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                                  Narrativa
                                Questa rubrica è aperta a 
                                chiunque voglia inviare testi narrativi inediti, 
                                purché rispettino i più elementari principi 
                                morali e di decenza...  
                                Io confesso di Pietro 
                                Rainero, La befana vien di 
                                notte di Pietro Rainero,
                                Oltre la sbarra di 
                                Giuseppe Budetta
                                 
                              
                                  Poesia in lingua inventata
                                
                                 
                              
                                  Recensioni
                                  
                               
                              
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                                  Interviste
                                  
                               
                              
                                  
                                    
                               
                              
                                  
                                   
                                   
                               
                              
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                              Leggere, ovvero il decalogo del 
                              lettore onnivoro 
 
			                  
			                  
                 
                 
                 
			                   
                             
                            Mi è capitato tra le mani 
                            ultimamente un saggio di Daniel Pennac intitolato 
                            "Come un romanzo". L'ho trovato per caso in uno 
                            scaffale del libero scambio, la principale fonte, 
                            insieme alle biblioteche, da cui provengono le mie 
                            letture. Era un'edizione fuori commercio destitata 
                            all'iniziativa #ioleggoperché, uno dei tanti 
                            tentativi per avvicinare il popolo italiano alla 
                            lettura (attività per cui, stando alle statistiche 
                            di vendita, non sembra molto portato). Io 
                            rappresento un lettore decisamente fuori dalla 
                            media, "consumando" circa una cinquantina di libri 
                            l'anno (contro un libro o più al mese che leggono i 
                            cosiddetti "lettori forti", ossia circa il 14% dei 
                            lettori).  
                            Non è sempre stato così. Da bambino odiavo la 
                            lettura, come ho ripetuto fino alla nausea nelle mie 
                            opere: era una cosa imposta dalla scuola, e le 
                            uniche letture che sceglievo liberamente erano i 
                            fumetti, nella fattispecie Topolino e altri albi 
                            Disney. Quando avevo tredici anni mi è capitato di 
                            leggere un libro che avrebbe avuto una grossa 
                            influenza su di me e soprattutto sul mio amore per 
                            la lettura. Si trattava ovviamente di una lettura 
                            extrascolastica e il titolo era "La storia infinita" 
                            di un certo Michael Ende. Quella fu la premessa. Il 
                            secondo incontro letterario importante fu con le 
                            opere di Stephen King, di cui facevo indigestione 
                            durante le vacanze estive a partire dai miei 
                            quindici anni. Da allora non ho più smesso di 
                            leggere per piacere, oltre che per documentarmi per 
                            la mia attività di scrittore, anzi la quantità di 
                            libri letti è cresciuta di anno in anno (anche per 
                            una maggiore disponibilità di tempo, purtroppo o per 
                            fortuna…). 
                            Sarebbe davvero troppo lungo fare qui una storia 
                            completa del mio rapporto con i libri: sono 
                            centinaia, probabilmente migliaia quelli che ho 
                            letto nell'ultimo quarto di secolo. Vorrei però fare 
                            alcune considerazioni partendo proprio dal libro di 
                            Pennac. Premesso che l'autore francese non mi è mai 
                            piaciuto, sia per il suo stile un po' troppo 
                            compiaciuto, sia per il suo atteggiamento da 
                            "pedagogo", tuttavia trovo interessante il suo 
                            "decalogo" sui diritti del lettore e mi piacerebbe 
                            commentarlo qui sotto punto per punto: 
                             
                            1. Il diritto di non leggere. 
                            E già su questo ci sarebbe molto da dire. Sul 
                            "diritto all'ignoranza" ho già speso abbastanza 
                            parole nel mio racconto-saggio "La nevicata" (in "La 
                            nevicata e altri racconti", PoetiKanten Edizioni, 
                            2015); questo diritto viene sistematicamente 
                            calpestato in ambito scolastico, dove leggere (e 
                            leggere solo certe cose) è non solo un "obbligo" ma 
                            talvolta anche una "punizione"). Non mi stupisce che 
                            la maggior parte degli ex studenti (ossia la 
                            stragrande maggior parte degli italiani) rifugga la 
                            lettura una volta sfuggita alle grinfie dei prof. Ma 
                            non è detto che il rifiuto alla lettura derivi solo 
                            da pessime esperienze didattiche: uno può non 
                            leggere solo perché non ne sente il bisogno (come 
                            riconosce anche Pennac) e non c'è niente di male in 
                            questo. Non è che una persona che non legge sia 
                            necessariamente più stupida o più infelice di 
                            qualcuno che legge cento libri all'anno, anzi: se 
                            vogliamo dar retta al Leopardi, la conoscenza è 
                            spesso causa di infelicità. Su questo ultimo punto 
                            sono d'accordo solo in parte: dipende da ciò che si 
                            intende per "conoscenza" e soprattutto da cosa si 
                            legge e come lo si legge. Pennac dà comunque 
                            un'altra interpretazione a questo diritto: lui è un 
                            insegnante e il suo intento è di avvicinare gli 
                            studenti alla lettura, che piaccia loro o meno 
                            (meglio la prima, ma non esclude la seconda), quindi 
                            in realtà neanche Pennac riconosce appieno questo 
                            diritto.  
                             
                            2. Il diritto di saltare le pagine. 
                            Alla faccia dello scrittore che magari ha sudato 
                            le classiche sette camice per scrivere certe parti 
                            del suo libro e non ha certo piacere di sapere che 
                            il lettore le salta. Ma il lettore non è al servizio 
                            dello scrittore, e neppure viceversa se per questo. 
                            Io ho adorato "Il signore degli anelli" di Tolkien, 
                            ma quando arrivavano le paginate dedicate alle scene 
                            di battaglia le saltavo a pié pari senza che la 
                            trama ne risentisse, perché la guerra mi ha sempre 
                            fatto schifo nella realtà ed annoiato nella 
                            "fiction"… Un libro è come un buffet: uno prende ciò 
                            che vuole. 
                             
                            3. Il diritto di non finire il libro. 
                            Confesso di essermi talvolta incaponito a finire 
                            un libro che non mi prendeva, e non perché fossi 
                            obbligato a leggerlo (da tempo ormai mi scelgo 
                            liberamente le mie letture e nessuno mi dà compiti 
                            per casa…). Forse sono un po' masochista, chissà. Ma 
                            sono eccezioni. Generalmente un libro che non mi 
                            piace lo metto da parte, anche perché da molti anni 
                            non compro più libri e non ho più il senso di colpa 
                            di non finire un libro che avevo pagato… 
                             
                            4. Il diritto di rileggere. 
                            Sono pochissimi i libri che ho riletto ("La 
                            storia infinita", "Il signore degli anelli", "Il 
                            mondo nuovo" di Huxley, i libri di Italo Calvino e 
                            di Dino Buzzati), non perché non valga la pena 
                            rileggere un libro (a distanza di anni, se il libro 
                            è profondo, ci si trovano molte cose che erano 
                            sfuggite alla prima lettura) quanto piuttosto perché 
                            sono tantissimi i libri che trovo e che mi 
                            piacerebbe leggerli per la prima volta, cosicché il 
                            tempo dedicato alla rilettura è in qualche modo 
                            tempo rubato alla prima lettura. È difficile 
                            arrivare a un compromesso… 
                             
                            5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa. 
                            Pennac riconosce il diritto del bambino ("Come 
                            un romanzo" parla appunto di come avvicinare, o 
                            almeno come non allontanare, i bambini alla lettura) 
                            di leggere romanzetti dozzinali, a patto però che 
                            poi passi "naturalmente" a letture più impegnate. In 
                            un brano del suo libro Pennac afferma con la 
                            convinzione di un dogma l'esistenza di "cattivi 
                            libri" e "buoni libri" (i primi fatti in serie, 
                            senz'anima, volti solo ad intrattenere): è un punto 
                            che io contesto con tutte le mie forze. Non esistono 
                            "buon libri" o "cattivi libri" a prescindere: 
                            esistono solo libri che al lettore tal dei tali 
                            possono piacere in un determinato momento della sua 
                            vita, secondo il suo gusto, e libri che non 
                            rientrano nelle sue corde di lettore. Tutto qui. Non 
                            è che la Divina Commedia sia "in assoluto" meglio di 
                            un Harmony… 
                             
                            6. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente 
                            contagiosa). 
                            Confesso di aver scoperto per la prima volta in 
                            questo libro la parola "bovarismo": senza conoscere 
                            questo termine già lo applicavo alla mia lettura e 
                            alla mia scrittura: se uno si lascia andare alla 
                            fantasia che male fa? Perché mi devo rompere le 
                            scatole su un romanzo "civile", "impegnato", 
                            "attinente alla realtà" se in un certo momento mi va 
                            di sognare? Un "amico" sosteneva che la sola 
                            letteratura che vale la pena di scrivere e di 
                            leggere era quella impegnata: liberissimo di 
                            pensarlo, come io sono liberissimo di pensare il 
                            contrario. 
                             
                            7. Il diritto di leggere ovunque. 
                            Quand'ero più giovane riuscivo a leggere persino 
                            sull'autobus, circondato dal casino e incurante 
                            della guida spericolata dell'autista, sballottato 
                            qua e là lungo le vie di Firenze. Oppure mentre 
                            facevo la fila alla posta o ascoltando un concerto 
                            di musica classica (trovo sublime leggere col 
                            sottofondo musicale di un'orchestra che suona dal 
                            vivo… anche se in quest'ultimo caso una volta sono 
                            stato aspramente contestato dall'organizzatore di un 
                            concerto perché "mancavo di rispetto ai musicisti", 
                            pur standomene zitto al mio posto senza disturbare 
                            nessuno), insomma, ovunque potessi portare con me un 
                            libro. I libri mi hanno tenuto compagnia in 
                            situazioni delicate (come l'attesa di una visita 
                            medica) o fatto passare il tempo altrimenti 
                            interminabile di attese infinite. Ora non riesco più 
                            a concentrarmi sull'autobus o in situazioni di 
                            affollamento… forse sto invecchiando? 
                             
                            8. Il diritto di spizzicare. 
                            L'ho fatto anch'io, soprattutto in biblioteca e 
                            in libreria.  
                             
                            9. Il diritto di leggere ad alta voce. 
                            È un diritto anche questo, purché esercitato - 
                            come il diritto a fumare - là dove non si 
                            infastidisce nessuno. Per fortuna non mi è mai 
                            capitato un cafone che mi costringesse a subire la 
                            lettura di un libro, che magari non mi piace. 
                             
                            10. Il diritto di tacere. 
                            Ahimé, altro diritto sistematicamente calpestato 
                            nella scuola.
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