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Etimologie

Studio per una semiotica ecologica: il fiume
di Davide Zingone

Studio per una semiotica ecologica: il fiume
 

di Davide Zingone


"...il fiume gioca con la barca e sussurra gli
arcani racconti di un tempo, rivela i segreti,
canta a mezza voce l'antica filastrocca
che ha cantato per migliaia di anni..."

da Tre uomini in barca, 1889, di Jerome K. Jerome

Il termine ecologia appare per la prima volta in un saggio scientifico del biologo tedesco Ernst Heinrich Haeckel (Potsdam 1834-Jena 1919), che creò la parola nel 1869 per indicare lo "studio delle relazioni degli organismi viventi con l'ambiente circostante". Il primo elemento eco-, che non va confuso con il noto fenomeno acustico di ripetizione del suono (che deriva a sua volta dal verbo greco echein "risuonare"), è l'evoluzione del greco oikos "casa, ambiente" e ha dato origine a numerosi composti, tra cui ecosistema, ecosfera e, sorprendentemente, economia, che vale letteralmente "amministrazione della casa", dal già citato oikos e da nomos "norma, legge".
In realtà, il fatto che ecologia ed economia siano etimologicamente parole "sorelle" non deve stupire più di tanto, in quanto entrambe studiano reti di relazioni vitali: la prima, quelle essenziali alla vita degli organismi (accezione ampia di eco); la seconda, quelle essenziali alla vita dell'uomo socializzato (accezione ristretta di eco). Le due scienze sono collegate perché anche la vita dell'uomo moderno poggia su quella della biosfera.
Con l'avvento dell'era industriale e l'aumento esponenziale della popolazione è cresciuta proporzionalmente la necessità dell'uomo di adattare la natura alle proprie esigenze. Le varie scoperte che hanno dato il via alla civiltà industriale hanno aumentato considerevolmente le nostre capacità di convertire le risorse dell'ambiente in energia, dal carbone al petrolio, fino all'atomo. Tale adattamento, però, risponde alle leggi del profitto e del consumo, e non ha tenuto in conto, anzi spesso ha scavalcato, i delicati equilibri naturali. Il mutamento ambientale che ne è derivato ha portato al deterioramento delle condizioni di vita di alcune specie e messo a rischio quella dello stesso uomo, principalmente a causa dell'inquinamento, parola che già dal suo etimo non promette niente di buono, in quanto deriva dalla radice indoeuropea *kwei- che vale "insozzare, insudiciare". Da notare che anche la parola inglese per "inquinamento", pollution, ha un valore simile, poiché deriva dal latino polluere "macchiare".
Oggi la parola ecologia suona come campanello d'allarme, l'espressione di fondati timori e preoccupazioni di una civiltà che ha trasformato il pianeta in foreste di cemento e metallo inquinate da gas e veleni. La contaminazione dell'aria, dell'acqua e del suolo sono fenomeni che interessano ormai tutti i continenti, quelli industrializzati quanto quelli in via di sviluppo: basta pensare al famoso "buco dell'ozono", o al famigerato smog (dall'unione delle parole inglesi smoke "fumo" e fog "nebbia") nato a Londra, ma che oggi intasa l'atmosfera di città lontane tra loro come Atene o Città del Messico.
L'inquinamento chimico delle acque resta uno dei problemi ambientali più critici: scarichi di fabbriche, raffinerie e tubi di scarico, deflussi superficiali di derivazione agricola, rigurgiti di liquami dalle fognature. L'inquinamento delle acque miete più di 10 milioni di vittime l'anno, secondo la Fao. Ecco il perché di un articolo dedicato alla riscoperta dell'importanza dei fiumi per l'umanità, partendo da un punto di vista probabilmente originale: quello linguistico, attraverso una prospettiva storica.
Il fiume è stato, da sempre, elemento fondamentale e caratterizzante per l'evoluzione della civiltà umana. Confine geografico naturale, via di comunicazione privilegiata e fonte di sostentamento, lungo le rive di un fiume nascevano le grandi città e si sviluppava la vita. Non per niente le più grandi civiltà dell'antichità vivevano in simbiosi con i fiumi che le bagnavano: è il caso dell'Egitto con il Nilo, dell'India con il Gange o di Babilonia con il Tigri e l'Eufrate (Mesopotamia viene dal greco pótamos "fiume", e vale, come tutti sanno, "tra i fiumi").
Fonti di ricchezza e di fertilità, figli di Oceano e di Teti secondo Esiodo, ai fiumi venivano spesso tributati onori divini, e nelle mitologie antiche venivano rappresentati per lo più nelle vesti di un vecchio barbuto, con il capo cinto di erbe palustri (per esempio il Danubio nei rilievi della colonna Traiana a Roma), e disteso a terra su un fianco (per esempio la statua del dio Nilo nel centro storico di Napoli). Loro attributo costante è la cornucopia, simbolo dell'abbondanza.
Fiume deriva dal latino flumen, a sua volta esito di *sreumen, da una radice indoeuropea *-sreu, che vuol dire "scorrere", rintracciabile anche nel greco antico rhéo, "io scorro", e nell'inglese moderno stream, "flusso". Questa stessa radice ha dato anche l'italiano reuma, con i suoi derivati reumatico e reumatismo, nonché il suffisso in -rea per molte malattie caratterizzate da secrezione di liquidi: diarrea, gonorrea, etc.
Dalla radice *-sreu deriva sicuramente il nome del fiume Reno, in Germania, e probabilmente quello della stessa Roma, dal nome del fiume Rumon, forse il Tevere, o comunque un suo affluente (con buona pace del leggendario Romolo…).
Quello che è certo è che i fiumi non solo hanno dato il nome a città o regioni intere (per esempio Pianura Padana, da Padum, nome latino del Po; oppure Salerno, dal nome del fiume Irno), ma numerose parole del nostro vocabolario hanno avuto origine da scene di vita che avevano il fiume o i suoi elementi come centro. E' il caso, per esempio, dell'estremo argine del fiume, la riva, dal latino ripa, che ci ha regalato straripare (da extra e ripare, cioè "fuoriuscire dalla riva"), riviera ed arrivare (da *adripare, cioè "giungere a riva"). Ma da riva ci giunge anche il rivale, cioè "colui che si trova dall'altra parte del fiume" e che ovviamente ne utilizza l'acqua, creando così motivi di contesa e di inimicizia. Derivare, verbo molto amato dagli studiosi di etimologia, nasce invece da rivus, "ruscello", e richiama l'idea delle acque che scorrono, e scorrendo si trasformano. Si può pensare anche all'espressione andare alla deriva, cioè "scorrere via", lontano dalla riva. Legata al fiume è anche l'origine del verbo annegare, dal latino ad- e necare, quest'ultimo da nex, "morte violenta": annegare era una particolare forma di assassinio consistente nel far morire togliendo il respiro con l'immersione in acqua. Da unda "onda", invece, abbiamo avuto composti come abbondare e abbondante (in origine abundare era sinonimo di straripare), oltre che, ovviamente, inondazione, inondare, ridondare e sondare (quest'ultimo da un originario subundare cioè "immergere"). Pare che l'origine di unda risieda nella radice indoeuropea *-wed con il significato di "acqua" (cfr. ingl. water, russo voda, romeno vodul , etc.).
Il mezzo usato fin dall'antichità per navigare lungo un fiume è la barca, voce di origine mediterranea che forse viene dal greco baris "zattera", che ci ha dato i termini barcollare, dal latino *barculare, letteralmente "ondeggiare in una barca" e che oggi vale "essere incerti sulle gambe", e barcamenarsi che vale "destreggiarsi con abilità in situazioni difficili". Esiste tuttavia anche il verbo imbarcare, con il riflessivo imbarcarsi, che ha il significato di salire sull'imbarcazione per partire, ma anche quello figurato di "mettersi in una impresa rischiosa".
Detto questo, non ci resta che sederci sulla riva del fiume più vicino ad aspettare che passi il cadavere del nemico, o che venga istallato qualche depuratore.
Probabilmente un semplice articolo di linguistica non può indirizzare le politiche ambientali delle nazioni, né trovare rimedi efficaci ed immediati. Ma scuotere le coscienze, questo, forse, può farlo. Coloro che scaricano rifiuti e veleni nei fiumi spesso dimenticano quanto i corsi d'acqua siano preziosi per la vita. Noi abbiamo provato a ricordarglielo: probabilmente continueranno ad inquinare, ma, ci auguriamo, con l'animo un po' più turbato.

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