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CHI GUARDERÀ I GUARDIANI? Watchmen: Come si disegna un film 
di Andrea Cantucci

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CHI GUARDERÀ I GUARDIANI?
Watchmen: Come si disegna un film

 

di Andrea Cantucci

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Guardiamo continuamente il mondo ed esso sembra opaco ai nostri occhi. Eppure, osservato da un altro punto di vista, sembrerebbe ancora nuovo, ancora da mozzare il fiato.
da "Watchmen" di Alan Moore e Dave Gibbons


Pinguini giramondo e rifugi antartici

L'Antartide non è un luogo molto frequentato dai personaggi dei fumetti. Perfino il pinguino Alfred, che nel secolo scorso divenne un simbolo del fumetto francese e ha dato il nome ad un prestigioso premio d'oltralpe, quando apparve fu trovato curiosamente al Polo Nord e non al Polo Sud dove teoricamente avrebbe dovuto vivere. Altri suoi simili si trovano fuori posto anche nella storia di Romano Scarpa del 1967 "Topolino e l'Ultraghiaccio", in cui una colonia di pinguini artici, grazie ad un minerale radioattivo che ne amplifica l'intelletto, sviluppa una società molto più progredita tecnologicamente di quella dei loro cugini australi. Un'altra classica storia di Scarpa del 1956, "Paperino e l'Amuleto di Amundsen", la seconda scritta da questo erede veneziano di Walt Disney, può essere considerata uno dei più bei racconti a fumetti ambientati in Antartide, tuttora godibile, e non solo dai lettori più piccoli, per originalità della trama e accuratezza geografica.
Una curiosa idea di quella storia, la presenza in Antartide di una zona dalla vegetazione equatoriale abitata da strani animali, un tema tipico di certi romanzi di Verne, Conan Doyle o Burroughs, era presente anche nel fumetto americano Ka-Zar, creato nei primi anni '50 da Arnold e George Drake, in cui, tra i ghiacci di una penisola del Polo Sud, si trovava una fantasiosa terra preistorica, dove viveva le sue avventure il biondo emulo di Tarzan che dava il nome alla serie. Poiché la casa editrice era quella oggi nota come Marvel Comics, Ka-Zar potè riapparire nel 1965, insieme alla sua giungla antartica, nel decimo episodio degli X-Men di Stan Lee e Jack Kirby e su altri albi di supereroi, per poi essere protagonista negli anni '70 di una nuova serie a lui intitolata, ripresa anche più di recente con autori diversi. Ma in questo caso, l'ambientazione antartica è solo un escamotage per far apparire plausibile che un tale antichissimo habitat possa essersi conservato separato dal resto del mondo; senza essere certi di trovarvi climi altrettanto confortevoli o minacciosi mostri arcaici da affrontare, pochi altri eroi dei fumetti sono stati interessati ad addentrarvisi.
Anche Superman, quando avvertì l'esigenza di un po' di privacy, di ritirarsi insomma in un luogo isolato in cui riposare un po' il suo superudito e la sua supervista dalle continue richieste di soccorso, non pensò neanche lontanamente all'Antartide, ma si costruì una bella "Fortezza della Solitudine" in mezzo ai ghiacciai dell'Artico, diventando in pratica un vicino di casa di Babbo Natale. Invece un altro supereroe un po' meno noto, apparso in una sola storia, si fece una residenza proprio in Antartide ed è quindi in Antartide che si svolge una scena fondamentale di un fumetto fondamentale: il finale di Watchmen, degli inglesi Alan Moore e Dave Gibbons, uno dei massimi capolavori del genere supereroistico ma anche del fumetto tout court, primo romanzo a fumetti ad aver ricevuto, oltre ai tanti riconoscimenti del settore, anche un premio letterario, vincendo il premio Hugo come migliore opera di fantascienza, e unico fumetto incluso da Time tra i migliori romanzi del XX secolo.


Situazioni estreme e territori inesplorati

Prima ancora d'essere adattato per il grande schermo, Watchmen è stato paragonato al film Quarto Potere di Orson Welles, per la complessità e l'accuratezza della costruzione narrativa, che si svolge su più livelli e linee temporali in contemporanea, attraverso una successione di flashback, pensieri e ricordi dei vari personaggi, mentre i tasselli della storia vanno pian piano al loro posto, come i pezzi di un puzzle mescolati e ricomposti dagli autori. È insomma tra le opere fondamentali che, a metà anni '80 del '900, hanno rilanciato il fumetto americano come prodotto potenzialmente più raffinato e adulto dimostrando che si possono raccontare storie di notevole spessore anche rielaborando i capisaldi di un genere popolare, se si scava abbastanza a fondo nella psicologia dei personaggi e si sviluppano le situazioni da un punto di vista più ampio e plausibile, oltre che più introspettivo.

La struttura formale di Watchmen è tanto originale quanto costante, come se seguisse una precisa "metrica": le copertine, con la testata posta lateralmente anziché in alto, non mostrano i soliti eroi in azione, ma dei dettagli che fanno da prima immagine di ogni episodio; le pagine sono basate su una griglia a nove vignette usata tra gli anni '40 e '60 del '900 da grandi autori come Will Eisner o Steve Ditko, ma decisamente anomala per un fumetto degli anni '80 (e nel n°5, intitolato "Paurosa Simmetria", le variazioni in tale struttura grafica si ripetono specularmente nelle due metà dell'episodio, così come le ambientazioni delle scene); il titolo di ogni capitolo è tratto da una diversa citazione musicale o letteraria in sintonia con i contenuti e riportata per intero alla fine dell'episodio (per queste cose, lo sceneggiatore Alan Moore ricorreva all'aiuto dell'amico Neil Gaiman, poi divenuto famoso a sua volta come scrittore di fumetti e romanziere); in appendice ad ogni capitolo sono riportati brani biografici, articoli, lettere, interviste o documenti del mondo immaginario in cui si svolge la storia, per rendere tutto più reale e mettere i lettori al corrente di tanti piccoli retroscena, in modo che siano più comprensibili tutti i riferimenti presenti nel racconto.
La differenza principale rispetto ai supereroi precedenti, è infatti che l'esistenza dei giustizieri in costume ha precise conseguenze a livello planetario, soprattutto quella dell'unico di loro dotato di enormi poteri, un superessere nato da un incidente scientifico chiamato Dottor Manhattan. Lo sbilanciamento degli equilibri internazionali a favore degli U.S.A. ha portato ad un acuirsi della Guerra Fredda; in una realtà alternativa in cui lo scandalo Watergate non si è mai verificato e Nixon sta per essere rieletto per la quinta volta, la Terra è costantemente sull'orlo di un olocausto nucleare. Il motivo di questa scelta, e in particolare della presenza di Nixon, è stato così spiegato dallo stesso Moore: "Volevo anche scrivere sui poteri politici. Ronald Reagan era presidente. Ma temevo che i lettori potessero andarsene se pensavano che stessi attaccando qualcuno che ammiravano. Così collocai Watchmen in un mondo in cui Nixon era al suo quarto mandato - perché non avrai molti argomenti per negare che Nixon fosse feccia! Per me, gli anni '80 erano preoccupanti."
I timori su una incombente Terza Guerra Mondiale che avrebbe potuto distruggere il mondo, ancora abbastanza diffusi all'epoca, spingono inesorabilmente la storia verso una conclusione tragica e in apparenza inevitabile, a meno che qualcuno non intervenga. Ma essendo gli eroi mascherati dei vigilanti che agiscono ai limiti, e a volte al di fuori, della legge (il caso limite è Rorschach, uno psicotico che elimina i criminali), un preciso atto governativo ne ha rese illegali le attività, facendo eccezione solo per quelli che lavorano alle dirette dipendenze delle autorità. In questa situazione, una serie di eventi si mette in moto quando un "giustiziere" di nome il Comico viene assassinato...
Un'altra particolarità di Watchmen rispetto ai soliti supereroi, è che i personaggi appaiono qui per la prima ed unica volta, esistono solo in funzione di questa storia, pur essendo ispirati a vecchi fumetti americani. Questo slega il racconto dalle logiche più commerciali e dà agli autori una piena libertà creativa, perché non c'è nessun episodio successivo, nessuna retorica eroica da seguire, nessuna monotona iterazione narrativa da rispettare, non ci sono più dei buoni che sconfiggono sempre i cattivi, né è obbligatorio che gli "eroi" si salvino sempre, quindi si possono esplorare le vite dei personaggi e le loro "reali" motivazioni nel bene e nel male, fuori da ogni banale idealizzazione e fino alle estreme conseguenze, e, attraverso di loro, si possono mettere a nudo debolezze, ipocrisie e contraddizioni di tutte le icone popolari simili prodotte dalla cultura di massa nel corso del '900.
L'occasione che permise questo felice ibrido tra vecchio e nuovo, fu fornita dall'acquisto da parte dell'americana DC Comics, per cui Moore lavorava all'epoca, dei diritti sui personaggi di un'altra editrice appena fallita, la Charlton Comics; inizialmente i dirigenti DC dovevano affidare a Moore e Gibbons una miniserie su questi supereroi quasi dimenticati. A proposito dell'idea iniziale, Moore ha ricordato:"Nella mia tarda gioventù, mentre sognavo di diventare uno scrittore di fumetti, mi ritrovai a pensare riguardo una linea di supereroi pubblicata dalla Archie Comics: E se uno di loro fosse stato trovato assassinato e, attraverso le indagini, avessi esplorato il mondo in cui vivevano? Intendevo riutilizzare quell'idea col progetto che divenne Watchmen. Ma quando sottoponemmo la proposta, la DC comprese che i loro costosi personaggi sarebbero finiti morti o fuori uso."
Il primo progetto non fu quindi approvato, ma, data la qualità del soggetto, fu chiesto ai due autori di ripensarlo con personaggi nuovi. A quel punto però, non si trattava di inventarseli proprio da zero. A questo riguardo il disegnatore Dave Gibbons ha dichiarato: "I personaggi della Charlton erano archetipi supereroistici. C'era il tipo alla Superman, il tipo alla Batman… Capimmo che potevamo creare i nostri archetipi personali e raccontare una storia su tutti i supereroi. Quali erano le loro motivazioni? Come avrebbe cambiato il mondo la loro esistenza reale?"
Gibbons propose che, in un mondo in cui i supereroi esistono, si potevano leggere fumetti di pirati e quando, all'inizio del terzo numero, il simbolo della radioattività fece venire in mente a Moore delle vele nere, cominciarono ad inserire nella storia dei frammenti di un fumetto immaginario su una nave maledetta portatrice di morte che si dirige verso un porto abitato, mentre un naufrago, folle di terrore per i suoi cari, cerca di scongiurare il pericolo. Da quel momento, ciò che accade all'angolo di una strada di New York, dove un ragazzo se ne sta seduto a leggere questa storia nella storia e un edicolante commenta i titoli dei giornali sulla sempre più preoccupante situazione mondiale, diventa un'ennesima sequenza parallela che si protrae fino al drammatico finale, introducendo nel racconto una narrazione sempre più labirintica che procede per associazioni e stratificazioni di significati e mostrando il punto di vista degli uomini della strada, quelli che ci vanno di mezzo mentre i potenti di turno combattono le loro battaglie, quelli che per tutta la storia scrivono sui muri la provocatoria domanda "WHO WATCHES THE WATCHMEN?" ("Chi guarda i guardiani?", "Chi sorveglia i sorveglianti?", dal motto latino "Quis custodiet ipsos custodes?"), frase mai visibile per intero, ma che è la sola giustificazione esplicita del titolo, visto che Watchmen non è il nome di un particolare gruppo di eroi ma si riferisce ai giustizieri in genere (o a qualcosa di più, con implicazioni politiche e sociali)… e anche questa era un'anomalia non da poco per i fumetti dell'epoca.


Oltre i confini del Fumetto

Alla fine, ciò che l'esistenza di Watchmen ha cambiato veramente è il mondo del fumetto, ma non solo; la sua influenza ha avuto ripercussioni su vari settori della cultura di massa. Il caso più eclatante è l'ormai famosissimo simbolo dello smiley, ovvero questo :) . Era il distintivo giallo del Comico che spiccava sulla copertina del primo numero e ritornava in vari punti della storia fino all'ultima pagina, facendo da contraltare ironico al quadrante di un grande orologio che segnava il poco tempo rimasto prima della fine. Nel 1988, l'anno seguente la conclusione della miniserie, Watchmen era già stato raccolto in volume e quel semplice disegno rotondo apparve sulla copertina di un disco dando il via alla mania delle faccine sorridenti riprodotte su spille, magliette ed altro.
Nel campo del fumetto, tutti i supereroi successivi, lo volessero o meno, dovettero fare i conti con Watchmen. In particolare la DC Comics, potendo attingere a cinquant'anni di produzione, tra creazioni proprie o acquisite da altri editori, lanciò nuove serie o miniserie su molti eroi del passato rivisitati in modo analogo, a volte con apprezzabili risultati. Ma in moltissimi casi, anche tra i piccoli editori indipendenti, si assistette ad un'esplosione di cinismo e violenza inseriti in modo gratuito all'interno di storie inconsistenti, ispirate soltanto agli aspetti più superficiali dell'opera di Moore e Gibbons. A questo proposito, Alan Moore ha dichiarato: "Era come guardare il proprio nipotino bastardo e deforme o qualcosa di simile."
I risultati più alti furono raggiunti dagli autori che seppero riallacciarsi più profondamente all'idea originale, ricreando un intero mondo di "eroi", a volte ancora più complesso di quello di Watchmen, ispirato a noti archetipi del genere o della cultura popolare ed evidenziando gli aspetti più umani, sia di chi si trova a diventare un supereroe che delle persone comuni che si rapportano con loro. Tra le opere più interessanti in questo senso, meritano di essere citate almeno Marhall Law degli inglesi Pat Mills e Kevin O'Neil (una feroce satira in cui le contraddizioni dei supereroi assumono precisi significati di critica al sistema americano), Marvels di Kurt Busiek e Alex Ross (che rivisita gli eroi della Marvel mostrandone la storia attraverso lo sguardo ammirato e distaccato di un fotografo), Astro City di Kurt Busiek e Brent Eric Anderson (di cui è protagonista un'intera città in cui convivono superesseri e persone normali), Top Ten di Alan Moore e Gene Ha (sul dipartimento di polizia di una città in cui tutti hanno superpoteri) e Planetary di Warren Ellis e John Cassaday (una sofisticata storia mistery in cui l'esistenza dei supereroi è tenuta segreta da un enorme complotto).
Nel campo letterario, il romanzo del 1997 Superfolks ("Gente Super", inedito in Italia) di Robert Mayer usò i supereroi come metafora degli anni '70 e del fallimento del "sogno americano". Nel campo televisivo, l'impostazione di certe moderne serie di fiction, come Lost o Heroes, non sarebbe stata pensabile senza Watchmen. Nel campo dell'animazione, il divertente film di Brad Bird del 2004, "Gli Incredibili", ne costituisce quasi una versione umoristica. Nel campo cinematografico, giovani registi come Darren Aronofsky e Richard Kelly citano Watchmen tra le loro influenze.
L'approccio narrativo di Moore in questo romanzo a fumetti utilizza infatti molte soluzioni tipiche del cinema, come i montaggi alternati di più scene contemporaneamente o i montaggi in parallelo di sequenze visive e racconti in prima persona, visti fin dagli anni '40 del '900 in film come "La Signora di Shangai" (un altro classico di Orson Welles), solo che in Watchmen parole e immagini possono anche riferirsi a cose diverse messe in relazione e le "voci fuori campo" che raccontano possono appartenere di volta in volta a diversi personaggi. Sull'uso sistematico dei flashback, la spiegazione di Moore è poi semplice come tutte le cose geniali: "Mentre scrivevo il primo numero, mi accorsi che avevo abbastanza trama soltanto per sei numeri. Eravamo sotto contratto per dodici! La soluzione fu di alternare numeri di intreccio con numeri sulle origini dei personaggi…"


Eroi oscuri su uno schermo bianco

In fondo Watchmen potrebbe essere considerato, non solo un manuale su come si fa un fumetto, ma anche su come si sceneggia, o si "disegna", un film. Nonostante ciò, fino a poco fa mancava una sua versione cinematografica… e non perché negli ultimi vent'anni qualcuno non ci avesse pensato.
Già nel 1989, Joel Silver, il produttore di Matrix, tentò di farne un adattamento con la sceneggiatura di Sam Hamm (l'autore del film Batman uscito quello stesso anno) e la regia di Terry Gilliam (il cui film di qualche anno dopo "L'Esercito delle 12 Scimmie" deve senza dubbio qualcosa a Watchmen). L'estro visionario di Gilliam, famoso per pellicole come "Brazil", "Le Avventure del Barone di Munchausen" o "La Leggenda del Re Pescatore", poteva garantire un risultato particolarmente creativo, ma non necessariamente rispettoso della storia originale, visto che la sceneggiatura, circolata al di fuori degli addetti ai lavori e oggi disponibile anche sul web, risultava un po' troppo semplicistica rispetto alla qualità dei testi di Moore. Per fortuna non se ne fece nulla, più che altro per problemi di budget. Con la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda, la trama di Watchmen fu poi considerata superata dal punto di vista politico, finché dopo il 2001 si diffuse una nuova psicosi collettiva ed un nuovo clima di incertezza per il futuro dovuti all'11 settembre, mentre riesplodeva l'interesse per i film di supereroi, soprattutto grazie a X-Men, scritto e diretto nel 2000 da Brian Singer e sceneggiato da David Hayter, un adattamento efficace, intelligente e abbastanza fedele di una popolare serie a fumetti, in cui si applicano ai personaggi atmosfere inquietanti, ma a tratti anche ironiche, non lontane da quelle del capolavoro di Moore e Gibbons.
Di questo, lo stesso di sceneggiatore di X-Men confezionò un nuovo adattamento cinematografico, così fedele che dopo averlo letto anche Moore dovette ammettere: "La sceneggiatura di David Hayter era tanto vicina quanto non avrei potuto immaginare che qualcuno arrivasse a Watchmen."
Ma Alan Moore, deluso per l'inadeguato filmetto che la Fox trasse nel 2003 dal suo "La Lega degli Straordinari Gentlemen" e convintosi che i fumetti sono fatti per essere letti in poltrona e non per essere visti al cinema, ha ormai deciso di opporsi, o quantomeno di negare ogni appoggio, ad ulteriori versioni filmiche delle sue opere. In pratica, poiché i diritti su Watchmen appartengono alla DC Comics, tutto ciò che Moore ha potuto fare, con incredibile coerenza, è stato proibire qualunque uso del suo nome nei titoli o nella promozione, lasciare ogni sua percentuale al coautore del fumetto Dave Gibbons (come già aveva fatto per l'adattamento di un altro suo capolavoro, "V for Vendetta", nei confronti del disegnatore David Lloyd) e dichiarare che non sarebbe andato a vedere il film.
Alla fine, il 6 marzo 2009 usciva nelle sale, in contemporanea mondiale, il film Watchmen, diretto da Zack Snyder, il regista che con 300 aveva girato una versione della battaglia delle Termopili storicamente imprecisa ma fedele all'omonimo fumetto di Frank Miller. Tre anni prima scrivevo in un articolo: "…sarà molto difficile poter mai vedere un film tratto dai fumetti di Moore con dei dialoghi all'altezza di quelli originali, a meno che non sia lui stesso a scriverne la sceneggiatura." Ebbene, il merito principale di Hayter prima e Snyder poi, insieme al cosceneggiatore Alex Tse e ai loro collaboratori, è stato di seguire quasi come uno storyboard (una "sceneggiatura disegnata") le pagine del fumetto, riportando fedelmente dialoghi e monologhi delle voci narranti scritti da Moore, attenendosi al montaggio delle sequenze, citando spesso le inquadrature disegnate da Gibbons (pur variandole per renderle più ariose e scorrevoli sullo schermo), scegliendo attori somiglianti ai personaggi piuttosto che nomi di richiamo, ottenendo adeguate atmosfere rétro ed effetti visionari plausibili con un sapiente uso di fotografia e tecniche digitali, ricreando insomma ogni elemento della storia nei minimi dettagli e, a parte l'aggiunta di una colonna sonora che cita musiche degli anni '80, prendendosi solo alcune piccole libertà, condivisibili o meno ma del tutto comprensibili.
Molto di ciò che Moore spiegava a posteriori, soprattutto nelle appendici letterarie, è anticipato in un prologo in cui una trasmissione TV accenna ai retroscena del racconto, chiariti subito dopo da una sigla in cui un susseguirsi di scene spettacolari ed ironiche mostrano l'intrusione nella Storia americana di questi supereroi, da quelli ingenui e variopinti degli anni '40 a quelli più cupi e violenti degli anni '80, mentre le note di una ballata di Bob Dylan, cantautore più volte citato nel fumetto, fanno capire che i tempi stanno cambiando. Come già accaduto con gli X-Men, si sono ridisegnati alcuni costumi per renderli più aggressivi e moderni (si è evidenziata la somiglianza con Batman del giustiziere metropolitano Nite Owl, si è sostituita con tuta attillata e reggicalze la minigonna sexy dell'eroina Silk Spectre, si sono dati toni dark al look antico del superuomo apollineo Ozymandias...), differenziandoli ancora di più da quelli sgargianti e volutamente un po' pacchiani dei vecchi giustizieri ormai in pensione. Per ovvie esigenze spettacolari, è stato dato più spazio alle scene d'azione, che nel fumetto si risolvevano rapidamente, ma solo nei punti in cui erano già previste dalla trama originale, e sono stati accentuati alcuni dei dettagli più "crudi" del racconto, che nel fumetto a volte si svolgevano fuori campo mentre qui sono resi più espliciti e violenti, il ché ha valso al film il divieto per i minori di 14 anni. Sono scelte che possono sembrare concessioni commerciali, ma vanno nella direzione di rivolgersi decisamente ad un pubblico adulto, evitando eventuali censure nelle scene essenziali. Come concessione agli spettatori che, nel rapido susseguirsi delle scene, non avessero notato le scritte sui muri con la frase "WHO WATCHES THE WATCHMEN", presenti nel film ma mai inquadrate da vicino, la parola Watchmen è usata anche come possibile nome di un'ipotetica squadra di eroi, citata nel fumetto con un altro termine. Alcuni ricordi sepolti di Silk Spectre sono stimolati dal Dottor Manhattan con i suoi poteri, invece di venire semplicemente alla luce durante una discussione come nel fumetto. C'è una semplificazione nel finale, rispetto alla complicata soluzione imbastita da Moore, e non è più solo New York ad essere colpita ma varie città del mondo, forse anche per "diluire" le inquietanti affinità con l'11 settembre, ma tutto ciò non interferisce con la storia nel suo complesso ed anche la sequenza conclusiva in Antartide è quasi del tutto identica all'originale.
Quello di cui si può effettivamente sentire la mancanza sono le molte scene secondarie tagliate, che non coinvolgevano i supereroi o non erano essenziali al racconto principale, ma riguardavano per lo più persone comuni alle prese con i problemi di tutti i giorni, mentre certe situazioni ne scuotevano le certezze e la crescente tensione e paura per il futuro li spingeva anche a compiere atti estremi. Nel fumetto queste sequenze, alternate alle azioni più o meno decise degli "eroi", arricchivano la trama mostrando come tutte le cose piccole o grandi, tutte le vite e gli eventi, pur appartenendo a luoghi e momenti diversi, possono essere in qualche modo in relazione tra loro. D'altra parte, per rappresentare un simile affresco sociale nel film, che già così dura circa due ore e tre quarti, si sarebbe dovuta realizzare una fiction a puntate invece di un lungometraggio.
Ad ulteriore onore degli autori, si può dire che, nel rispetto con cui hanno trattato il materiale originale, hanno aggiunto semplicemente quelli si possono considerare dei momenti accaduti ma non mostrati all'interno del fumetto e, allo stesso modo, è come se le scene del fumetto da loro tagliate fossero accadute anche all'interno del film, pur senza essere inquadrate, come se la storia non fosse che una e la scelta fosse limitata soltanto a cosa mostrare e cosa no. Così, verso la fine, un momento cruciale si addensa comunque su quel certo angolo di strada, in cui ritroviamo gli stessi uomini comuni della storia disegnata, perfettamente riconoscibili, anche se sullo schermo non abbiamo assistito alle loro vicissitudini.
In Watchmen, nel film come nel libro, nulla è lasciato al caso. Le pagine usate da Moore per descrivere la sceneggiatura del fumetto erano oltre dieci volte quelle del volume pubblicato, per non parlare degli schizzi preliminari di Gibbons, a loro volta raccolti nel volume "Watching the Watchmen". Sceneggiatori e regista del film hanno dimostrato di essere consapevoli che, in un'opera costruita in modo così elaborato e preciso, il come la storia viene raccontata è importante quanto e più della storia stessa e che qualunque deviazione eccessiva dai contenuti o dal montaggio delle scene sarebbe apparsa un tradimento dell'idea originale. Aiutati anche dalla collaborazione di Gibbons, sono riusciti a realizzare uno dei più bei film che siano mai stati tratti da un fumetto e decisamente il migliore, e il più fedele, finora tratto da un'opera di Alan Moore. Sullo schermo come sulla carta, il meccanismo continua a funzionare, la storia scorre perfettamente e ogni dettaglio trova inesorabilmente il suo posto, a conferma del fatto che Moore e Gibbons, tra un esperimento grafico e l'altro, avevano effettivamente "disegnato" anche un film.



Watchmen (il fumetto)
Testi di Alan Moore
Disegni di Dave Gibbons
Colori originali di John Higgins
Formato: 416 pagine
Edizioni italiane: Rizzoli - Milano Libri, Playpress, Editoriale L'Espresso, Planeta De Agostini



Watchmen (il film)
Sceneggiatura di David Hayter
Regia di Zack Snyder
Durata: 2h 42'
Produzione: Warner Bros.
Sito ufficiale italiano: www.watchmen-ilfilm.it



Hanno detto di Watchmen (il fumetto):

Len Wein (supervisore della miniserie): - "Watchmen e Il Cavaliere Oscuro fondamentalmente ridefinirono l'industria [del fumetto] per il decennio successivo."

Pietro Favari (critico teatrale e storico del fumetto): - "…con Watchmen, Alan Moore e Dave Gibbons portano ad una definitiva maturità espressiva la mitologia dei supereroi…"

Joss Whedon (autore di "Buffy the Vampire Slayer"): - "Watchmen prese la storia dei fumetti e la usò come un tentativo per esaminare la condizione umana in un modo che nessuno aveva visto prima."

Alan Moore (sceneggiatore della storia): - "…quello che abbiamo cercato di fare con Watchmen è stato realizzare una struttura cristallina, come un gioiello con centinaia e centinaia di facce, e ognuna era una sintesi di tutte le altre..."

Sam Hamm (sceneggiatore del primo tentativo di adattamento cinematografico): - "… è davvero uno spettacolare pezzo di architettura. Cercare di replicarlo era semplicemente impossibile."

Jude Law (attore cinematografico inglese): - "Watchmen ha cambiato la mia vita."

Damon Lindelof (co-creatore di "Lost"): - "È il più grande pezzo di fiction popolare mai prodotto."

Dave Gibbons (coautore e disegnatore della storia): - "Ciò che Watchmen dimostrò era un possibile modo di fare i fumetti. Il messaggio era ampliare - non dar loro dei limiti."

Per le notizie e le citazioni è stato consultato materiale tratto dai siti search.ew.com, ultrazine.org, comicscode.net, wikipedia.org e il libro di Lance Parkin "Alan Moore - biografia, testi, fotografie" (edizione italiana Black Velvet 2002).


Altri articoli in rete su opere di Alan Moore:

Misteriosi assassini e folli geniali:
L'arte di Alan Moore tra fumetto e cinema
www.segretidipulcinella.it/sdp14/art_02.htm

Alan Moore: Eroi, orchi e serpenti
www.de-code.net/approfondimenti_scheda.asp?tipo=1&id=10

Promethea: La doppia natura dell'esistenza
Sulla rivista in pdf DE:CODE n°1 scaricabile alla pagina
www.glamazonia.it/board/de-code-anno-numero-t-8261.html

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