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Etimologie

Il museo della musica
di Davide Zingone

Il museo della musica
 

Articolo di Davide Zingone


Il primo museo di cui si abbia notizia fu fondato ad Alessandria d'Egitto attorno al 290 a.C. Si trattava di una grossa struttura residenziale che ospitava una comunità di sapienti dediti allo studio delle scienze e delle arti. A loro disposizione c'erano una sala di lettura, un giardino botanico ed uno zoologico, un osservatorio astronomico ed una biblioteca. In questi edifici si conservavano a scopo didattico oggetti di vario interesse, come strumenti chirurgici e astronomici, pelli di animali, statue, etc. Il suo fondatore, Tolomeo I detto Sotere (cioè "salvatore"), padre della dinastia dei Tolomei, intese chiamare quella struttura Mouseion, cioè "luogo sacro alle Muse", da cui il nostro museo.
Nella mitologia greca le muse erano le nove figlie di Zeus e di Mnemosine, dea della memoria, e si credeva che vivessero sul monte Parnaso. Erano compagne di Apollo e presiedevano a tutte le arti e le scienze, ispirando poeti, filosofi e musicisti. Per questo l'espressione greca mousiké téchne esprimeva un concetto molto simile al nostro "cultura", e i romani la tradussero con musica arte "arte delle muse". Tuttavia l'uso dei parlanti andò via via relegando la parola musica al significato odierno più ristretto di "arte di combinare insieme i suoni".
La musica rappresenta una delle espressioni più alte di ogni cultura, con implicazioni che spesso vanno oltre il fatto meramente artistico e di intrattenimento e sfociano nel campo del sociale ed è, per questo, territorio arduo da delimitare ed analizzare in profondità. Senza nessuna pretesa di esaustività, quindi, ci apprestiamo a prendere in esame alcune parole appartenenti al campo semantico musicale, alla scoperta, come al solito, di curiosità etimologiche e sorprendenti fatti linguistici.
Da dove deriva, per esempio, il nome delle sette note? Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare indietro all'anno 1022 d.C., quando il monaco benedettino Guido d'Arezzo (990-1050 ca.), scrive l'Epistola De Ignoto Cantu, nella quale descrive la pratica ancora oggi usata del solfeggio. In questa epistola, che segue di pochi anni la famosa teoria musicale intitolata Micrologus, Guido ricorre alle sillabe ut, re, mi, fa, sol, la, sa per indicare i diversi gradi della scala diatonica. Le sette sillabe, che con la loro intonazione formavano una progressione ascendente, furono ricavate dagli emistichi di un inno in latino dedicato a San Giovanni e scritto attorno all'anno 750 d.C. da un altro monaco benedettino, Paolo Diacono (720-799 ca.): "Ut queant laxis/ Resonare fibris/ Mira gestorum/ Famuli tuorum/ Solve polluti/ Labii reatum/ Sancte Joannes". Fu il musicista fiorentino Giovanni Battista Doni (1594-1647) a sostituire ut con do, dalla prima sillaba del suo cognome. Attorno al 1650, infine, il teorico musicale francese La Maire sostituì sa con il più funzionale si, dando forma definitiva alla nomenclatura delle note così come ancora oggi le conosciamo in ambito neolatino.
Per potere apprezzare e godere al massimo delle sensazioni che la musica può regalare, non c'è niente di meglio di un bel concerto. Questa parola, stranamente, presenta un'etimologia poco "canora". Concerto, infatti, deriva dal verbo latino concertare, e questo a sua volta da cum e certare "gareggiare" (che ha dato origine anche a certamen, cioè "gara poetica o atletica"), e quindi il significato finale è quello di "gareggiare insieme in bravura".
Per fare musica c'è bisogno di strumenti da suonare. Se ce ne sono tanti si forma un'orchestra, che può eseguire una sinfonia. Quest'ultima parola deriva dal greco symphonía, composta da syn e phoné "voce", e quindi vale "concordanza di suoni". Quello che non tutti sanno è che la parola symphonía, una volta entrata nei dialetti dell'Italia centrale, si è storpiata in zampogna, che è diventato il nome di uno strumento a fiato molto diffuso tra i pastori degli Appennini e che ci ricorda tanto le nenie del periodo natalizio.
Un altro strumento che ha un nome particolarmente interessante è il clavicembalo, composto di clavis "chiave" e cymbalum "cembalo", strumento a tastiera in cui le corde sono pizzicate da plettri, usato soprattutto nei secoli XVI e XVII. Il latino cymbalum, che deriva dal greco kymbalon "tamburello con sonagli", possedeva anche il diminutivo cymbellum, nome dato all'uccello che veniva legato a un filo e lasciato svolazzare per attirare altri uccelli e catturarli con una rete. La parola cymbellum, attraverso il provenzale cembel "piffero", si evolse in zimbello, che oggi indica anche la persona oggetto di scherno e di beffe da parte degli altri.
Dal clavicembalo trae origine anche uno degli strumenti più famosi e più completi, il pianoforte. Infatti nel 1709 il liutaio fiorentino Bartolomeo Cristofori inventò uno strumento musicale a corde percosse da martelletti azionati da una tastiera, e caratterizzato dal fatto che la forza poteva essere dosata a piacimento dal musicista. Per questo fu chiamato clavicembalo col pian e forte.
Un altro strumento musicale molto diffuso e che, probabilmente, molti dei nostri lettori hanno provato almeno una volta a strimpellare, è la chitarra, strumento a corde il cui nome non è altro che l'evoluzione fonetica del greco kíthara (che indicava più propriamente un altro strumento a corde, la cetra) passando attraverso l'arabo qitara.
Numerosissimi sono, poi, i generi musicali. Se risalire all'etimologia di nomi come rock and roll (che in inglese vale letteralmente "dondola e rotola" riferito, ovviamente, al modo di ballare questo vivace ritmo) è abbastanza agevole, non può dirsi lo stesso per jazz, parola che pare non avere alcun significato particolare. L'etimologia più accreditata dice che jazz è la deformazione del nome di un musicista americano, tale Jass Brown, mentre qualcun altro ha scomodato il verbo francese jaser "vociare". Quanto al blues, genere che personalmente amiamo molto, il nome deriva dall'espressione idiomatica americana to feel blue, cioè "sentirsi malinconico, triste". In effetti i testi blues sono imperniati sulle asprezze della vita e sulle tribolazioni sentimentali, spesso metafore di una profonda insoddisfazione esistenziale. Tuttavia i testi della musica blues convogliano una vasta serie di emozioni, che comprendono anche il carattere satirico, ironico e umoristico.
Volendo gettare una rapida occhiata al folklore (altra parola inglese, da folk "popolo" e lore "dottrina") europeo, scopriamo che walzer, che indica la danza nata in Austria attorno alla metà del XVIII secolo, deriva dal verbo tedesco walzen, che oltre a "ballare" significa anche "trebbiare"; e che la tarantella, spesso creduta erroneamente di origine campana, è in realtà una danza di origine pugliese nata nel XV secolo e trae il nome dalla tarantola, ragno al cui morso veniva attribuito l'insorgere di una voglia irrefrenabile di muoversi convulsamente. La tarantola (lycosa tarentula), a sua volta, deve il nome alla città di Taranto, dove pare fosse piuttosto diffusa.
Non si può, per concludere, dimenticare un verbo molto importante per la musica. Si tratta del verbo latino canere "cantare", che ci ha dato l'aggettivo canoro, e che nella sua forma intensiva cantare ha dato origine a parole come canto, cantica, canzone, cantante, ma anche il verbo incantare. Qualcuno ricorderà le famose etimologie a contrariis di Varrone, tipo: Lucus a non lucendo (cioè, "[il bosco] si chiama lucus perché non vi penetra la luce"). Dal momento che di un cantante non bravissimo si dice che "è un cane", parafrasando Varrone potremo arguire: canis a non canendo (cioè, "si chiama cane perché non canta").

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