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Dalla società dello spettacolo, allo spettacolo della forca (The spectacle of the scaffold) Fra Guy Debord e Michel Foucault
Articolo di Apostolos Apostolou

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Dalla società dello spettacolo, allo spettacolo della forca
(The spectacle of the scaffold)
Fra Guy Debord e Michel Foucault
 

Apostolos Apostolou


La struttura dello spettacolo è una castrazione simbolica. Cioè lo spettacolo sostiene con forza la regia tra significante e significato. Si muove dal principio che dice: Il desiderio è sempre il desiderio dell'altro. (Le désir de l' homme est le désir de l' Autre). Con altre parole gli uomini devono salvare lo spettacolo siccome lo spettacolo ha il compito di introdurre attraverso degli immagini il tempo nuovo. Possiamo guardare la storia bizantina, la lotta con le immagini. Iconoclastia era, infatti, la victoria dell'immaginario. L'uomo si accorge che l'immagine ha un elemento immaginario, cioè un valore simbolico che è insuperabile. (Iconoclastia è l'impulso alla distruzione delle immagini, in particolare le raffigurazioni di Dio e dei santi, o almeno a vietarne la produzione era insito nella spiritualità del cristianesimo. Anche coloro che non rifiutarono mai completamente le immagini sentirono l'esigenza di controllarne l'uso per premunirsi contro il pericolo dell'idolatria, il rischio che i fedeli potessero sostituire le icone a Dio come oggetto di devozione. Enciclopedia Treccani.)
Guy Debord descrive assolutamente la struttura dello spettacolo come castrazione simbolica. "La prima fase del dominio dell'economia sulla vita sociale aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un'evidente degradazione dell'essere in avere. La fase presente dell'occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell'economia conduce a uno slittamento generalizzato dell'avere nell'apparire, da cui ogni "avere" effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima.". (Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2001). Ciò che aliena l'uomo, ciò che lo allontana dal libero sviluppo delle sue facoltà naturali non è più, come accadeva ai tempi di Marx, l'oppressione diretta del padrone ed il feticismo delle merci, bensì è lo spettacolo, che Debord identifica come " un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini" ( Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2001.) Lo spettacolo, di cui i mass media sono solo una delle molte espressioni, è parte fondante della società contemporanea, ed il responsabile della perdita da parte del singolo di ogni tipo di individualità, personalità, creatività umane: la passività e la contemplazione sono ciò che caratterizza l'attuale condizione umana Ciò che rende lo spettacolo ingannevole e negativo è il fatto che esso rappresenta il dominio di una parte della società, l'economia, su ogni altro aspetto della società stessa; la mercificazione di ogni aspetto della vita quotidiana rompe quell'unità che caratterizza la condizione umana propriamente detta: " Più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio " (Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2001). Lo spettacolo, così come lo descrive Debord, è sia il mezzo, sia il fine del modo di produzione vigente. In un altro détournement (stavolta di matrice hegeliana ), Debord afferma che "la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale". La spettacolarizzazione della realtà prende, in un certo senso, il posto della religione , realizzando "l'esilio dei poteri umani in un al di là" e fungendo da guardiano del sonno dalla "società moderna incatenata", di cui è il "cattivo sogno". Mentre la religione si è imposta, nella concezione debordiana, come fonte di divieti per l'uomo, lo spettacolo mostra all'uomo ciò che egli può fare, ma, scrive ancora Debord, "il permesso si oppone assolutamente al possibile". "Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine".
Però Michel Foucault, vede lo spettacolo come forca. Lo spettacolo consiste principalmente nella messa in regola del soggetto con il proprio desiderio, nei confronti del gioco dei significanti che lo animano e costituiscono la sua legge. Con altre parole lo spettacolo, diventa disciplina, legge, canone. Michel Foucault descrive lo spettacolo nella situazione del Panopticon. Che cosa è il Panopticon? " Il modello del Panopticon , ideato da Jeremy Bentham come paradigma della società moderna . Il Panopticon è il luogo perfetto per l'osservazione e la correzione del diverso. Preso a modello di detenzione dal filosofo francese Paul Michel Foucault, che nel 1975 pubblica il saggio "Sorvegliare e punire: nascita della prigione", il Panopticon è una struttura architettonica ad anello, dove al centro si trova una torre con grandi finestre: la costruzione periferica è divisa in celle, una per ogni detenuto, provviste di due finestre, una che dia sulla finestra della torre e l'altra verso l'esterno che permetta alla luce di attraversare la stanza. ogni detenuto è visto dal sorvegliante, ma i muri laterali gli impediscono di entrare in contatto con i compagni: il detenuto è visto ma non vede. Da ciò deriva la forza del Panopticon: indurre nel detenuto uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento del potere nelle moderne società occidentali, come una sorta di Grande Fratello orwelliano. Secondo Foucault "L'architettura del Panopticon sarebbe la figura di un potere che non si cala più sulla società dall'alto, ma la pervade da dentro e si costruisce in una serie di relazioni di potere multiple.
Sotto il profilo delle relazioni di potere, attraverso l'invisibilità del controllo, il Panopticon si ricollega anche all'Anello di Gige e al Grande Fratello orwelliano." il film di Garrone è ambizioso ma non perfetto, lunghe carrellate da grande regista (ma Garrone non ha il controllo sullo spazio che è solo dei grandissimi), qualche passaggio un po' debole, personaggi che restano macchiette. Ma ha molto gusto (il film visivamente è molto bello), non fa un cinema pariolicentrico (e già solo questo...), non è spocchioso, vuole bene ai suoi personaggi e si respira, soprattutto nel bel finale misticheggiante, un'empatia che non scade mai nel paraculismo di un Virzì (la cena fighetta con sdoganamento heideggeriano del GF in "Tutta la vita davanti" era una cosa da prendere i forconi). Soprattutto ha un paio di buone idee, che forse non sfrutta fino in fondo, ma ci sono. Il Grande Fratello oggi non è semplicemente un format televisivo di successo, piuttosto sta diventando il nostro nuovo modello sociale, in base al quale si sta riconfigurando tutta la nostra società (i matrimoni-spettacolo con fondali di cartapesta nella scena iniziale) e il delirio paranoide del protagonista è semplicemente la dimostrazione di come la realtà sia stata inglobata all'interno della surrealtà paradossale governata da questa sorta di overlook orwelliano. Al punto che, convintosi di essere spiato, il protagonista cercherà di regolare il suo comportamento sulla base di questa convinzione, dando ragione alle teorie di Bentham. Anche i continui paragoni con la religione hanno un senso preciso: religione e Grande Fratello sono entrambi sistemi di controllo sociale percepiti dalle masse come onnipotenti, ma il primo centralizzato e verticale ("ricordati che Dio ti vede da lassù") il secondo invece diffuso e orizzontale: oggi chiunque può essere il tuo controllore ("la dittatura del mi piace", vero Akab ?). Garrone ci prova insomma a raccontarci qualcosa di dove siamo e dove stiamo andando, e se la cava meglio del più superficiale Social Network di Fincher-Sorkin. In fondo si ritorna sempre a Videodrome : "è la televisione la realtà, e la realtà è meno della televisione"." (scrive Emanuele Messina venerdì 5 ottobre 2012). Panopticon consentiva una costante osservazione caratterizzata dalla "veduta diseguale".Consentiva una costante osservazione caratterizzata dalla "veduta diseguale".Infatti, forse la più importante caratteristica del Panopticon risiedeva nella progettazione costruttiva grazie alla quale il recluso non poteva mai sapere quando (e se) effettivamente era sorvegliato In tale modo, per l'appunto, la "veduta diseguale" determinava l'interiorizzazione dell'individualità disciplinare, ed il corpo docile richiesto per gli internati. Ciò significa che si è meno indotti a trasgredire leggi o regole se si crede di essere osservati, anche quando in realtà la sorveglianza non è (momentaneamente) praticata . Pertanto, la prigione, specie se ricalca il paradigma del Panopticon , offre la forma ideale di punizione moderna. Secondo Foucault, questo è il motivo per cui la punizione generalizzata, "gentile", delle catene di forzati ha comunque dovuto cedere il passo al carcere. Quest'ultimo era la modernizzazione ideale della punizione, ed era quindi naturale che alla lunga prevalesse. Fornita la dimostrazione logica del trionfo della prigione sulle altre forme punitive, Foucault dedica il resto del suo libro all'esame preciso della sua forma e funzione nella nostra società, per porre a nudo le ragioni del suo uso continuato, e per analizzare i supposti effetti di tale impiego. Lo spettacolo diventa prigione, perché il mondo è una prigione e tutto è illusione. Viviamo in epoca che lo spazio privato non c'importa più nulla, perché non ci serve lo spazio privato, e questo perché non abbiamo più nulla da nascondere. Con altre parole, possiamo dire che abbiamo passato dalla società dello spettacolo allo spettacolo della forca.

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