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Intervista

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Recensioni

“Sonic Nurse”: Ultimo album dei Sonic Youth
di Monia B. Balsamello

Sonic Nurse
Ultimo album dei SONIC YOUTH

di Monia B. Balsamello


Anno: 2004
Genere: noise-rock
Etichetta: Geffen

Tracklist
01. Pattern Recognition - 6:32
02. Unmade Bed - 3:53
03. Dripping Dream - 7:46
04. Kim Gordon and the Arthur Doyle Hand Dream - 4:51
05. Stones - 7:08
06. Dude Ranch Nurse - 5:44
07. New Hampshire - 5:12
08. Paper Cup Exit - 5:57
09. I Love You Golden Blue - 7:03
10. Peace Attack - 8:42
11. [CD-ROM Track]

Attraversare il tempo senza stancarsi di mettere a frutto l'esperienza, senza perdere la voglia di parlare ancora tramite suono e suggestioni. Con una grande, solenne e per certi versi sprezzante consapevolezza: nulla da dimostrare a nessuno. E non è condizione comune a tanti. Non a caso ne scrivo prima di qualunque considerazione sull'album. Belli perché sempre attivi, sia singolarmente che in gruppo. Capaci, in 23 anni di mostruosa (nel senso di eccezionale) carriera, di non scordare le impronte dei propri piedi, riproponendo loro stessi senza vera imitazione. Questo anche dopo (e soprattutto) il noto furto, subito sulla West Coast nell'estate del 1999, di amplificatori, chitarre, effetti a pedale manipolati in modo unico ed irripetibile perché frutto di mille e mille tentativi. Un patrimonio di sonorità insostituibile che, dopo essere andato perso, li ha costretti a vivere un'esperienza che mi ricorda quella di Dino Campana e del suo quaderno smarrito di poesie. Ricreare qualcosa senza averne che un ricordo, genera per forza percorsi fino a quel momento impensabili.
Proprio per quell'ingiusta sofferenza e privazione, armati di un nuovo equipaggiamento "vergine", hanno partorito un noise più ricercato ed elegante (penso anche a certe melodie vocali), suggestivo per distorsioni e mai privo di riff taglienti. Perché non mancano schitarrate potenti ed acide. Ed in tutto ciò, per qualcuno/ molti i Sonici da tempo non hanno più nulla da dire. Da "Murray Street" ad oggi gli ormai stabilmente cinque di New York starebbero solo gongolando nelle acque sicure del passato, rischiando la prevedibilità. Al mondo d'oggi pare quasi che maturità significhi cadere marci dall'albero, pronti per essere calpestati. Sono abituata per indole al rispetto di opinioni opposte alle mie. Un rispetto in verità mai troppo quieto, non appena odoro sentenze dettate da disabitudine alla profondità.
La voglia di bollare immediatamente qualcosa con l'etichetta della pappa rimasticata, solo perché l'imprinting è evidente e noto, è pericolosa. Perché non riconosce dignità alla suddetta pappa, alla sua primaria originalità di gusto ed alle variazioni introdotte nel tempo alla ricetta base. Non perché la Gioventù Sonica debba piacere a tutti e tutti le debbano riconoscere freschezza ad ogni nuovo passo. Per carità. Ma attenzione alle posizioni di superiorità gratuita dovute magari alla fretta o, peggio, ad ascolti fatti in batteria, nei quali un album rischia di fare la fine del pollo negli allevamenti emiliani, perdendo la sua identità. Sarebbe come dire che la bellezza di un tramonto è scontata solo perché sappiamo benissimo come funziona un tramonto. Stesso vale per un sound inconfondibile. Lo so, a volte mi lascio andare al fuoco (pallido come Nick cave c'insegna) dell'amor per l'arte. E va beh, tocca patire. Sonic Nurse è un'architettura di chitarre eleganti e nemmeno troppo rumorose. Ma la quiete non è calma banale. Tutte le linee armoniche sono accurate.
L'inizio dissonante, squisitamente figlio di tutta la loro esperienza e femminile in voce di Pattern Recognition mi aggancia ai ricordi di "Dirty" per discostarsene più avanti con Unmade Bed, cantato da Thurstone Moore sulle eteree atmosfere create da Jim O'Rourke. Parentesi su costui: polistrumentista, produttore e cantautore ha portato nel mondo della SYR, l'etichetta personale con cui i SY pubblicano lavori più sperimentali, una ventata espressiva soave che tende a costruire (quelle linee di basso...). Proseguendo il viaggio suggerito dall'ordine delle tracce, Thurston Moore carezza in una splendida Dripping Dream e poi lascia il passo alla bassista Kim alle prese con Arthur Doyle e le masse giovanili, con un cantato che ci è ben noto ma che risulterà migliore e stupendo in I Love Golden Blue. In quest'ultimo brano infatti la Gordon trattiene ed aspira la voce, in combinazione con la musica tesa e quasi attonita che crea un'atmosfera morbida. Voce che ce la ricorda in Shadow of a doubt. Una delle mie preferite, poi, è la cupa e ben scolpita Paper Cup Exit firmata Lee Ranaldo insieme a Peace Attack, per la sua solarità un po' alla Neil Young. Stones e Dude Ranch Nurse, tacciate da molti di deja-vu noiosi, sono invece per me piacevoli e capaci di piccole chicche ad ogni nuovo ascolto. Un po' come New Hampshire. Un album davvero notevole, che mi regala brani di lunga durata con ondate di digressioni, sprazzi improvvisi, involuzioni da cui si esce con riff alternati. Maestri di stile. Capita, ad esser dinosauri.  

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