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Libri a fumetti

PARITA' DI FUMETTI PER GLI AFROAMERICANI
dal razzismo all'antirazzismo disegnato

Articolo di Andrea Cantucci

Miti mutanti 16

Strisce di Andrea Cantucci

Un artista a Coverciano 2

Strisce di Luca Mori

PARITA' DI FUMETTI PER GLI AFROAMERICANI
dal razzismo all'antirazzismo disegnato

 

Andrea Cantucci

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Personaggi colonialisti e post-colonialisti

Nei fumetti della prima metà del '900, così come negli altri mass media occidendali dello stesso periodo, gli Africani e gli altri popoli del terzo mondo erano ancora visti come dei selvaggi pericolosi e ingenui, che potevano aspirare a partecipare di una qualche civiltà solo sottomettendosi all'autorità dei colonizzatori bianchi. Sia nei sogni del piccolo Nemo, creato da Winsor McCay nel 1905, che nella precedente serie di Rudolph Dirks "The Katzenjammer Kids", incentrata su una famiglia di coloni tedeschi in Africa, gli indigeni sono tutt'al più dei buffi pagliacci feroci che fanno da contorno comico alle disavventure dei protagonisti. Anche il primo eroe di colore dei fumetti, il piccolo africano Bilbolbul, creato dall'italiano Attilio Mussino sulle pagine del Corriere dei Piccoli, sarebbe una macchietta comica piuttosto stereotipata se le sue avventure non fossero arricchite da geniali metamorfosi grafiche, che danno sostanza fisica a qualunque metafora verbale.
Quanto alla minoranza afroamericana, nella stragrande maggioranza dei fumetti dell'epoca semplicemente non appariva e nei rari casi in cui si vedeva era descritta in modo pesantemente caricaturale e offensivo. La serie comica "Las Aventuras del Negro Raùl", creata dall'argentino Arturo Lanteri nel 1916, che mostra i tentativi frustrati di prendere parte alla società dei bianchi da parte del maldestro e bistrattato protagonista, è in questo senso emblematica, benché qualcuno abbia voluto vedervi dei contenuti di denucia antirazzista che difficilmente potevano essere nelle intenzioni dell'autore. Purtroppo il razzismo era ancora così connaturato nella società dell'epoca, che probabilmente i disegnatori rappresentavano i neri in modo discriminatorio senza neanche accorgersene.
Quella che si potrebbe considerare come la prima serie a fumetti politicamente corretta, e che costituisce una totale eccezione per i tempi, riguarda infatti gli Indiani d'America. Si tratta di "Little Growling Bird in Windego Land" (La Piccola Uccello Rinchiante nella Terra dei Windego), realizzata da S.N.T. Crichton nel 1907 e incentrata sull'amicizia tra una bambina indiana e una bambina bianca. Questa serie di tavole anticipa di trent'anni quella dell'indianino disneyano "Little Hiawatha", che dall'omonimo cartone animato passerà ai fumetti nel 1940 e a cui seguiranno nei decenni successivi altri piccoli Nativi Americani creati da autori di vari paesi, a partire dalla versione infantile dell'indio patagone Patoruzù, un eroe comico notissimo in Sudamerica, creato dall'argentino Dante Quinterno nel 1931.
Ma tra gli anni '20 e '40 questi erano ancora casi rarissimi, Gli appartenenti a minoranze etniche nei fumetti di quei tempi per lo più facevano "colore", sia che fossero minacciosi, come i servitori orientali del patrigno miliardario dell'orfanella Annie, sia che fossero semplicemente buffi, come il cuoco cinese del giovane avventuriero Terry Lee. Prima di diventare titolari di una propria breve serie, dovevano aver acquistato notorietà come comprimari di un protagonista bianco. Eppure anche solo rappresentare in termini positivi una minoranza etnica al fianco di un eroe particolarmente amato, poteva contribuire a combattere dei radicati pregiudizi razziali, così come i suoi eventuali nemici o servitori di colore potevano invece contribuire a sostenerli.
A questo proposito, il maestro belga Georges Rémi, in arte Hergé, nella sua lunga serie del reporter Tintin, iniziata nel 1929 e di recente trasposta al cinema da Spielberg, ci offre sia un esempio di razzismo che uno di antirazzismo. La storia "Tintin in Congo" riflette la mentalità arretrata e irrispettosa verso la cultura indigena dell'epoca in cui quel paese era una colonia belga e, essendo tutt'ora ristampata regolarmente senza aver mai subito modifiche, nel 2011 è incorsa in una denucia per razzismo da parte di un cittadino congolese ed è stata rinviata a giudizio. D'altra parte nella storia "Il Loto Blu" del 1931 Tintin stringe una lunga e sincera amicizia con un ragazzino orientale di nome Tchang, che in Francia è diventato così famoso da essere immortalato su francobolli e monete e che era ispirato ad un autentico amico cinese dell'autore. Parlando con Tchang è lo stesso Tintin ad esprimersi contro i ridicoli pregiudizi che bianchi e cinesi nutrono gli uni verso gli altri; il fatto è che il personaggio di Hergé trae ispirazione dallo scoutismo cattolico ed oscilla quindi tra paternalismo reazionario e sentimenti di amicizia verso gli altri popoli.
Anche in fumetti tratti da cicli d'avventure letterari, come quello di Tarzan di Edgar Rice Burroughs e quello di Conan di Robert Erwin Howard, si trovano talvolta delle descrizioni abbastanza razziste e offensive di popolazioni nere, rappresentate come feroci cannibali, ma questo dipende per lo più dalle fonti originali che risalgono al periodo tra gli anni '10 e '30 del '900, mentre alcuni fumettisti, a partire dagli anni '70, hanno tentato di porvi rimedio, sorvolando rapidamente sui dettagli più imbarazzanti. Ad esempio Joe Kubert, riadattando il primo romanzo di Tarzan, modificò radicalmente una scena in cui l'eroe intrappolava un africano e lo assassinava a sangue freddo, trasformandola in uno scontro leale tra due guerrieri. Lo sceneggiatore dei fumetti di Conan, Roy Thomas, si mantenne più fedele ai racconti di Howard, ma fece disegnare in campo lungo una scena in cui l'eroe barbaro uccideva un cannibale alle spalle, in modo da renderla meno evidente. In altri episodi, gli affiancò poi degli amici di colore come compagni di lotta e ambientò un suo lungo ciclo di avventure nel continente nero. Nelle storie tratte direttamente dai primi romanzi, invece, sia Tarzan che Conan facevano "amicizia" per la prima volta con dei guerrieri africani diventandone i capi, come se il rapporto tra gli uomini neri e l'eroe bianco di turno potesse essere solo di ostilità o di sudditanza.
Anche nelle storie di Tim e Spud (Cino e Franco), le tribù africane erano regolarmente sottomesse a capi, re o regine bianchi, mentre Mickey Mouse, nella storia del 1937 "Topolino e il Gorilla Spettro" diceva esplicitamente a dei portatori africani che lui era il loro padrone e loro i suoi servi, in un dialogo che fu radicalmente sostituito in una ristampa del 1969, facendolo parlare di tutt'altro.
Altrettanto autoritario e paternalista verso gli indigeni, visti ancora come ingenui e superstiziosi, era agli inizi il pur affascinante e benevolo giustiziere "The Phantom" (L'Uomo Mascherato), creato dallo sceneggiatore Lee Falk nel 1936, che come Tarzan, imponeva la sua legge di uomo bianco sulla giungla facendosi passare per un essere soprannaturale. L'altro eroe di Falk, l'ironico ed elegante mago Mandrake, fin dalla sua creazione nel 1934, era invece sempre accompagnato dal forzuto servitore africano Lothar. Entrambi i personaggi subirono però una netta revisione in senso antirazzista da parte dell'autore, a partire dagli anni '60 del '900. Così Guran, il capo dei pigmei agli ordini di Phantom, assunse sempre più un ruolo di confidente e di vecchio saggio, al posto della caratterizzazione da rozzo "selvaggio ignorante" che aveva all'inizio. Anche Lothar, da principio descritto come un bonaccione lento di comprendonio, si fece più intelligente e fu rivestito con abiti moderni, al posto della pelle di leopardo che indossava prima. Smise in pratica di essere un assistente pittoresco ma intellettualmente subordinato a Mandrake, per assumere un ruolo di amico alla pari. L'autore gli restituiva così una sua piena dignità, approfittando anche del fatto che, già alla fine degli anni '30, ne aveva rivelata l'elevata condizione di nascita: si trattava nientemeno che di un re africano (!).
Ben più razzisti, e senza nessun ripensamento, erano comunque i fumetti italiani del periodo fascista, tra gli anni '30 e '40 del '900 obbligatoriamente allineati alle direttive del regime attraverso le censure del Minculpop. Si va dalle tristi tavole comiche di De Seta, che mostrano Africani ammaestrati da piccoli Balilla, Abissini presi a manganellate da Italiani, o turpi Ebrei che rubano la merenda ai bambini, fino a racconti seri ma ridicoli come "Di un'Altra Razza", di Giacomo Ponticelli, sulle disgrazie a cui va incontro un italiano per aver sposato una donna turca, mentre un eroe dalla mascella mussoliniana come il forzuto Dick Fulmine, creato da Baggioli e Cossio nel 1938, per lo più malmenava delinquenti cinesi, ebrei, neri o sudamericani.
Nell'Italia fascista non sarebbe evidentemente stata possibile una serie di strisce avventurose come quella statunitense contemporanea di Charlie Chan, in cui il protagonista era un ispettore di Honolulu. In compenso nel 1941, in barba ai divieti contro i fumetti stranieri, fu brevemente pubblicato anche da noi "Lone Ranger", benché col nome autarchico de "Il Solitario della Foresta", un pistolero mascherato nato alla radio nel 1933 e trasposto a fumetti nel 1938, il cui amico indiano, pur chiamandosi Tonto, era sempre rappresentato con rispetto e dignità. Ma all'epoca le sue storie in Italia furono opportunamente selezionate, forse anche perché spesso difendeva i diritti dei pellerossa, così come faranno in modo ancora più deciso altri eroi western successivi, come l'italiano Tex, l'argentino Sergente Kirk o il francese Blueberry. Tex tra l'altro, nel 1950, sarà il primo protagonista bianco a sposare un'indiana, la principessa navajo Lilyth, battendo sul tempo il film dello stesso anno "L'Amante Indiana" di Delmer Davis e distinguendosi così in senso antirazzista da eroi precedenti come Tarzan e Phantom, che pur regnando su popoli indigeni compiono lunghi viaggi per trovarsi una moglie della propria "razza".
Un altro giustiziere mascherato nato alla radio è "The Green Hornet" (Il Calabrone Verde), che appare in albi a fumetti nel 1940 accompagnato dal partner e autista giapponese Kato. Quest'ultimo personaggio, soprattutto nella versione televisiva del 1966 in cui sarà interpretato da Bruce Lee, finirà per rubare la scena al protagonista, contribuendo a combattere, oltre al crimine, anche le discriminazioni razziali contro gli orientali, diffusesi ulteriormente negli USA dopo la guerra contro il Giappone.


Eroi neri piccoli e grandi

Una delle prime serie a fumetti che testimoniano la consistente presenza della minoranza afroamericana negli USA è quella del detective mascherato "The Spirit", creata da Will Eisner nel 1940, in cui fin dall'inizio appare un ragazzino nero di nome Ebony che ben presto diventa l'assistente dell'eroe. La sua rappresentazione e quella degli altri afroamericani è però pesantemente caricaturale, secondo lo stereotipo del "bovero negro" del Sud ingenuo e confusionario. L'autore rimedia solo in parte nel dopoguerra, conferendo a Ebony uno spazio sempre maggiore, approfondendo la sua psicologia e facendone in pratica il primo personaggio afroamericano protagonista di interi episodi comici davvero elaborari ed espressivi, per senza diventare mai titolare di una serie. Ma nonostante le buone intenzioni, non riesce a liberarlo dalla caratterizzazione offensiva che gli aveva dato all'inizio. Alla fine, nel 1949, preferisce sostituirlo con un analogo personaggio bianco. Sarà poi l'autore Darwyn Cooke, nelle nuove storie di Spirit pubblicate in questi ultimi anni, a rielaborare radicalmente il personaggio di Ebony, sia nel carattere, molto più sveglio e moderno, che nell'aspetto grafico, ora del tutto politicamente corretto.
Da parte sua, Eisner avrà modo di testimoniare anni dopo il suo convinto antirazzismo realizzando un fumetto rispettosamente ispirato ad una storia africana, "Sundiata - A Legend of Africa", sulla vita di un bambino che crescendo diventa il liberatore e fondatore dell'impero del Mali. Ma soprattutto, essendo d'origine ebraica, Eisner realizza romanzi a fumetti contro l'antisemitismo, come "Fagin the Jew" (Fagin l'Ebreo), in cui l'omonimo personaggio di Dickens è mostrato sotto una luce più obiettiva, e "The Plot" (Il Complotto), in cui l'autore dimostra la totale falsità del documento "I Protocolli dei Savi di Sion", che fornì la scusa per le leggi razziali naziste.
Un altro piccolo afroamericano è protagonista della serie per bambini "Bumbazine and Albert the Alligator", creata da Walt Kelly nel 1943, ma il bimbo nero scompare poco dopo e il titolare delle storie diventa l'opossum Pogo, mentre la serie cambia sede e contenuti trasformandosi in una striscia satirica per adulti.
Durante gli anni '50 del '900, contemporaneamente ai primi film western filoindiani, come "L'Ultimo Apache" di Robert Aldrich, appaiono anche diverse serie a fumetti con protagonisti degli Indiani d'America, come "Apache Kid" di John Buscema, "American Eagle" di John Severin, "Turok" di Paul S. Newman, "Kociss", "Yado" e "Zà la Mort" scritti dal nostro Gianluigi Bonelli, l'umoristico "Oumpah-Pah" dei francesi Goscinny e Uderzo, fino a "Winnetou", realizzato nel 1963 dal tedesco Walter Neugebauer.
Con gli anni '60, cominciano a diffondersi fumetti con vari personaggi interrazziali su un piano di parità, come la serie per bambini "La Ribambelle" (La Combriccola), creata nel 1962 dal belga Jean Roba, e soprattutto le strisce di "Wee Pals" (Piccoli Amici), create nel 1965 dall'afroamericano Morrie Turner. Sempre nel 1965 appare anche il primo albo statunitense con protagonista assoluto un eroe afroamericano, "Lobo", un cowboy nero ricercato per un omicidio che non ha commesso.
L'anno seguente Stan Lee e Jack Kirby creano, sulle pagine dei Fantastici Quattro, il primo supereroe di colore, Black Panther (Pantera Nera), che prende il nome dall'omonimo movimento politico afroamericano e sotto il cui costume si cela T'Challa, re dell'immaginario stato africano di Wakanda, una nazione piccola ma dotata di una tecnologia superiore, grazie allo sfruttamento in proprio di un preziosissimo e quasi miracoloso minerale energetico, un'opportunità che nella realtà gli intrighi delle multinazionali non hanno finora mai concesso a nessuno stato del continente nero. Apparso in seguito anche nelle storie di altri supereroi della Marvel, la Pantera Nera finisce per trovare una sua collocazione nel gruppo dei Vendicatori, con cui combatte tra l'altro contro la setta razzista dei Figli del Serpente, arrivando poi ad ottenere una sua serie personale scritta da Don Mc Gregor, uno degli sceneggiatori più impegnati contro il razzismo e non a caso autore nel 1989, insieme al disegnatore Gene Colan, del bel ciclo intitolato "Panther's Quest" (La Ricerca della Pantera), in cui l'eroe nero si reca in Sudafrica alla ricerca della propria madre e si scontra inevitabilmente con l'Apartheid, la politica di separazione razziale del governo dell'epoca.
Nel 1967 appare invece, come nemico del supereroe Aquaman, il supercriminale Black Manta (Manta Nera), che insieme ad altri dello stesso gruppo etnico, vuole stabilire un suo regno sottomarino nell'oceano per sfuggire alle discriminazioni razziali del mondo di superficie. Nello stesso anno esce anche il primo albo a fumetti con protagonista una coppia di eroi interrazziale, "I Spy" (ribattezzato in Italia "Partita a Due"), tratto dall'omonima serie televisiva in cui l'agente nero era interpretato dall'attore Bill Cosby (oggi più noto come interprete del telefilm "I Robinson"). Anche nelle strisce avventurose della serie "Dateline: Danger!" (da noi intitolata "Inviati Speciali"), che esordisce nel 1968 con i testi di John Sunders e i disegni di Alden Mc Williams, troviamo un personaggio nero e uno bianco che collaborano alla pari, in questo caso due giornalisti che affrontano insieme difficili incarichi e problemi sociali di vario tipo.
Un'ennesima coppia interrazziale si forma nel 1969, quando al vecchio supereroe patriottico Capitan America viene affiancato l'afroamericano Falcon, che per un certo periodo avrà il nome inserito nella testata della serie, e con lui conquistano giustamente un piccolo spazio, in una collana che dovrebbe rappresentare lo spirito degli U.S.A., anche la minoranza etnica a cui appartiene e le bande dei ghetti. Nello stesso periodo anche negli albi di Spiderman (L'Uomo Ragno) appaiono i problemi razziali, insieme ai movimenti di protesta e a vari personaggi di colore, come il giornalista Joe "Robbie" Robertson, apparso dal 1967. Improvvisamente insomma la minoranza afroamericana è rappresentata sempre più spesso anche nel mondo dei supereroi. L'incredibile Hulk, avendo la pelle verde ed essendo perseguitato dall'esercito, nei campus universitari diventa un simbolo delle discriminazioni razziali e nel 1970 fa amicizia con un ragazzo nero di nome Jim Wilson, che è costretto a rubare per sopravvivere e che per un breve periodo diventa l'unico di cui il mostro verde si fidi.
Intanto, sempre nel 1970, anche nella striscia comica Beetle Bailey di Mort Walker, che prende in giro la vita militare, dopo vent'anni dall'inizio della serie appare il primo soldato afroamericano, il tenente Jackson Flap, che giustamente esordisce chiedendo perché non ci siano altri neri in quella caserma. Va detto, tanto per rendersi conto del razzismo di quegli anni, che tre giornali del Sud e lo stesso giornale dell'esercito U.S.A. rifiutarono di pubblicare le strisce in cui appariva questo personaggio.
Nello stesso anno esordisce la striscia satirica "Doonesbury" di Garry Trudeau, inizialmente ambientata in un campus universitario, tra i cui personaggi troviamo l'attivista nero Calvin, costantemente impegnato a protestare per i diritti civili, e il piccolo afroamericano Rufus, a cui il protagonista Mike Doonesbury dà ripetizioni, ma che, vivendo nel ghetto, è per certi versi più maturo del suo insegnante bianco. Sempre nel 1970 appaiono anche due strisce con protagonisti assoluti degli afroamericani, ma entrambe di effimera durata: Quincy di Ted Shearer, su un ragazzino di periferia, e Friday Foster di Lawrence e Longaron, su una bella fotografa che vedrà terminare la sua serie dopo appena quattro anni, benché nel 1975 ne venga tratto un film.
Intanto escono anche albi con protagonisti appartenenti ad altre minoranze etniche, come l'indiano bianco "Firehair" (Capelli di Fuoco) di Joe Kubert del 1969 e il giustiziere indiano "Red Wolf" (Lupo Rosso) di Gardner Fox e Syd Shores del 1972, che evidenziano e denunciano esplicitamente il razzismo verso i pellerossa, o il più longevo "Shang-Chi, Master of Kung-Fu", un eroe cinese creato nel 1973 da Steve Englehart e Jim Starlin, sulla scia del successo dei film di Bruce Lee. Shang-Chi è un personaggio complesso, un lottatore espertissimo e letale ma anche sensibile, riflessivo e altruista, che tenta di staccarsi da vecchi stereotipi a cui però è ancora in parte legato, essendo il figlio ribelle del genio del male Fu-Manchu, arcicriminale cinese apparso in un ciclo di romanzi decisamente razzisti scritti dall'inglese Sax Rohmer negli anni '10 del '900.
Ha resistito meglio al passare del tempo, tanto da essere riproposta anche di recente in una versione aggiornata, la serie degli albi di "Luke Cage, Hero for Hire" (Luke, Eroe a Pagamento), creata nel 1972 da Archie Goodwin e George Tuska, in cui il protagonista è un afroamericano di Harlem condannato ingiustamente all'ergastolo che, sottoposto in prigione ad un esperimento, acquista una notevole foza e una relativa invulnerabilità, poteri che gli permettono di evadere e di rifarsi una vita sotto un altro nome, come "supereroe in affitto".
Chi invece non si fa mai pagare per aiutare il prossimo è Skorpio, un altro originale giustiziere afroamericano dei bassifondi di New York, creato nel 1974 dagli argentini Eugenio Zappietro ed Ernesto Garcia Seijas, in una serie in cui, per una volta, un eroe nero è assistito da un comprimario bianco, l'aitante prete d'origine irlandese padre Flanagan. Più disincantata è la coraggiosa ed esplicita denuncia della violenza xenofoba contenuta nel breve racconto "Incubo Bianco", pubblicato nello stesso anno dal francese Jean Giraud, in arte Moebius.
Un altre eroe di colore è Blade, l'uccisore di vampiri, che esordisce nel 1973 sugli albi di Dracula di Marv Wolfman e Gene Colan, per poi diventare protagonista di proprie saltuarie avventure dall'anno seguente e arrivare al successo presso il grande pubblico dal 1998, con i film a lui dedicati.
A volte i supereroi di colore esordiscono come sostituti provvisori degli eroi bianchi: ad esempio l'architetto nero John Stewart, nel 1972, viene arruolato nel corpo intergalattico delle Lanterne Verdi come riserva dell'agente del settore terrestre Hal Jordan, all'interno di un bellissimo ciclo di avventure della serie "Green Lantern" scritto da Denny O'Neil e disegnato da Neal Adams, in cui vengono affrontate varie problematiche sociali, politiche e anche razziali. Stewart avrà poi realmente l'occasione di sostituire Jordan, anche come membro stabile della Lega della Giustizia formata dai principali supereroi della DC Comics.
Del resto molti altri gruppi (sia della DC che della Marvel) d'ora in poi comprenderanno dei supereroi di colore, a partire da "Forever People" (Gli Immortali), una specie di hippy alieni creati da Jack Kirby nel 1971, a cui segue la seconda formazione degli X-Men, ideata nel 1975 da Len Wein e Dave Cockrum con membri di vari paesi, di cui la mutante afroamericana Ororo Munroe, detta Storm (Tempesta), diverrà in seguito il leader, sfidando così sia i pregiudizi razziali che quelli sessuali.
Un altro supereroe sostituto è l'afroamericano Jim Rhodes, apparso nel 1979, che da pilota personale dell'inventore miliardario Tony Stark passa ad indossare al suo posto l'armatura di Iron Man per un certo periodo, sia quando Stark cade preda dell'alcolismo, sia quando viene dato per morto. Un ennesimo sostituto di colore di un eroe bianco è poi Jason Rusch, che nel 2004 diventa il secondo Firestorm dopo la morte del primo, un supereroe nucleare dotato della facoltà di trasmutare gli elementi, apparso originariamente nel 1978. Curiosamente in seguito il Firestorm originale resuscita e i due personaggi si fondono in un'unica entità: un bianco e un nero che acquistano superpoteri condividendo lo stesso corpo, il massimo dell'antirazzismo.


Coppie miste e afroamericani geniali

Con gli anni '70 del '900, nei fumetti arrivano anche le prime storie d'amore interrazziali tra bianchi e neri. Negli albi della serie "Killraven", nata nel 1973 e ambientata in un futuro dominato dai marziani, si innamorano l'ex-gladiatore afroamericano M'Shulla e la biologa bianca Carmilla Frost. Per la cronaca il primo bacio interrazziale della storia del fumetto americano appare nell'episodio del luglio 1975, disegnato da P.Craig Russell; lo sceneggiatore naturalmente è Don McGregor. In un episodio successivo della stessa serie appare anche un gruppo di afroamericani rifugiatisi nel sottosuolo per allontanarsi dalle discriminazioni subite nel mondo di superficie. Un rapporto molto più breve è quello che lega il malinconico detective bianco Alack Sinner, creato nel 1974 dagli argentini José Munoz e Carlos Sampayo, a una ragazza nera di nome Enfer, nell'episodio "Città Oscura", ma nonostante ciò qualche tempo dopo scoprirà di aver avuto una figlia da lei.
Matrimoni interrazziali con relativa prole si moltiplicano anche nei fumetti western dopo l'uscita, nel 1972, del film "Jeremiah Johnson" (in Italia "Corvo Rosso non Avrai il mio Scalpo") di Sidney Pollack, in cui Robert Redford interpreta un mountain man che sposa un'indiana. Lo stesso accade subito dopo a tre analoghi personaggi dei fumetti: "Buddy Longway", creato nel 1972 dal belga Derib, "Jonathan Cartland", realizzato dal 1974 dai francesi Harlé e Blanc-Dumont e "Ken Parker", pubblicato dal 1977 dagli italiani Berardi e Milazzo. Del resto unioni tra uomini bianchi e donne indiane si erano già viste nei fumetti italiani, oltre che nel già citato Tex, anche nella "Storia del West" creata da Gino D'Antonio nel 1967, tra i cui protagonisti trova posto anche l'afroamericano Abele e in un episodio della quale, "Croce di Fiamma", si mostrano le violenze del Ku Klux Klan ai danni degli ex-schiavi del Sud. A questo proposito, merita di essere citato, come una delle più belle storie antirazziste a fumetti di tutti i tempi, anche l'episodio di Ken Parker "Adah", in cui Berardi e Milazzo ripercorrono la vita di una ex-schiava dimostrando come sempre grande sensibilità umana e poetica, perfino nel raccontare le peggiori atrocità.
Restando in ambito western, nel 1976 è l'indiano cheyenne Watami, creato quattordici anni prima dagli argentini Héctor G. Oesterheld e Jorge Moliterni, ad avere una storia d'amore con una donna bianca, che però muore, anche se il suo fantasma continua a vegliare su di lui. Una situazione abbastanza simile si ripete brevemente anche nella serie "Wakantanka", iniziata sempre da Oesterheld nel 1977. Più leggera e scanzonata è la serie di Gino D'Antonio del 1984 "Bella e Bronco", su una coppia mista di simpatici lestofanti del West: un indiano civilizzato e una sensuale bionda. Quest'ultima nel primo numero supera i suoi pregiudizi razziali rendendosi conto che il sesso non è per niente diverso anche se fatto con un pellerossa.
Intanto nel 1977 la DC Comics risponde a "Luke Cage" e a "Black Panther" della Marvel, dedicando anch'essa una testata a un supereroe di colore: "Black Lightning" (Fulmine Nero), dotato del potere di controllare i campi bioelettrici, ma la serie chiude sopo un solo anno e l'eroe è recuperato cinque anni dopo come membro del gruppo degli Outsiders guidato da Batman. Sono invece un ragazzo nero e una ragazza bianca i due supereroi "Cloak and Dagger" (Cappa e Spada), apparsi per la prima volta nelle storie dell'Uomo Ragno nel 1982 e poi protagonisti di una propria serie, due giovani che a causa di una nuova droga sperimentale acquistano il potere di manipolare rispettivamente le tenebre e la luce e che usano tali facoltà per combattere soprattutto contro spacciatori e trafficanti di stupefacenti.
Sempre nel 1982, l'umorista Berke Breathed crea le strisce della serie "Bloom County" e, tra i bambini che ne sono protagonisti appare il piccolo afroamericano Oliver Wendell Jones, che giusto per dimostrare l'assurdità di ogni teoria razzista, è un giovane genio del computer, un vero e proprio cervellone, capace di incredibili invenzioni ed esperimenti informatici ai limiti del fantascientifico. Ma è forse l'ambito musicale quello in cui sarebbe più difficile mettere in dubbio le grandi capacità degli interpreti afroamericani, a cui non a caso alcuni fumettisti hanno tributato doverosi omaggi.
Tra il 1975 e il 1984, è l'autore underground Robert Crumb a raccontare a fumetti la vita leggendaria di alcuni musicisti neri di Blues. Un altro musicista di colore, ma di Jazz, è il protagonista de "L'Uomo di Harlem", pubblicato da Guido Crepax nel 1979, che vive una storia d'amore mancata con una ragazza bianca, cercando di salvarla da dei gangsters. Nel 1990, nella storia "Blues" di Sergio Toppi, il fantasma di un sassofonista afroamericano esce da una vecchia foto e se ne va in giro a suonare, evocando altri spettri del passato, mentre nello stesso anno Munoz e Sampayo narrano a fumetti la vita della grande cantante nera Billie Holiday.
Passando al poliziesco, troviamo un paio di coppie interetniche in stile Starsky e Hutch: quella di "Detectives Inc.", un'originale miniserie dalla grafica sperimentale incentrata sulla collaborazione tra un investigatore bianco e uno nero, pubblicata nel 1985 da Don Mc Gregor e Marshall Rogers, e quella di "Nick Raider", una serie italiana meno raffinata ma più longeva iniziata nel 1988, in cui l'omonimo poliziotto della squadra omicidi fa coppia con l'agente afroamericano Marvin Brown.
Rientrano invece nella fantascienza sociologica, due serie in cui i conflitti etnici sfociano nel futuro in vere e proprie guerre razziali: "Jeremiah", creata nel 1978 dal belga Hermann Huppen e "Give Me Liberty", pubblicata nel 1990 da Frank Miller e Dave Gibbons. La protagonista di quest'ultima, la giovane afroamericana Martha Washington, dotata di istintive abilità informatiche, dopo essere riuscita ad evadere da un ghetto che è di fatto una vera e propria prigione, prima impara a sopravvivere ferocemente per strada e poi si arruola nelle forze d'invasione statunitensi, che dopo l'inattesa nomina di un presidente liberal-democratico, vengono impiegate per difendere l'ecosistema contro gli eserciti mercenari delle multinazionali.
Nel 1993, dopo la provvisoria morte di Superman, tra coloro che tentano di sostituirlo c'è il nuovo supereroe Steel (Acciaio), sotto la cui armatura tecnologica si cela lo scienziato afroamericano John Henry Irons e che l'anno seguente diventa titolare di una sua serie. Steel, oltre che contro le bande da strada, combatte le compagnie produttrici di armi e droga e dalla sua serie è stato anche tratto un film.
Sempre nel 1993, un gruppo di fumettisti afroamericani fonda l'etichetta Milestone Comics (collegata alla DC Comics), che produce quasi esclusivamente testate dedicate a supereroi di colore: "Icon", un alieno mutaforma dotato di poteri ancora più vasti di quelli di Superman; "Static", l'ennesimo afroamericano dai poteri elettromagnetici; "Hardware", un altro eroe nero in armatura considerato uno dei più brillanti scienziati del pianeta; o il gruppo multiculturale "Blood Syndacate", composto da superumani di varie etnie.
E' un fumettista afroamericano anche Aaron McGruder, che nel 1996 crea le strisce della serie "The Boondocks" (Le Benefiche Accuse), in cui fa satira sulla politica e la cultura americana attraverso i sarcastici e arguti commenti del protagonista, il piccolo nero radicale Huey Freeman, approdato poi in TV nel 2005 sotto forma di cartone animato.
Contemporaneamente, nella serie horror "House of Secrets" (La Casa dei Segreti), creata nel 1996 da Steven Seagle e Teddy Kristiansen, compare un tribunale spettrale in cui il ruolo dell'avvocato difensore è svolto dal fantasma di Ruby, una giovane afroamericana dell'Alabama che trent'anni prima è stata brutalmente aggredita, accecata e assassinata da dei razzisti per aver fatto l'amore con un ragazzo bianco.
Un altro eroe di colore, Michael Holt, atleta e inventore, esordisce nel 1997 nella Società della Giustizia col nome di Mister Terrific. Creatore di dispositivi miniaturizzati di intelligenza artificiale, Mr. Terrific, a dispetto di tutti i pregiudizi razziali, ricopre il ruolo di presidente del gruppo ed è considerato uno dei tre uomini più intelligenti del mondo.
Nel 1999 Alan Moore e Chris Sprouse, con la serie di "Tom Strong", creano invece quella che si potrebbe considerare una versione antirazzista dei vecchi eroi pulp, con il protagonista, nato nel 1900 e rimasto orfano, che viene allevato amorevolmente dagli indigeni di un'immaginaria isola delle Indie Occidentali e in seguito sposa la principessa locale Dalhua, avendo una figlia da lei, la geniale e scapestrata adolescente di colore Tesla Strong. Tra l'altro, tutti su quell'isola si nutrono di una radice che ne accresce la longevità e ne potenzia l'intelligenza, rendendoli in pratica fisicamente e intellettualmente superiori alla maggioranza dei bianchi. In un episodio Alan Moore si diverte anche a creare una realtà alternativa in cui il padre di Tom è un marinaio nero invece di uno scienziato bianco e quindi l'eroe stesso, la prima volta che va negli Stati Uniti negli anni '20 del '900, deve scontrarsi coi pregiudizi locali per il colore della sua pelle. Tra gli ultimi protagonisti di colore di un fumetto si può citare anche l'avvocatessa Pepper Russell, creata nel 2008 da Luciano Secchi e Dario Perucca, il primo personaggio afroamericano a cui sia stato intitolato un albo italiano.
Favolosa e tormentata è infine l'intensa storia d'amore tra l'araba Dodola e il nero Zam, nel bellissimo (e lunghissimo) romanzo a fumetti "Habibi", pubblicato nel 2011 dall'americano Craig Thompson, che attinge a piene mani alle tradizioni mistiche mediorientali nel raccontare come il rapporto tra i protagonisti, due giovanissimi schiavi in fuga, si evolve gradualmente da un legame protettivo di tipo materno, finché ritrovandosi dopo una lunga separazione entrambi prigionieri nell'harem di un sultano, la loro passione spirituale si dimostrerà capace di superare e trascendere ogni cosa, in un sentimento ben espresso dal titolo che in arabo significa "mio amato".

Considerate le elevate capacità intellettive di molti di questi ultimi personaggi, è evidente che anche nei fumetti gli afroamericani hanno fatto parecchia strada dai tempi del "negretto" Bilbolbul del "servo" Lothar. I razzisti nei fumetti di oggi sono giustamente relegati al ruolo di cattivi, come l'assassino Bloodsport apparso nelle storie di Superman nel 1993, che non solo massacra tutti i neri che incontra ma anche i bianchi che hanno rapporti con loro, in una sinistra anticipazione di stragi reali come quella di Firenze del dicembre 2011. Viene allora da chiedersi: se uno sceneggiatore americano, già vent'anni fa, aveva saputo percepire nell'aria la persistenza di una tale aberrante intolleranza, come mai noi non abbiamo potuto prevederla ascoltando i tanti discorsi inneggianti alla violenza dei troppi idioti razzisti che ci circondano?

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