il mediato, opportunamente affrontati da Vitiello nell'episodio finale, sono ancora "erranza nell'eterno" e prendono forma col giorno, nell'esperienza, tra l'eco di un flauto, mediando dolore e speranza. Prima o dopo divengono l'intangibilità del tempo dove l'archetipo, riflesso nella forma, si tramanda nel mito, restando impresso tra luci e ombre. Nel tema della leggenda primordiale resta ancorato anche Félix Duque, è quella indigena della foresta e del suo lago, mentre, a poca distanza, si consuma "l'imminente fine di questo mondo", tra disastri ecologici e notiziari flash sul terrorismo. Quella di Labarthe è un'Allusione all'inizio migratoria, iniziatica ed incentrata sulla comunicativa, in un viaggio che ci vede dubitare e disperderci, ricominciare: possibile metafora della stessa vita. L'arcangelo, con Antonio Prete, dalla sua sostanza di luce, viene a contatto col tempo e la disgregazione della materia. Vive con rammarico i suoi fallimenti, la distrazione di una colpa ancestrale. E' questa la prima delle Tre storie sul tempo e l'apparenza, quale "impossibile somma d'infiniti vuoti" nell'epilogo della sera: lo scorgere finalmente il sorriso di una bimba ricongiunta al suo gatto. Articolato e dettagliato è il ritratto ginevrino di Roberta De Monticelli che, traversando memorie e riflessioni, approda su più acquietanti sogni in una "fragorosa e sporca" piazza toscana. Spinoza, l'ottico, tanto ebreo quanto eretico, con Tagliapietra lo ritroviamo che si diletta coi ragni e sarà specchio di una risata che è dio, vittima e carnefice nelle vesti di un Benjamin portato al martirio, ancora immerso nella lettura di Ethica. Uno Spinoza che ricorre anche con Vitiello, ricordandoci "che ogni definizione è negativa" e che, con Jean Luc Nancy, ci riporta a quel "sentiamo e sperimentiamo il nostro essere eterni". Interessante il contesto in cui si sviluppa Diario, "fluttuante in un'incerta intemporalità" che va dal 4 al 10 novembre 2002. Realizzato per conto della rivista Parallax, vede qui la sua versione italiana dopo essere stato tradotto in inglese. Il marionettista di Givone, unitamente al racconto di Tagliapietra, è, a mio parere, tra gli episodi più centrati, almeno in relazione all'intento narrativo preposto. Tutto il fascino e la magia dello spettacolo dei burattini viene rilevato allontanando lo spettro di un demiurgo dietro le quinte, restituendoci personaggi con un'anima sottesa ad un filo tramite cui comunicare, finanche a recepire "dal basso" "le sollecitazioni sceniche". Ironico ed incisivo giunge Carlo Simi che, attraverso l'antica e collaudata formula del dialogo, ci trasporta nel mondo delle fiabe che preannunciano ciclicità atemporali. Con Donà ci si addentra in tematiche che includono risvolti psicologici, mentre con Gargani si abbandona il filone narrativo soltanto per meglio sviscerarlo con esiti che, personalmente, trovo convincenti, soprattutto per quell' "indissolubile legame" tra "etica e scrittura" ricordato anche attraverso il monito di Wittgenstein: "non possiamo scrivere qualcosa di vero se non siamo veri". Riportare la figura dell'intellettuale ad un suo più connaturato baricentro rendendogli la giusta attenzione, a partire dall'operato scientifico e politico, potrebbe essere un varco aperto da questo libro, poiché in queste condizioni, come Gargani stesso afferma, "non c'è da sorprendersi che fenomeni mafiosi si estendano all'ambito dell'organizzazione della cultura e del mondo accademico"

Nota di Enrico Pietrangeli - 2007

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Titolo Libro: Vangelo di Giuda
DA TRADITORE A EROE?
Nome Autore: Antonio Bica
Casa Editrice: Fermento
Anno Edizione: 2006
Codice ISBN: 88-89207-39-6
Pagine: 89
Prezzo: 8, 00 euro


Un testo, il Vangelo di Giuda, necessario ed equilibrato in ogni sua parte, che tiene desta l'attenzione del lettore e fa crescere sempre più l'interesse per argomenti resi spesso ostici dagli esperti in materia. L'autore, Antonio Bica, propone, con particolare chiarezza discorsiva e di contenuti, la genesi e gli adattamenti dei Vangeli, la scoperta del Vangelo di Giuda e gli "aspetti alternativi del messaggio di Gesù", inquadra Giuda e il suo maestro nel contesto delle lotte delle fazioni politiche oltranziste contro l'occupazione romana della Palestina, presenta le guerre di predominio fra le sette agli albori del cristianesimo come antefatto del formarsi dell'ideologia cristiana ortodossa, della gerarchia e del potere ecclesiastico. Tutto in una sintesi che svela la passione, ben radicata, per la materia religiosa e l'urgenza interiore dell'autore di farla conoscere ad altri, l'indulgenza verso i "cervelli cheti" e le " menti spente", l'onestà intellettuale, l'aderenza al fatto storico documentato, la prudenza nell'analisi e nel giudizio, indispensabili per un apporto costruttivo a delle problematiche storico-politiche, filosofico-teologiche, ecc., le cui propaggini arrivano ai giorni nostri. Ma soprattutto la determinazione di contribuire al rafforzamento dello spirito critico, l'invito a rifuggire dallo sterile dogmatismo e a non sottovalutare il relativismo storico-culturale di ogni verità. Giuda non è più traditore, ma discepolo prediletto di Gesù ed eroe con funzione salvifica. L'autorità assoluta e il potere di successione della Chiesa sono delegittimati dal pensiero gnostico, che, rivoluzionario e moderno, presuppone in Dio l'elemento maschile e quello femminile.
L'autore, già nell' "Antefatto", rivela con lieve ironia e con orgoglio, tra note di profonda e sincera malinconia per i ricordi della sua infanzia e tra accenti d'amore per la sua Sicilia, il suo precoce scetticismo su una provvidenzialità agente nella storia, la sua innata avversione contro le certezze mai poste al vaglio della ragione, rivendica per sé e per tutti gli uomini il diritto di percorrere in piena libertà la strada della ricerca del vero, ammette gli umani limiti del pensiero e il permanere di interrogativi mai risolti.

Simonetta De Bartolo

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Canti dai Mobilifici o maledizioni in Brianza
a cura di Fabio Paolo Costanza
http://www.cantidaimobilifici.blogspot.com/

Un fantasma si aggira per Milano. Questo fantasma è la Brianza. Beh, l'importante è saperlo… Riconoscere un appartenente a questa che non è una razza (del resto solo due degli autori presenti in questa antologia sono brianzoli purosangue) ma una falange armata, non è particolarmente complesso. In primo luogo osservate la camminata. I Brianzoli rimbalzano. Molte ipotesi sono state proposte per spiegare questa curiosa peculiarità: le origini rustiche, la necessità di spostarsi quasi unicamente a piedi in terre tormentate, i tendini corti, l'alcool… Molto probabilmente l'alcool. Del resto il brianzolo beve, beve molto. Non è certo l'unico, lo sappiamo, ma il brianzolo beve in modo diverso: beve di più. Nella sua villica gola si rovesciano (in entrambe le direzioni) i destini di Negroni, Campari col bianco, birra, vino, gin, con la tonica o il limone, in un ordine che generalmente è molto simile a questo che è però solo uno scarno campionario degli intossicanti cui il brianzolo è aduso. Egli poi, segno di viva schizofrenia, conduce vita duplice, i cui aspetti esistono in realtà del tutto scollegate: di giorno si presenta come fervido lavoratore, pilastro della società, e chiuso nelle segherie, nei mobilifici, nelle redazioni e negli uffici alacremente si guadagna il pane; di notte invece, novello mr Hyde, tutti i guadagni di una giornata onesta si perdono in vagabondaggi etilici e criminosi che sembrano non puntare ad alcunché di concreto e sano. L'importante è saperlo. E noi qui di una sottorazza ancora più perniciosa stiamo parlando, di un manipolo (ma non sperate che il loro numero sia così ridotto!) di individui che vita triplice, conducono! Lavorano, sì, si abbrutiscono, certo, ma di tanto in tanto persi in qualche sogno sicuramente originato dai veleni di cui si rimpinzano, si isolano, sudano abbondantemente, e scrivono. Ma anche per costoro esistono indizi che possono aiutare le persone di onesti sentimenti a individuarli ed evitarli con cautela. Li potete trovare al bar, loro luogo di elezione, a notte alta (che non gli serve mai da ispirazione, ma da cornice, e molto spesso compagna), in piedi vicino alla porta. Sono pronti ad uscire. Forse soltanto perché fuori si può fumare. Ma escono, per entrare in quel loro personale ridicolo mondo dal quale traggono i loro bizzarri sogni, fatti di viaggi mai fatti, amori mai avuti o mai persi, apocalissi, e quella misteriosa sensazione senza nome che non è riso e non è pianto e dalla quale non sanno uscire, perché pensano sia troppo facile chiamarla solo "malinconia". E vino. Questi individui riescono persino a scrivere di alcool, ne motivano le loro parole stesse, ubriacando la carta e la penna. Terribile! E tutto questo poi, per vie frequentemente traverse, lo afferrano e lo mostrano al mondo. Fieri, come bimbi col vasino pieno. Un fantasma si aggira per l'Europa, e questo fantasma è la Brianza, i suoi poeti e i suoi peccati. Ricordatevene! L'importante è saperlo.

L. Balducci.

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Concetta Angelina Di Lorenzo
Trame di mutevoli speranze
L'Autore Libri Firenze, 2007


Concetta Angelina Di Lorenzo è nata a Crotone e vive a Bologna. Poetessa, narratrice, pittrice su ceramica e vetro, ha ricevuto numerosi riconoscimenti in importanti manifestazioni nazionali e internazionali.

Un libretto che parla di guerra, di attualità, ma anche di pace, di serenità, di paesaggi e di sensazioni intime, di angeli, di silenzi, di momenti della giornata vissuti con intenso lirismo. Poesie dove trovare la semplicità insieme a meditazioni sull'Universo e sulla fede. L'opera si apre significativamente con le sensazioni del mattino, che ispira freschezza e mistero ("Risveglio") e si chiude con una riflessione sul perduto paradiso ("Il giardino") e sull'eterno ciclo di albe e tramonti che accompagnano la storia di "creature incatenate al loro destino".

Massimo Acciai

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Eleonora Ruffo Giordani
Fiori d'anima
Vitale Edizioni, 2007
http://eleonoraruffogiordani.splinder.com/

Eleonora Ruffo Giordani è nata in Sicilia dove risiede e vive tuttora. Esercita la professione di insegnante ed ha conseguito nel tempo, diverse specializzazioni. Fonda un'Opera di Volontariato Missionario nella sua città e si dedica ai poveri più poveri del luogo intraprendendo un cammino interiore che la portano a scrivere pagine spirituali per la comunità dell'Opera che guidava e, ancora guida nonostante le notevoli difficoltà. Giovanissima fece l'esperienza di aspirante novizia, voleva dedicarsi ai lebbrosi del Brasile, ma la malattia della madre glielo impedì. Un giorno con grande sorpresa legge una recensione ad una sua poesia a cura del poeta e critico Reno Bromuro, seguita da ulteriori recensioni. Partecipa, a concorsi importanti di Poesia classificandosi terza al Concorso "Arden Borghi Santucci-una poesia d'amore indetto dall' A.I.A Alcune sue liriche vengono pubblicate in Antologie letterarie.

"Fiori d'anima" … un titolo che porta la mente ad una dimensione interiore disposta all'ascolto, alla contemplazione. Eleonora, poetessa siracusana, parla spesso d'Amore in queste liriche: un amore mistico, un amore con la maiuscola come il Lui a cui è riferito. Una poesia fatta anche di affetti terreni, familiari, al padre, ai figli. Una poesia che parla di Infinito, di fiabe, di sogni in cui l'autrice mette a nudo il lato fanciullesco, innocente, di sé. Un libro raro in mezzo alla volgarità, all'aridità e alla disattenzione odierna. Fiori di profonda poesia colti dall'autrice per farcene dono insieme alla sua grande spiritualità.

Massimo Acciai

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Anna Maria Volpini
101 sms d'amore e d'odio
Joker, 2007
www.edizionijoker.com


La forma di questi brevi componimenti, che rispettano il limite di 164 caratteri proprio dei veri sms, è senza dubbio originale per un tema a dir poco sfruttato come quello catulliano dell'amore e dell'odio. Il titolo, e il numero delle poesie, si spiegano a proposito proprio entro il celebre carme di Catullo (il 101 appunto) che contiene le contraddittorie parole "Odi et amo". Non è ovviamente un caso, come non è casuale l'ordine dei componimenti, i quali vogliono raccontare una storia dedicata (ce lo dice il sottotitolo nel frontespizio) "a chi soffre (e a chi… no)". In una storia d'amore che finisce, come scrisse De Crescenzo, c'è sempre chi soffre e chi s'annoia: non è però il caso della storia narrata da Anna Maria. Il tema, dicevamo, non è certo nuovo, eppure - a parte la forma ad sms ed il linguaggio, anch'esso vicino alla sinteticità dei diffusissimi messaggini - l'autrice riesce a dire comunque qualcosa di non solo attuale ma anche originale, e riesce a dirlo pure con ironia e "leggerezza" , con grande uso di metafore atemporali prese dalla natura, dal verso degli animali, dalle condizioni climatiche, ecc.
Un libretto molto ricco e denso, nella sua brevità, di cui consiglio senz'altro la lettura.

Massimo Acciai

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AD ISTANBUL, TRA PUBBLICHE INTIMITA'
di Enrico Pietrangeli
Edizioni Il Foglio
ISBN: 978 - 88 - 7606 - 164 - 6
Pagg. 86 - Euro 10,00

Il libro è ufficialmente uscito nel catalogo delle Edizioni Il Foglio il 23/11/07 ed è già disponibile on line su 365BOOKMARK

Collana Autori Contemporanei Poesia
Direttore Fabrizio Manini

…riattraversa l'origine cabalistica quattro-cinquecentesca, indugia doverosamente su alcune tra le molte caratteristiche che la legano alla cultura alessandrina, da qui estendendo la propria indagine fino al punto critico - per l'Impero e per ogni singolo individuo - di Bisanzio-Costantinopoli.

Gino Scartaghiande

Santa Sofia diviene potenziale crocevia per una lettura della storia che, partendo da "amorfi ruderi bizantini", intreccia alle origini la cultura islamica a quella cristiana e ne esalta le singole peculiarità.

Simonetta Ruggeri

Nel refrain de Il pazzo, coi suoi Re Mix di versi danzanti, si sviluppa una combinazione seriale che evoca quella dei dervisci rotanti.

Emiliano Laurenzi

La Istanbul di Pietrangeli è quindi tanto la città di Santa Sofia, di Karokoy e di quegli Ottomani che fecero di Rumi il protettore del loro impero multietnico, quanto il ponte contemporaneo fra l'Oriente e l'Occidente dello spirito.

Shaykh Abdul Hadi Palazzi

Intervista realizzata da Renzo Montagnoli in occasione dell'uscita:

D: E' appena uscito il tuo ultimo lavoro, una silloge intitolata Ad Istanbul, tra pubbliche intimità edita da Il Foglio Letterario di Piombino. Ce ne vuoi parlare?

R: Sì, ma è impresa non facile per tematiche e riferimenti. Molti spunti sono già emersi attraverso l'analisi di chi ha voluto cimentarsi in alcuni scritti critici già inseriti nel libro. Di fatto lo considero il naturale proseguimento del mio precedente lavoro, "Di amore, di morte", uscito nel 2000. Da allora non hanno avuto seguito mie ulteriori uscite editoriali nel settore della poesia. Ho avuto modo di pubblicare diversi inediti su più riviste, ma non pensavo assolutamente ad un'altra pubblicazione. Poi ci sono stati i primi contatti con Il Foglio ed il loro successivo interessamento che, man mano, durante il corso della scorsa estate ha concretizzato l'uscita di questo titolo. A dire il vero già esisteva e da lungo tempo un vecchio file così denominato per una futura pubblicazione da fare chissà quando… Il Foglio ha fatto sì che questo avvenisse, che rimettessi mano su quei testi togliendone alcuni ed introducendone altri in una complessiva revisione del tutto. Così è venuto fuori il libro, senza molto entusiasmo da parte mia ma operando un accurato lavoro che altrove, a livello editoriale, non è stato possibile. Un editore diverso, per lo meno da questo punto di vista, nel desolante panorama italiano. Ho spesso trovato ostacoli, menefreghismo abietto, finanche vere e proprie truffe ed incompetenti manipolazioni di fronte alla mia propositiva voglia di fare, ma perché aprire così tante case editrici se poi non si ha voglia d'investire, di creare risorse? Il perché lo sappiamo bene, spesso è malcelato da pubblicazioni a pagamento che ormai hanno contagiato anche lusinghevoli nomi, soprattutto nella poesia. Ma bisognerebbe andare oltre per prendere coscienza che, anche in assenza di contratti capestro per l'autore, ricorrono altrettanti malsani meccanismi dove, a conti fatti, affiora comunque la cancrena che affligge un reale rinnovamento nel mercato editoriale italiano. Qualcosa che di fatto falsifica le regole del libero mercato tanto nel produrre casi letterari quanto nell'essere accondiscendenti e compiacenti verso numerosi autori che dovrebbero, prima di tutto, avere il pudore di leggere, revisionare e farsi domande. Ma torniamo al mio libro dove vorrei, fra le altre cose, mettere in luce tutti quei vizi e vezzi divenuti regole e non più anomale sregolatezze artistiche di taluni scapigliati di altri tempi. Un libro che sento denso di spessore etico nonostante tutti i più diretti riferimenti ad un sesso esplicito e relativo desiderio di consumismo, ovvero quanto porta a fagocitare insensatamente la stessa ricerca di emozioni. Continua, attraverso la poesia, il percorso di una ricerca spirituale. Il punto è sempre quello di saper ritrovare nella poesia autenticità, anche nel moderno. Il riferimento, per quanto mi riguarda, resta sempre quello lasciato nel solco tracciato dai simbolisti. Il malessere generato nell'ipocrisia è sempre più strisciante e dimora stabilmente nelle nostre anime. La vera condanna dell'uomo è la rinuncia alla poesia come condizione di vita. Trovo una prospettiva del genere peggiore di ogni presunta catastrofe e più meschina e lacerante di ogni guerra che, tutto sommato, sa anche riscattare umanità in tanto orrore ostentato. L'orrore che oggi portiamo dentro è tale da essere consolidato in routine. (continua)


Ho avuto il piacere di leggere il libro in anteprima, a pochi giorni dall'uscita in stampa. Un'opera ricca di suggestioni, davvero varia; elementi i più eterogenei si mescolano in un'alchimia che unisce il presente al passato remoto, la realtà al mondo fiabesco, la geografia al sogno. Riferimenti coltissimi (penso all'omaggio a Rumi) e liriche d'amore (una curiosità per i nostri lettori di SDP: "Non è l'amore" è stato messo in musica da Michael Willow ed è liberamente scaricabile in mp3 sulle nostre pagine. Una lettura che consiglio.

Massimo Acciai

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Alfio Petrini
Teatro totale
Titivillus - 2006 - 14,00 Euro

Titivillus, diavoletto dello spettacolo, si manifesta rendendo fruibili idee integre dalla censura di "monaci medioevali" ed accoglie questo saggio di Petrini nella sua collana Altre visioni, dove prendono forma ulteriori spunti per la didattica del settore. Teatro totale è sintesi e strumento di ricerca, momento d'intersezione delle arti e, al contempo, uno scorcio rinascimentale, prospettiva verso il più antico e connaturato varco predisposto a sincretismi e sinestesie, una pluralità del linguaggio che non può rinnegare le origini, per ricalcare più direttamente il pensiero dell'autore. Quella del teatro totale è, in ogni caso, un'esperienza che vede coinvolto Petrini in un lungo percorso, di cui compare a tergo del libro quella relativa al primo convegno internazionale svoltosi a Roma nello scorso 2001. Attore, regista, drammaturgo, critico e redattore della rivista INscena, l'autore, in questo libro, si avvale dell'introduzione di Giancarlo Sammartano, empatica e gradevolmente romantica nel rivendicare attraverso la scena "un volontario destino"; forse un po' più riduttiva nel rilevare le vesti di un "apprendista proletario che si fa maestro aristocratico", un interessante spunto di dibattito s'intravede comunque nella chiusa: "salutare con-fusione di Teatro e Vita". Petrini guarda alla ricerca senza mai perdere di vista la tradizione, fintanto da ravvisare "una necessità sociale" nella "pluralità del teatro". "L'unità nella diversità" è il dogma che ne scaturisce. Nel complesso, risulta essere un ottimo compendio generale, sviluppato con pathos e tesi originali che tendono a personalizzarne la fattura. Ripercorrendo le varie strutturazioni del teatro, si approda in maniera più incisiva verso le avanguardie ed il teatro futurista, profondamente rivalutato attraverso la figura di Marinetti, sul quale il silenzio imposto viene additato come preconcetto ideologico sul giudizio artistico. Il paragrafo iniziale dedicato al teatro totale evidenzia subito una prima grande figura, quella di Wagner, il teorizzatore, ma anche quella di Artaud ed il suo "doppio" prende subito consistenza come un inevitabile punto di riferimento per l'intero argomento trattato. Naturalmente sia Stanislavskij che Grotowski sono imprescindibili come eredità del teatro più moderno. Grande rilevanza è riservata alla poesia o meglio a quel "valore aggiunto" inteso a sottolineare che teatro e parole sono strettamente vincolate alla corporeità dell'azione, "parola del non detto". Se "l'opera d'arte esiste nel suo divenire", il regista non può far altro che tradirla per amore ed è un "fare poetico" che racchiude il "favoloso possibile" a ricondurlo al nulla, ovvero allo "spazio della creazione". Beckett e Shakespeare sono quei "cattivi pensieri" indispensabili per scavare oltre e specchiarci nelle nostre eresie barbariche, tasselli pressoché fondamentali nell'espressione della totalità. Un attento sguardo è rivolto alla panoramica delle tecnologie digitali, alla multimedialità ma anche all'intermedialità passando per la pop art, la performance, l'happening e quant'altro ancora fino a reinventare "le regole della visione e della percezione". Da Fluxus, John Cage e gli anni Sessanta alla più prossima generazione degli anni Novanta, così variegata e composita, sino a quel nuovo teatro che ha tentato di forzare verso un "ritmo cinematografico o da videoclip" giungendo, infine, alle forme cosiddette estreme o eXtreme, quelle dove la crudeltà è esplicita nelle ferite come nel dolore teatralizzati nella live art. Il paragrafo de L'attore me stesso conclude il tutto in un personale riepilogo della diretta esperienza dell'autore che poi è divenuto anche "maestro". Teatro totale, ovvero la vita e tutte le sue sfumature che, abbattendo la barriera della scena, nel Novecento finiscono col coinvolgere il pubblico in prima persona. Che il teatro si possa confondere nella vita e viceversa, del resto, è cosa ben più remota. Il punto è determinare un'etica che, indubbiamente, è più facilmente accertabile nella rappresentazione, piuttosto che nella confusione. Magari anche in questo caso, perché no, nasce l'esigenza di una "fusione" con quanto l'autore vuole addurre alla luce come indispensabile aspettativa della vita.

Nota di
Enrico Pietrangeli - 2007

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L'ADOTTATO
di José Monti
128 pg. - 21x13 - b/n con ill. - 10.00 €
www.josemonti.it
http://www.nicolapesceeditore.it/

Joz' è un bambino che è stato smarrito dalla sua cicogna viaggiatrice.
Fin da quando la Luna scioglie il suo sacco dandolo alla luce e decide di adottarlo, la sua vita si manifesta come un susseguirsi di lezioni e di peregrinazioni. Attraversa il mondo Goa Goa dei folletti del bosco, ne conosce tutte le più strane creature, dai brucobaleni alle riservatissime margherite ciacoline, ma non ha mai conosciuto i suoi veri genitori...

L'ADOTTATO - "una piccola e buffa storia tra realtà e fantasia".
Il romanzo apparentemente autobiografico, che poi in realtà dopo un'attenta lettura delle prime pagine si rivela una "foto in bianco e nero" del mondo circostante, così com'è senza filtri, dopo essere stato pubblicato dalla piccola ed agguerritissima Casa Editrice Nicola Pesce Editore inizia a girare di mano in mano fino ad arrivare ed essere apprezzato da Carlo Croce "Poeta e Scrittore".
Il libro continua a passare di mano in mano tramite un TAM TAM underground trovando il consenso del giornalista del Gazzettino di Venezia, Silvano Bressanin il quale lo recensisce su vari quotidiani del GAZZETINO dando al romanzo lo stimolo editoriale che lo porterà nelle prime fumetterie/librerie.
Nelle librerie melbookstore e fumetterie panstore le copie iniziano ad avere un discreto successo.
La critica della stampa afferma che la particolarità del romanzo originale, oltre ad essere un testo che commuove è il bizzarro apprezzamento da svariati generi di persone tra loro totalmente differenti.
Il testo abbatte la prima fondamentale regola alla base dell'editoria, dove ogni testo debba nascere avendo ad ogni costo un determinato target prefissato…
"…L'ADOTTATO parla di come tutti nella vita sono responsabili di adottare e farsi adottare dai vari incontri lungo il "viaggio" della vita stessa…
Racconta di come nella vita stessa in realtà, non ci sia distinzione tra realtà e fantasia…
"Basta crederci o guardare il tutto ogni giorno con una semplicità quasi infantile per vivere dentro ad una favola quotidiana ", afferma il giovane autore.

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