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Figli di Nessuno:
una conversazione intervista parlando del teatro oggi


 

a cura di Alessandro Rizzo


Figli di Nessuno: con questo nome un po epico si presenta la compagnia teatrale fatta d giovani, tre giovani, Sonia, Donato e Marco. Il tre è un numero non perfetto per loro, ma utile per garantire uno spirito continuo di confronto che certamente porta a innovazioni stilistiche e performative. Li abbiamo intervistati e in autunno una nuova regia di Marco porterà sul palcoscenico una produzione molto interessante sui rapporti tra persone, a prescindere da orientamenti sessuali, dai generi.

Iniziamo dal vostro nome, Figli di Nessuno, singolare quanto mai allusivo di diversi significati …

Abbiamo scelto Figli di Nessuno per diversi motivi. L'idea è nata inizialmente con una battuta: siamo figli di nessuno. Poi ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto: certo che lo siamo. Siamo Figli di nessuno perché poco tutelati come categoria dalla società, dalle istituzioni. Poi, come affermiamo nel nostro progetto, sosteniamo un teatro che per essere di tutti deve essere necessariamente di nessuno, dove nascano pensieri, azioni, interazioni. Un teatro libero. Il teatro viene sminuito perché molti lo adottano come proprio. Il teatro è un mezzo, una forma di comunicazione, è "protesta politica". La satira teatrale oggi come oggi non si può fare, in quanto censurata ovunque. O esiste un teatro elitario oppure un teatro per la massa, quest'ultimo molto televisivo. C'è comunque una barriera che limita la possibilità di sentirsi partecipi. Lo spettacolo dal vivo vede un'offerta teatrale piegata a ragioni di mercato. Non dovrebbe essere così. Occorre creare l'offerta in base a valori etici e culturali. Vogliamo ritornare a una certa artigianalità: servono l'attore, le parole e il pubblico. Vogliamo che sia così. Vogliamo preporre testi validi e lasciare che il pubblico abbia una recitazione nuda con pochi elementi. Vogliamo liberare l'immaginazione, sviluppare il pubblico, che è sostanza del teatro. Le coreografie devono essere a favore del testo. Spesso si fa confusione tra teatro e cinema: due mezzi di comunicazione diversi. In teatro non serve: io con uno sfondo semplice posso farti sembrare di essere a New York per esempio. C'è una comunicazione non scritta ma universale. Con tre movimenti ti posso fare immaginare dove sono. È stimolante tutto questo. Tu attore hai fallito quando non si capisce dove sei. Emozione ed emotività sono centrali nel teatro, in una rappresentazione.

Il nome vostro definisce, quindi, anche la vostra idea di fare teatro, come e quando siete nati?

Figli di Nessuno nasce in due fasi: Donato subentra più tardi, e l'idea nasce inizialmente da Sonia e Marco, avendo studiato nella stessa scuola nel 2004, il Centro Teatro Attivo di Milano, un'alternativa all'Accademia. Fin da subito c'è stata un'intesa tra Marco e Sonia, un'affinità, condividendo fin dai tempi della scuola, appunto, la stessa esperienza. I primi anni, comunque, ognuno dei tre li ha trascorsi con esperienze individuali. Sonia conosce Donato nel frattempo. Marco inizia un'esperienza nel Carro di Tespi dei Fratelli Miraglia. Marco a un certo punto ha proposto Sonia come attrice nella compagnia, ed è stato in questa occasione che si è pensato alla possibilità di dare vita a una nostra realtà. È nato, così, il progetto Ulisse. In quel periodo Sonia stava lavorando con Donato al Festival delle Fiandre. Le esperienze dei tre ragazzi si intrecciano. In questo periodo a Donato viene proposto di entrare nel progetto, dove si stavano elaborando i primi testi. Donato accetta ed è nata, così, la compagnia attuale.

Che cos'è il Progetto Ulisse?

Il Progetto Ulisse? E' il teatro nella scuola. Lavorando inizialmente su proposte di spettacoli nelle scuole si è constatata la mancanza di attenzione verso il teatro fatto dal vivo. Pertanto si è deciso di portare la compagnia a fare spettacoli negli ambienti scolastici. E' un'esperienza formativa molto forte dato che, non avendo un muro, il palcoscenico, si vive in modo più partecipe le performance. Il progetto ha un buon successo. Abbiamo proposto tre spettacoli nelle scuole: "Come va il cielo", "Piccolo Principe" e "Resistenza: queste parole io ti affido". L'obiettivo didattico parte dal presupposto che è difficile fare teatro in modo non televisivo in quanto si disarma i ragazzi nel fare vedere loro quello che non c'è. Abbiamo l'abitudine di fare dibattito alla fine dello spettacolo. E' importante con questo progetto avvicinare fin da giovani i ragazzi al teatro dal vivo, dimostrando che il teatro esiste. Il progetto continuerà perché vogliamo proseguire nel proporre progetti in controtendenza. Il futuro che ci attende su queste basi è quello in cui è famoso solo tutto ciò che viene filtrato dalla tv. Vogliamo contrastare questo appiattimento. Come è possibile che ci sia un'ignoranza simile sul teatro. Un attore spesso nasce in teatro ed è costretto ad andare in tv per avere soldi, visibilità, successo. Tutto questo crea immagini edulcorate e falsate.

Parliamo del progetto di Ulisse in particolare

Ulisse è "figlio" dei Figli di nessuno. Noi rappresentiamo a pieno quello che esprimiamo. Abbiamo basato tutto sulla comunicazione. Siamo concordi nel dirci tutto al costo di avere dei conflitti, dei confronti. Portiamo avanti, così, un progetto serenamente. Il progetto è una ricerca. Siamo in tre, un numero non perfetto e spesso non è facile essere concordi su tutto: per questo ti viene necessariamente e naturalmente voglia di chiarirti con gli altri appunto perché siamo in tre. Questo è indubbiamente un punto di forza del progetto: siamo tutti e tre diversi caratterialmente, un mix esplosivo. Spesso solo esplosivo.

La vostra storia e le vostre esperienze si rifanno a determinati riferimenti teatrali, oppure siete sciolti da vincoli di correnti tradizionali?

Donato risponde di no, commentando che va a vedere cose diverse tra loro, trovando del bello in cose diverse tra loro, partendo dal fascino che prova leggendo e ascoltando i dialoghi shakesperiani dove sussistono provocazione e fisicità. Marco e Sonia assentono, confermando che quando una cosa bella è bella e che è tale soprattutto se il teatro è di qualità. Si parte dal presupposto che la gente deve imparare ad ascoltare. In Ulisse è stato proposto un progetto per bambini che si chiama Momo. In questa performance la bambina è rappresentata in modo esemplificativo ed è circondata da cattivi colorati di grigio che vogliono impadronirsi del tempio. Artifici diversi in scena potrebbero distogliere l'attenzione dello spettatore.

Esiste per voi in un momento di crisi generale anche una crisi del teatro?

Partendo dal presupposto che uno spettacolo fa bene anche se è di brutta qualità in quanto è uno spazio ricreativo per chi lo guarda, uno che passa otto ore in ufficio la prima cosa che vuole fare è mettersi sul divano domandandosi perché spendere per il teatro. Occorre, quindi, proporre e offrire qualcosa che uno adori guardare. In questa crisi attuale ed economica non è vero che la gente ha risparmiato sul biglietto teatrale: i numeri dei biglietti sono rimasti costanti. Perché, quindi, privare la cittadinanza di una cosa di cui non se n'è privata? Il nostro dovere in questo momento è avere la coscienza di fare bene il proprio lavoro, il merito spesso non viene valutato ed è chiaro che in questo lavoro le tradizioni vanno rispettate: gli artigiani stanno sparendo perché tutto viene omologato. Bisogna studiare e iniziamo subito a darci da fare.

Possiamo fare un breve scorcio sulla vostra produzione

In-contro di Marco Graffeo tratto dall'opera di Georges Courteline è uno spettacolo che nasce tanto tempo fa. L'idea è fare conoscere l'autore degli Atti Unici, dimenticato in Italia. Gli Atti Unici riguardano la vita di coppia: Marta e Renato sono i protagonisti e dai primi incontri fino alla vecchiaia fanno un percorso simile a quello di molte coppie. Si mettono in scena le dinamiche matrimoniali comuni per il ricevente spettatore. In cantiere ora c'è uno spettacolo che è in fase di costruzione dalla regia e drammaturgia di Marco. Il testo è inedito. Stiamo percorrendo la strada di scrivere testi nostri. Le regie si creano, pertanto, con improvvisazioni, mentre il testo è, così, modificabile in fase di prove. E' un lavoro di gruppo. Scegliamo questa strada non perché non ci siano testi teatrali da riadattare. Vogliamo solo un'artigianalità che non sia però chiusura. Il tema nella prossima produzione sarà ancora quello dei rapporti, con scorci comici e con sfaccettature. In-contro è uno spettacolo grottesco, brillante, un divertissement: in sottofondo c'è l'amara considerazione sui vizi nei rapporti di coppia. Il messaggio è ridiamoci su. In In-contro avevamo di fronte due viziati e meschini che si presentano in un determinato modo all'inizio, tralasciando alla fine la messa in scena di un finto gioco della vecchiaia. Il ring è la coreografia ed è l'elemento esemplificativo del rapporto tra i due. Alla fine non c'è né vinto né vincitore. Anche in questo nuovo spettacolo ci sarà un incontro scontro dal quale non si potrà trarre un giudizio morale. Ci sono semplicemente degli incontri tra persone, a prescindere dai generi, orientamenti. Con In-contri abbiamo ottenuto una sorprendente risposta da parte del pubblico, con risvolti psicologici descritti e inaspettati da parte delle critiche. A settembre debuttiamo in collaborazione con Rudin 04 di Roberto Trifirò con Le Furberie Di Scapino di Moliere firmando una nostra coregia.

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