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Attualità

Il politico alligatore
Articolo di Alessandro Pellino

Filosofia

Indagine sul destino in termini di spiritualità laica
di Paolo D'Arpini

Il politico alligatore
 

Alessandro Pellino


Se compro una marca di pasta e non ne sono soddisfatto, non la compro più. Se una trasmissione non mi piace, non la vedo più. Così facciamo per tutto quello che non ci soddisfa e non ci convince. Però, se voto un politico e costui mi delude, non mantiene le sue promesse o, peggio ancora, fa solo i suoi interessi e cambia bandiera come si cambia una camicia allora, lo rivoto e lo rivoto ancora e poi ancora. Ergo, sono un masochista. Il vocabolario Treccani, alla voce masochista riporta: "Chi ricerca, compiacendosene, maltrattamenti e umiliazioni da parte di altri". Il politico nostrano o rurale, se volete, è assimilabile ad una tartaruga alligatore. Questa tartaruga caccia stando sdraiata immobile in acqua con la bocca spalancata. L'appendice della lingua imita i movimenti di un verme, attirando le prede verso la bocca che viene poi chiusa con enorme velocità e forza, completando l'agguato. Ecco, l'appendice sono le promesse e la preda sono gli elettori, consci o meno dell'agguato che si tende loro. Eppure non esiste cosa più semplice da risolvere. Il politico disattende? Bene, non lo voto più, lo rimando a lavorare. Faccio due cose buone, punisco chi mi prende in giro e lancio un monito a quelli che verranno dopo, un avvertimento che non prevede chance. Ma noi, masochisti ad ogni costo, non lo facciamo. Lo rivotiamo e se non rivotiamo lui, allora votiamo il figlio, la figlia o qualche parente o figlioccio che, l'immarcescibile tartaruga alligatore, ci propone. Ogni tanto questo "politico alligatore" si nasconde per poi ritornare, sotto mentite spoglie e proclamando una ritrovata verginità e noi, popolo bue, lo riacclamiamo. Però ci arroghiamo il diritto di lamentarci, di deprecare, di maledire costoro quando le cose che possono andare male (Murphy docet) vanno male. Ma ci fanno o ci sono? Quando le cose si mettono male perché non hanno svolto bene il loro lavoro o, peggio ancora, col loro comportamento hanno pregiudicato il funzionamento dello Stato, cosa fanno? Dietro un mal celato senso di responsabilità o uno sbandierato, ma effimero, interesse nazionale, demandano ad altri becere operazioni di macelleria sociale. Ecco cosa è successo il 16 novembre del 2011. A sette professori universitari, cinque medici, un avvocato, un magistrato, un professore-avvocato, un banchiere, due giuristi, un prefetto, un ambasciatore e un ammiraglio sono state affidate le sorti del nostro disastrato e sfortunato paese. Disastrato da un'allegra gestione della cosa pubblica (ma questo è un eufemismo) e sfortunato perché nelle mani di politici inesperti, rissaioli eterogenei e, il più delle volte, ridotti a meri esecutori di ordini a loro sconosciuti. Ecco, quindi, che all'economista varesino, affiliato alla veneranda età di 70 anni a Palazzo Madama, viene affidato il capezzale dell'agonizzante Italia. Questa nuova LOBBY, denominata "Governo Italiano", ha aumentato iva, imposte, bollo auto, accise benzina, tabacco e molto altro ancora. Noi, popolo bue e masochista stiamo zitti e plaudiamo. Ci inculcano il principio che bisogna fare sacrifici e tanti; che bisogna eliminare tutti i privilegi, dico tutti; che bisogna tagliare le spese e drasticamente; che bisogna ridurre lo spread tra i BTP italiani e i BUND tedeschi e riportarlo ad un valore accettabile ed esprimibile in soli due numeri. In linea di principio si può essere d'accordo, sono tutte buone intenzioni ma, si sa, la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Ma noi italiani siamo ottimisti, in cuor nostro diciamo che poi toccherà a quelli che di soldi ne hanno ad iosa, quelli che occupano prestigiose poltrone, che hanno 2, 3, 4 e più stipendi, quelli che hanno più posti fissi, agli inquisiti, ai delinquenti, ai mister INSAPUTA ed a tutti i rifiuti della società. Sbagliato, niente di più errato. Ora tocca a disoccupati, precari, giovanotti di belle speranze, illusi di destra e sinistra. Il nuovo dogma è: L'italietta si salva eliminando l'art. 18, il "monotono" posto fisso ed il lavoro vicino a mammà e papà. La destra è sbandata e confusa ed alle prese con faccendieri e bossiani, la sinistra (semmai ci fosse ancora) ha tradito i suoi principi, affama, distrugge e condanna alla povertà i già derelitti lavoratori, negando ai giovani ogni residua speranza. I componenti del novello governo Monti si sono assuefatti, a tempo di record, ai comportamenti dei nostri ex governanti. Invasioni di campo nelle altrui competenze, dichiarazioni di principio seguite da doverose e precipitose smentite, toppe peggiori delle bugie, nonché conflitti d'interessi. Si coglie fior da fiore, contro il popolo s'innalza uno stendardo con la scritta "E' l'Europa che lo chiede", mentre si nascondono quelle richieste che toccherebbero la casta e gli interessi di pochi, si fingono inesistenti tagli alla politica e si paralizza un parlamento in nome di interessi privati. Cosa ancora più assurda e proditoria, si strombazza ai quattro venti che l'eliminazione dell'articolo 18 equivale a 200 punti in meno sullo spread. Confindustria sentitamente ringrazia. E noi? A noi rimangono solo due cose da fare: EMIGRARE o SCENDERE IN PIAZZA. La vita? Beh, quella è un optional. Prendiamola con filosofia, tanto è cosa 'e niente… ma, come diceva Eduardo, a furia di dire "è cosa 'e niente" siamo diventati cosa 'e niente anche noi.

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