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Libri a fumetti

LA SINDROME DEL CRONONAUTA
Cronistoria dei viaggi nel tempo a fumetti

Articolo di Andrea Cantucci

Cinema

Jane Eyre
di Lorenzo Spurio
Melancholia
di Mario Gardini
Il re leone
di Mario Gardini
One day
di Mario Gardini

Pop art

Fra Biancoshock: un umile artigiano non artista di "Esperienze" non descrivibili
di Alessandro Rizzo

Busker

"Eroe? Macchè... chiamatemi Soltanto busker"
di Alessandro Rizzo

Fotografia

Matteo Alvazzi: un pianista dedito alla fotografia urbana
Intervista a cura di Alessandro Rizzo

Miti mutanti 14

Strisce di Andrea Cantucci

"Eroe? Macchè... chiamatemi Soltanto busker"


 

a cura Alessandro Rizzo
 


Matteo è Soltanto un ragazzo che ha fatto una scelta nella sua vita: vivere della propria musica facendola per strada. Qualcuno nella Pop Art definiva l'arte come qualcosa che deve saper parlare alle persone e che non è necessaria la critica artistica per comprendere una forma d'arte. Soltanto parla con le emozioni e comunica la sua storia cantandola per strada. Il giovane busker vive gli angoli di Milano, spesso grigi e innondati da passanti affrettati e concitati, dove poter comunicare il messaggio delle sue composizioni, ponendosi, muovendosi, parlando anche col corpo. Lo abbiamo intervistato.

Perché Soltanto?
Suono da quando ho 14 anni, avendo da subito fatto parte di gruppi con cui facevo musica per hobby. Un paio di anni fa mi sono laureato in scienze politiche. A 18 anni sono uscito di casa finendo il liceo frequentando i corsi serali. Ho lavorato per Noura produzioni. Ho deciso, poi, di fare il busker, musicista di strada in modo autentico. Sono partito, così, con uno zaino, una tenda e una chitarra girando per l'Europa, chiamandomi Matte Super Tramp, un po' come il protagonista di "In to the wild". Partivo dall'idea che la felicità debba essere condivisa: non volevo isolarmi in Alaska, come invece ha fatto il protagonista del film. Pertanto ho fatto un lungo viaggio da Lione a Tenerife: ho visto, infine, che una strada era possibile anche a Milano. Non c'era bisogno di fare il super eroe: la mia sfida, così, è stata ed è essere soltanto me stesso. Ho avuto un successo enorme.

È una tua professione?
L'unica; lavoro per 2, 3 pomeriggi a settimana, 3 ore al giorno e vendo dischi.

Quale è la risposta dal pubblico? Milano come risponde?
Ho suonato in molti posti dell'Europa. La risposta da Milano? E' stata ed è appagante. Tanti mi dissuadevano di venire a Milano, mentre molti apprezzavano e incentivavano la mia scelta. Manca la cultura non nel pubblico ma nei musicisti. Alcuni mi dicono: fai il barbone? Io vivo di questo: è un'arte e non lo è solo suonare in un locale. La strada non è un palcoscenico. Chi è in un locale ha un pubblico venuto apposta e, quindi, è avvantaggiato. In strada, invece, devi conquistare ogni persona che viene a sentirti e che passa. Non puoi fare questo se sei solo bravo. Non è questione di solo virtuosismo: devi emozionare; ed emozioni se racconti una storia.

Cosa significa suonare per strada?
Essere in un palcoscenico teatrale, non su un palco. Esiste un sottotesto: importante è come ti poni, come ti muovi. La musica è più una colonna sonora. Il messaggio che esprimi è la tua storia, come ti presenti, il tuo angolo in strada. Occorre far comprendere che l'urgenza non è il guadagnare.

Nei locali, invece, come ti proponi?
È un trio acustico, una formazione con violoncello e una chitarra elettrica.

La strada è migliore?
È un'altra cosa. Non è più musica e basta, ma è mettere in gioco molte cose. Non sai mai cosa incontri. Ogni minuto hai persone diverse da conquistare da zero.

Il genere che fai?
È rock melodico: canzoni che vengono arrangiate in dimensione melodica, un rock dolce. Abbiamo anche fatto cover, ma la cosa principale è l'inedito. Un mio riferimento è Cesare Cremonini più che un Samuele Bersani. È molto più approfondito. Esiste una certa sensibilità che gli riconosco nei testi. Riesce a raccontare, come nelle "6 e 26", un ragazzo che non riesce a dormire e che incontra una prostituta con cui poter parlare. Riuscire a raccontare una storia simile non è da tutti. I testi sono ricercati.

Quindi hai dei tuoi riferimenti?
Sono vicino a quel genere prima descritto. Penso anche di attingere come stile da De andrè, De Gregori.

Cosa consigli a chi vuole intraprendere la tua attività?
A me sembra che, parlando con i gruppi, molti siano legati all'idea: "io sono bravo e attendo il produttore per fare il disco ma intanto faccio il cameriere". Credo che questa sia una mentalità da cambiare. Io faccio musica da anni: sono andato io a cercare questa cosa, scegliendo di essere un artista di strada. Non tutti vogliono questo. Se c'è un talento è chiaro che ognuno abbia la propria storia. Io mi sono laureato e ho abbandonato una produzione, lasciando, così, ogni garanzia. Chi vuole vivere di sola musica lo può fare. Dipende cosa sei disposto di mettere in gioco.

Cosa succede a Matteo Terzi, ossia a Soltanto, quando è in strada? Cosa prova?
In strada vado in trance. A ogni storia definita ho dedicato una canzone, così come a una perdita di una persona cara.
Escono le emozioni. Le persone, così, comprano i miei dischi e mi scrivono: quello che passa è ciò che viene premiato. Non è il virtuosismo perchè crea allontanamento. Attraverso il solo virtuosismo dici: "guarda come sono bravo". Questo puoi farlo solo in un locale. In strada suono sempre a piedi nudi. Sono in strada e ci voglio stare senza filtro. Questa scelta è giunta alle persone come naturale. Questo è in sintesi il mio concetto di artista di strada.

Alcuni giustamente hanno definito che andare a un concerto vuol dire andare a vedere e non solo sentire un musicista?
In strada questa sensazione è moltiplicata, amplificata. Io non pago chi viene a sentirmi. È nella mente dell'essere umano fermarsi in luoghi dove c'è più folla.

Quale tipo di comunicazione utilizzi per richiamare le persone?
Utilizzo il mio profilo su facebook, facebbok/Soltanto, e il mio sito www.soltanto.net 
Scrivo i concerti, le date, le news e la mia storia. Chi vuole si mette in contatto con me. Non do un servizio musicale: Soltanto non è una maschera, ma una parte di me. Non sono lì per fare musica: ma per sentirmi. È sentire quello che ho scelto di raccontare agli altri: un reality. Una scelta di vita raccontata ispira le persone: la mia scelta è stata seguire il mio sogno. Questo garantisce ispirazione per tanti miei coetanei. Provo piacere nel raccontare. So bene dov'è Matteo Terzi e dov'è Soltanto. Io scelgo i modi: non accetterei mai di andare dalla D'Urso a farmi intervistare, per esempio.

Non hai mai pensato di partecipare ad alcuni talent show, che oggi vanno molto di "moda"?
La mia insegnante di canto mi spinse a fare provini per una trasmissione di talent. Portare la mia storia in un contesto grande non è il problema. Il problema è il contratto di esclusiva che ti propongono. Questo è il mio lavoro. Un contratto di esclusiva sarebbe gravoso. Non è snobbismo. Mi toglierebbe, così, il lavoro.

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