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Romanticismo

Secondo numero a tema e ancora una sorpresa per la varietà e la ricchezza dei modi in cui è stato inteso il volutamente generico termine di "romanticismo"...
di Massimo Acciai

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la redazione

Romanticismo
 

di Massimo Acciai


Secondo numero a tema e ancora una sorpresa per la varietà e la ricchezza dei modi in cui è stato inteso il volutamente generico termine di "romanticismo". Sorpresa anche per i dibattiti che ha suscitato il tema quando l'ho proposto nei vari ambienti letterari che frequento: "romanticismo" non è evidentemente quella parola ammuffita che si potrebbe sospettare. Così, tra il movimento filosofico-artistico nato alla fine del '700 come reazione al classicismo e all'illuminismo, all'applicazione sempre più ampia ed estesa del termine, applicato dapprima al campo letterario e poi via via a tutti i campi dello scibile umano, fino all'uso moderno nel linguaggio comune, il "romanticismo" è stato interpretato dai nostri autori nei modi più disparati.
Curioso ad esempio il ricorrere di tematiche mitologiche nei racconti e nelle poesie giunte (Maddalena Lonati, Giuseppe Costantino Budetta e Andrea Cantucci) e l'incursione nella leggenda (Maria Pia Moschini), inevitabile l'esplorazione del lato oscuro, gotico del romanticismo (Rossana D'Angelo e il sottoscritto) pur se riportato in ambientazioni moderne, così come l'esotismo carico di suggestioni romantiche appunto (Paolo Ragni) e l'emozione della creazione artistica (Renato Lonza).
Il lato nostalgico, struggente non poteva mancare (Francesco Felici, Massimiliano Chiamenti e Chiara) e poi, chi l'ha detto che i giovani non scrivono più romanticissime lettere d'amore? Eleonora, con la sua "Lettera d'addio" lo smentisce.
Segnalo su questo numero due interessantissimi interventi saggistici sul tema del Romanticismo, inteso stavolta nel suo senso originale: il parallelismo, messo in luce da Alessandro Franci, tra un'opera pittorica (il celebre "Viandante davanti ad un mare di nebbie") e l'altrettanto celebre "Infinito di Leopardi", e l'altro contributo di Giovanni R. Ricci su un aspetto poco conosciuto de "I dolori del giovane Werther" e "Le ultime lettere di Jacopo Ortis"; i sentimenti dei rispettivi personaggi femminili.
Per concludere il mio personale contributo al tema; un romanticismo nel senso più ampio e forse comune…

Una decina di anni fa ebbi la sensazione che le uniche cose davvero concrete nella mia vita fossero proprio le mie opere di fantasia, nate nei momenti in cui lascio sfogare l'immaginazione e scrivo storie incredibili - dotate però del loro senso - su cui ho pieno controllo. Questo pensiero era nato una sera di giugno durante uno spettacolo all'aperto dalle parti di Castello, nella periferia di Firenze. C'era una stupida gara di karaoke che seguivo distrattamente, fino al momento in cui il presentatore annunciò una certa "banda del muretto". Il mio interesse si focalizzò su questo nome che riemergeva inopportuno dalla nebbia della memoria. Mi chiedevo quante probabilità ci fossero che si trattasse proprio del muretto della mia vecchia parrocchia. Salirono sul palco un gruppetto di ragazzi che stonarono "Alba chiara". Desideravo non credere ai miei occhi. Erano proprio loro, i miei vecchi compagni di catechismo. Un velo di tristezza cominciò ad avvolgermi insieme a ricordi di cui avrei fatto a meno. Dopo quell'esibizione fu annunciata una certa Sara. Fu troppo. Provai un'irresistibile voglia di alzarmi e andarmene, ma una forza ancora più irresistibile e perfida mi incollava alla sedia. "Quella" Sara salì sul palco e incominciò a cantare una canzone di Mina, "Grande, grande, grande". Una nuova ondata di ricordi, più violenta della prima, mi travolse e mi trascinò col pensiero lontano nello spazio-tempo. "Prima ho pensato a te" diceva allora la sua voce, in un pomeriggio freddo di marzo, anni prima "vorrei conoscere i tuoi desideri". Ma i miei desideri erano senza parole e il ragazzo che le sedeva accanto sul muretto era allora un volto in mezzo a facce vecchie e nuove che transitavano sul sagrato della chiesa, e già allora forse il suo cuore non era più libero. Quando terminò la canzone ci fu un grande applauso e il primo premio per lei. "Sei fidanzata?" le chiese il presentatore. Lei rispose di sì. "Vuoi dedicare questa canzone al tuo fidanzato?" le chiese ancora il presentatore. Lei rispose di no. La serata si concluse con un balletto. Io, finalmente libero da quella malia che mi imprigionava, m'infilai il giubbotto e me ne andai quasi di nascosto, sperando di non essere visto da nessuno. Soprattutto da lei. Fui invece io a vederla, prima di avviarmi verso lo scooter; lei, Sara, che spariva nella notte sottobraccio ad un tizio. "Stammi bene." pensai tra me.

Con questo testo saluto i lettori e invito gli autori ad inviare il materiale per il prossimo numero, online a settembre (ultima scadenza: 30 novembre). Il nuovo tema sarà: le lingue.

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