Quando l'arte performativa 
                              diventa un ensemble: intervista al giovane artista 
                              Andrea Rossi 
                               
 
			                  
                              A cura di Alessandro Rizzo 
                               
                               
                             
			                Andrea Rossi è un giovane 
                            artista a tutto tondo: dalla danza classica al jazz, 
                            dal tip tap al flamenco, dal canto alla musica e 
                            alla recitazione. La fisicità è la parte 
                            caratterizzante delle sue performance tanto da 
                            vedere il ragazzo romagnolo "interpreta" e non 
                            esegue i personaggi che va a rappresentare tramite 
                            un vero e proprio ensemble di discipline. Andrea 
                            cresce nell'officina meccanica di suo padre 
                            dedicandosi nel tempo libero al canto, inizialmente. 
                            Lo abbiamo gustato nella sua attività artistica 
                            performativa in un musical a Milano, un vero 
                            successo per la platea meneghina, lo scorso 
                            febbraio: Priscilla la Regina del Deserto. Lo 
                            abbiamo intervistato con piacere conoscendone le 
                            aspettative, gli obiettivi e i prossimi progetti a 
                            cui Andrea sta lavorando.
                            
			                
                              
                             
                            1. Danza classica, jazz, tip tap, flamenco, 
                            canto, musica e recitazione: sono le varie branchie 
                            artistiche che affronti nella tua formazione. Quanto 
                            di queste arti sono in te e, soprattutto, quale tra 
                            esse è quella che più ti rappresenta? 
                             
                            Diciamo che il canto è quella che mi identifica 
                            meglio e quella che mi fa sentire più a mio agio sul 
                            palco. Sicuramente sarà il fatto che ho iniziato a 
                            cantare quando avevo 16 anni con un gruppo di amici 
                            in giro per i locali riminesi e mi sono fatto una 
                            bella gavetta cantando veramente ovunque. Come 
                            ballerino invece mi sono scoperto tardi ( 23 anni ) 
                            anche se faccio parte di un gruppo di danza 
                            acrobatica da 18 anni, attraverso il quale ho 
                            scoperto veramente come usare il mio corpo. La danza 
                            classica e il jazz sono i tipi di danza che 
                            prediligo. Resta il fatto che io non mi definisca 
                            propriamente un danzatore. 
                            Sicuramente la recitazione è la parte della mia 
                            formazione che ancora sto affinando e che ad ogni 
                            lavoro nuovo cerco di affrontare e migliorare 
                            mettendomi in gioco con i miei colleghi. 
                             
                            2. Ci sono dei punti in comune e di interazione 
                            tra le diverse discipline artistiche che tu hai 
                            affrontato? 
                              
                            A me piace viverle come un'unica disciplina. Anche 
                            come ensemble, è vero che ballo in primo luogo, ma 
                            ancor prima sto dando vita a un personaggio (seppur 
                            piccolo e magari senza alcun nesso con la storia) 
                            che non è " Andrea Rossi " l'esecutore ma 
                            l'interprete. Senza contare che mentre balli e dai 
                            vita al personaggio devi chiaramente anche cantare. 
                            Quindi, a mio avviso, non bisogna pensare di salire 
                            sul palco e fare tre cose distinte; ma bisogna 
                            andare sul palco portando in scena un personaggio 
                            che dovrà respirare e muoversi attraverso l'ausilio 
                            delle 3arti. 
                             
                            3. Quali sono i tuoi riferimenti artistici? 
                             
                            Mi sento un po' atipico. Diciamo che io non avevo 
                            questo tipo di velleità artistica quando ero più 
                            piccolo e quindi, lo ammetto, non ero uno che andava 
                            a teatro. Io andavo ai concerti di musica hard rock, 
                            metal, e quindi sono cresciuto così. Suonando la 
                            chitarra e cantando questo genere di musica. Ed è 
                            questo a cui mi sento più affine, chiaramente poi mi 
                            sono appassionano al teatro e ho cercato di crescere 
                            approfondendo le cose. 
                             
                            4. Che cosa Andrea voleva fare da grande quando 
                            era piccolo, in campo artistico si intende? 
                              
                            Io sono cresciuto lavorando nell'officina 
                            metalmeccanica di mio padre, coltivando il canto 
                            come passatempo. Poi un giorno ho capito che il 
                            palco era la mia casa. 
                             
                            5. Ora affronti da qualche anno a questa parte 
                            ruoli recitativi e performativi in diversi musical, 
                            anche di livello internazionale: nel 2005 interpreti 
                            il ruolo di Hanna nel musical Jesus Christ 
                            Superstar, produzione di Ludovico Van V.D.A, poi il 
                            ruolo dello Sceriffo di Nottingham nel musical Robin 
                            Hood con Manuel Frattini, interpreti Ram Tam Taggher 
                            nel musical Cats prodotto dalla Compagnia della 
                            Rancia e, infine, interpreti altri e diversi ruoli 
                            nel musical tanto seguito a Milano l'ultima 
                            stagione, Priscilla la regina del deserto. Come 
                            prepari i diversi personaggi, molto eterogenei nelle 
                            loro caratteristiche, e quanto di questi personaggi 
                            sono presenti e vivi nella tua personalità? 
                             
                            Beh, sicuramente con molta umiltà e spirito di 
                            ricerca. Ogni personaggio ha un potenziale immenso 
                            perché contiene la giusta percentuale di elementi 
                            affini al nostro modo di essere ed altri 
                            completamente lontani. Per esempio con Ram Tam 
                            Taggher ho dovuto tirare fuori un'indole piuttosto 
                            spavalda cercando di non farmi sopraffare dalla mia 
                            naturale timidezza. Inverso invece è stato il lavoro 
                            che ho dovuto fare in "priscilla" come cover di Tick 
                            , dove ho messo a nudo la mia sensibilità, scoprendo 
                            che in realtà non era poi così inesistente. Credo 
                            che il nostro sia un lavoro fortunato perché puoi 
                            fare i conti con il tuo vero " io " e indagarlo in 
                            tutti i suoi particolari. 
                             
                            6. Ultimamente, come dicevamo, hai lavorato nel 
                            musical Priscilla la regina del deserto, quasi 
                            simbolo culturale di una società più accogliente e 
                            tollerante, un inno all'uguaglianza e al rispetto 
                            dei diritti dell'essere umano: che cosa ha 
                            significato artisticamente per te prendere parte a 
                            questo lavoro e quale è la tua considerazione 
                            riguardo a un'opera che ha molto significato 
                            nell'emancipazione della persona e nell'affermazione 
                            dei diritti delle persone lgbt? 
                              
                            Beh, è stata una bella sfida. Quando sono entrato 
                            nel mondo dello spettacolo mi sono trovato a fare i 
                            conti con un mondo che prima non conoscevo. Per me 
                            l'omosessualità era una cosa lontana dal mio essere, 
                            che non mi interessava. Non ero spaventato ma ma 
                            semplicemente non conoscevo. Poi mi sono trovato a 
                            fare i conti con questo mondo in modo molto naturale 
                            e senza alcun tipo di problemi, ma ho visto anche la 
                            difficoltà della gente nell'accettazione. E 
                            soprattuto facendo questo spettacolo mi sono accorto 
                            che ancora la gente non riesce a vedere al di là 
                            della cortina di colori, lustrini e paillette, che 
                            copre questa realtà. Finché un omosessuale canta, 
                            ironizza e fa divertire tutto bene, quando si 
                            comincia a parlare di cose più serie iniziano le 
                            reazioni strane, non tanto cattiveria, forse più 
                            perplessità. Però questo spettacolo ha aiutato a 
                            capire, ad accettare. Io ho anche dovuto fare un 
                            gran lavoro per trovare la mia parte femminile senza 
                            scadere nell'ovvietà. Dover interpretare un ruolo 
                            come quello di Tick (come ho detto prima sono la 
                            cover, ovvero il sostituto, di questo ruolo) ha 
                            significato cercare dentro di me il giusto 
                            equilibrio tra un uomo eterosessuale ed un 
                            omosessuale, vincendo la paura di esternare di 
                            fronte alla massa la parte femminile.  
                             
                            8. Che cosa vuoi esprimere con la tua arte 
                            performativa e, soprattutto, che cosa la danza, che 
                            è anche fisicità, può dare all'arte recitativa? 
                             
                            Sicuramente la fisicità è fondamentale. Una persona 
                            non vive con la sola parola, ma con il corpo, e così 
                            anche un personaggio in teatro vive non solo nella 
                            voce ma nel suo essere fisicamente sul palco. 
                             
                            9. Stai lavorando ad altre opere? 
                             
                            Per adesso no, diciamo che mi prendo un po' di 
                            vacanza, ma tra poco vado a lavorare in un villaggio 
                            turistico in Basilicata e poi il prossimo anno si 
                            riprende con Priscilla. 
                             
                            10. Quale futuro ha la professione artistica nel 
                            nostro Paese, quale futuro si prospetta Andrea come 
                            artista e, soprattutto, che cosa si aspetta dal 
                            futuro? Quali sono gli obiettivi e le finalità? 
                              
                            Questo è un discorso molto lungo e complesso. 
                            Diciamo che a livello di spettacoli c'è molto 
                            movimento, ma purtroppo noi siamo un po' carne da 
                            macello e con la crisi che c'è in Italia anche il 
                            nostro settore ne risente. Non saprei dire come 
                            sarà, ma sono ottimista e voglio credere che il 
                            futuro in generale, in tutti gli ambiti e i settori, 
                            sarà roseo. Io sicuramente per il mio futuro mi 
                            aspetto una famiglia. In questo ultimo periodo ho 
                            capito che il lavoro non è tutto, noi come artisti 
                            siamo abituati a vivere per il lavoro, e questo ci 
                            fa perdere di vista un po' la realtà. È per questo 
                            che ho deciso che, a prescindere dal mio lavoro 
                            voglio mettere su famiglia con la mia compagna e 
                            vivere in una bella casetta in mezzo al verde, 
                            questo è il mio sogno e questo è quello che sono 
                            sicuro arriverà, anche se volesse dire non lavorare 
                            più in teatro.
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