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Libri a fumetti

MARI SALATI E UOMINI DELLA GIUNGLA
L'Oceania di Hugo Pratt

di Andrea Cantucci

Cinema

La vendetta dell'immaginazione
di Maria Antonietta Nardone

Miti mutanti 7

Strisce di Andrea Cantucci

La vendetta dell'immaginazione


 

di Maria Antonietta Nardone


"Bastardi senza gloria"
Quentin Tarantino
(Cinema Reale, 2 - Roma)

Stupefacente quest'ultimo film di Quentin Tarantino che nel titolo originale suona così: "Inglorius basterds". È un gioco, un'immaginazione, la vendetta dell'immaginazione prima ancora che la vendetta, fantasticamene sacrosanta, degli ebrei. E difatti è un tributo, un omaggio, un amore incondizionato per il cinema, l'immaginazione in movimento. Per il cinema, per i suoi generi, in questo caso i films di guerra, ma anche il western e il melò, la commedia e il documentario. E il cinema è spiato, mostrato, svelato, accarezzato, continuamente, attraverso la vista delle locandine dei films, le pizze, il proiettore, la sala, il cartellone esterno con le lettere da mettere a mano, salendo su una scala, gli attori, il regista, gli spettatori. C'è una tale inventiva, una tale libertà di creare e "manipolare" ingegnosamente e generosamente tante, tante, tante memorabili sequenze del cinema del passato da Leone a Pabts, passando per Hitchcock e Lubitsch, Clair e Chaplin ecc. ecc. e non manca nemmeno l'introdottissima Leni Riefensthal, da uscirne quasi "ubriacati". È una reinvenzione, davvero stupefacente, di un inguaribile cinefilo che vive il cinema fin nel midollo delle sua ossa. E questa reinvenzione è più toccante di molti altri films, magari storicamente più fedeli, ma meno riusciti.
Non è rilevante, in questo contesto, che il regista statunitense forse non conosca bene le vicende storiche dell'epoca insomma, non era certo Goebbels il numero due della Germania nazionalsocialista e tantomeno un Goebbels reso così insignificante; l'attenzione è su di lui perché è il ministro della propaganda e, cosa che interessa il nostro narratore per immagini venuto dal Tennessee, è il ministro dell'industria del cinema tedesco ; quello che conta, nel film, è la sua capacità di giocare, di inventare, di ribaltare con irriverente baldanza i ruoli: un gruppo di ebrei americani, i bastardi del titolo, che nella Francia occupata dai nazisti, tendono loro insidiosissime imboscate, durante le quali, dopo averli uccisi, fanno loro lo scalpo. A capo del gruppo c'è Aldo Raine, un ebreo americano con sangue apache nelle vene. Quei pochi tedeschi che il gruppo lascia in vita, li marchia in fronte con un'incancellabile croce uncinata: l'uniforme, a guerra finita, i soldati del Terzo Reich Millenario, possono toglierla, nasconderla, bruciarla; quel simbolo, invece, inciso nella carne, non è più rimovibile. Che dire? Divertente e geniale, anche se richiama alla mente, percorsa da un brivido gelido, marchiature sull'avambraccio di ben altra natura e destinazione.
Sbalordisce, di Tarantino, la sua voglia di fare cinema su un tema così delicato, trattandolo alla sua maniera. La vendetta di Shoshanna, la giovane ebrea a cui il colonnello Hans Landa, il cacciatore di ebrei, ha ucciso l'intera famiglia, nascosta sotto le assi del pavimento nella casa di un contadino francese, che li tradisce, a cui si affianca l'azione del gruppo dei "Basterds", pur con varie rocambolesche deviazioni, riesce. Da notare come le donne, nei suoi films, che subiscono la morte violenta dei loro cari, decidono di vendicarsi, e basti pensare a "Kill Bill". Qui non è da sottovalutare la determinazione di Shoshanna, nonostante la sua bellezza così delicata ed angelica, né quella di Aldo Raine, più scanzonato e guascone, che rappresentano due ebrei combattivi e senza scrupoli. Non ho potuto non pensare a chissà quanti ebrei, e non solo loro, all'epoca dei fatti, avrebbero voluto avere quella tempra guerriera oppure essere riusciti a fare un grande falò, in un cinema parigino, nientedimeno che del gotha dei gerarchi nazisti (Goebbels, Göering, Bormann, Hitler compreso). Sì, che un fuoco distruttore e purificatore, portato da un angelo sterminatore di rosso vestito (come Shoshanna) bruciasse quegli uomini nefasti, responsabili, assieme ad altri, della morte di una ventina di milioni di persone durante la seconda guerra mondiale. Nella realtà storica, l'attentato preparato dal maggiore della Wermacht von Stauffenberg, noto sotto il nome di Operazione Walkiria, fallì; il Führer ne uscì solo ferito e furibondo per l'affronto.
Ho apprezzato che Tarantino, nel suo divertissement, abbia avuto la sensibilità e l'intelligenza di non toccare grottescamente la Shoah (su quell'orrifico sterminio solo i sopravvissuti hanno il diritto di poterne ridere e/o sorridere, e, come si è visto, a tutt'oggi, non mi pare che l'abbiano fatto). Anzi ha costruito dei dialoghi di grande finezza, stilistica e psicologica; basti pensare al colonnello Hans Landa, ossessivo, razionale, di un sadismo raffinato, ma anche capace di uccidere a mani nude la bella attrice tedesca, una volta scoperta come spia. Un tipo di nazista che ha popolato gli incubi di milioni di persone, qui interpretato da un fenomenale Christoph Waltz, premiato con la Coppa Volpi (miglior attore) all'ultima Mostra del Cinema di Venezia ed anche con l'ultimo oscar come miglior attore non protagonista. Ma tutti gli interpreti sono bravi, a disegnare personaggi netti, senza sfumature: da Brad Pitt, a tratti esilarante, a Diane Kruger, che fa il verso a Marlene Dietrich, da Michael Fassbender a Eli Roth, da Til Schweiger a Daniel Brühl (per me l'indimenticabile, devotissimo figlio di una madre, malata, che crede ancora all'esistenza della Germania dell'Est e che lui, nell'alimentarne l'illusione, va alla ricerca dei "mitici" cetriolini in barattolo, nel film di Becker "Good Bye, Lenin!") fino alla toccante, tenace Shoshanna di Mélanie Laurent.
Notazione finale: la scelta delle musiche e delle canzoni è una delizia per appassionati oltre ad essere narrativamente strutturale e mai ornamentale.

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