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Scuola e Mondialità
Gennaro Tedesco
Il processo di globalizzazione e
la tendenza del mondo attuale a una sua sempre più
possibile cosmopolitizzazione e unificazione
dovrebbero indurre almeno a una minima ma seria
riconsiderazione di molte delle strategie educative
occidentali . Il confronto e l'impatto con l'Africa
e soprattutto con l'Oriente asiatico non consentono
più all'Occidente non solo nel campo educativo di
poter monopolizzare approcci e visioni del mondo
unilaterali .
Al momento è significativo che su questi temi e su
queste problematiche all'interno della cittadella
euro-americana non sembra che vi sia traccia di
consapevolezza . Per supponenza o per la fatica
conoscitiva e informativa , cioè per ignoranza del
mondo "altro" ?
Il fatto è che se volessimo giudicare dagli esiti
attuali della competizione globale , come è
d'abitudine tra i visi pallidi , dovremmo constatare
che i vincitori di tale gara sembrano essere gli
asiatici anche con le loro strategie educative .
A rischio di semplificare , è bene chiarire che , al
di là di vincitori e vinti e di categorie politiche
definite , sostenute e diffuse dall'Occidente , se
per davvero il mondo e l'umanità vogliono imboccare
una via alternativa e inclusiva , non ci si può
permette più il lusso di confronti o peggio ancora
di scontri di civiltà . Forse una svolta ecologica
ci aiuterebbe a superare un mondo ancora concepito e
praticato in termini di paratie stagne e di blocchi
contrapposti . Per svolta ecologica si intende un
rivoluzionamento materiale e culturale delle società
in cui viviamo ed operiamo .
In questa prospettiva e in questa dinamica qualcosa
si comincia a muovere all'interno del discorso
storico e didattico-storico . All'interno di questo
nuovo approccio storiografico uomini , società,
civiltà e manufatti non sono più ipostatizzazioni
ideologiche al servizio di questo o di quello , ma
determinazioni concrete e operative nell'ambito
delle permanenti e ricorrenti relazioni tra esseri
umani e natura in una dimensione di uguale dignità .
Certo tale prospettiva e metodologia storica e
didattica trova più ostacoli in Occidente , dove la
tradizione e l'ideologia dominante riservano un
posto di favore all'uomo a discapito della natura .
Nella prospettiva occidentale l'"approccio
naturalistico" per lo più prevalente e dominante
nell'Oriente asiatico viene visto , considerato ed
etichettato come metafisico e fideistico ,
dimenticando che tale preteso naturalismo
idealistico è molto più concreto e radicato nella
realtà dell'umanesimo eurocentrico ,
autoreferenziale e autoriflessivo . La
naturalizzazione ricercata e praticata ad Oriente è
il tentativo di un ritorno simbiotico e dinamico e
di una riatttualizzazione delle fonti e delle radici
terrestri da cui è cominciata l'avventura odisseica
dell'uomo . Non ci sono al mondo esseri umani più
"marxisti" , cioè concreti , degli asiatici .
La loro natura è radicale e radicata in una realtà
concreta in perenne e convulsa trasformazione nei
confronti della quale l'essere umano continua a
tessere e a costruire ricorrenti e ricorsive
relazioni simbiotiche .
I rapporti dell'uomo occidentale con la natura , se
e quando ancora esistono , sono pervasi
dall'ideologia del "macchinismo" . Se la natura non
è ancora completamente una macchina , essa è
comunque a disposizione dell'uomo , è il serbatoio
illimitato che contiene tutto il carburante
necessario all'alimentazione del motore umano .
E allora ecco che sullo scenario della storia
occidentale pretesa universale e valida per tutti da
Occidente ad Oriente si profila e si staglia ,
giganteggiando e monopolizzando la piazza , un uomo
che , credutosi onnipotente , si rivela poi del
tutto impotente a capire e a fronteggiare le
repentine e impreviste catastrofi , rivelandosi più
fragile e spaurito di un topolino .
Allora la Storia dell'occidentale si accorge che
qualcosa nel suo schema non funziona , che qualcosa
nella sua macchina si è inceppato , che la storia
non è un "semplice prodotto" dell'uomo , che l'uomo
deve fare i conti con un oste imprevedibile , la
Natura , che non si piega facilmente alle richieste
"disumane" dell'essere umano , anzi reagisce ,
rimescola le carte sul tavolo della storia e
rilancia all'infinito i dadi della sorte .
Non so se questa è la lezione del terzo Millennio
che la storia e la scuola degli occidentali deve far
propria . Ma se non si prende atto che ad Oriente
sta nascendo qualcosa di nuovo che ci costringe a
rivedere tutta la nostra visione del mondo ,
rischiamo un giorno non tanto lontano di
risvegliarci in un mondo estraneo senza nemmeno la
possibilità di comprenderlo .
Allo stato presente delle cose , in nazioni ( o
Continenti?) come la Cina , l'India e l'Indonesia
approcci armonici all'essere umano e alla natura ,
malgrado contrarie previsioni occidentali e
contraddizioni interne alle medesime società ,
sembrano riuscire a convivere con un rampante
turbocapitalismo . Tanto che, finalmente , qualche
storico in Occidente si è chiesto se non sia il caso
di riscrivere la storia del mondo alla luce di
quello che sembra profilarsi imminente come un
epocale sorpasso non solo industriale e
capitalistico del Dragone cinese e dell'Elefante
indiano sul pigro e indolente Occidente
euroamericano . Così qualche storico del decadente
Occidente ha riscoperto la vivacità e la modernità
dell'Oriente asiatico prima dell'affermazione
traumatica del colonialismo : Cina e India non più
apatici e dormienti pachidermi , ma civiltà
dinamiche ed evolute . Una Rivoluzione storica e
storiografica senza precedenti . Sembra proprio il
caso di confermare e avvalorare l'antica tesi che la
storia è scritta dai vincitori e i vinti ne sono le
vittime . Oggi che il Dragone Cinese e l'Elefante
Indiano sembrano impadronirsi del mondo con le loro
merci e prossimamente con i loro modelli culturali
ed educativi nonché ideologici ( per non parlare
della moda e della cucina) , da parte di qualche
rara mente illuminata occidentale si incomincia a
immaginare e paventare una prossima e inevitabile
egemonia orientale sul globo . E si cominciano ad
innalzare inutili ed artificiali barriere
ideologiche e protezionistiche . Ma questa reazione
occidentale non è altro che la tipica manifestazione
di una civiltà e di un mondo che , giunti al
Capolinea ,apparentemente inconsapevoli della loro
terribile crisi non solo d'identità , non riescono a
rispondere all'incalzare degli eventi e alle sfide
degli aggressivi soggetti storici e politici
d'Oriente protagonisti del nuovo che avanza ,
rinchiudendosi nell'esaltazione quasi idolatrica ed
isterica delle proprie ancestrali e "incontaminate"
radici storiche ed identitarie . Nulla di nuovo
sotto il sole . Parecchi secoli fa la stessa
patologia politica ha condotto alla morte , per
ipertrofia e claustrofilia , l'Impero romano
d'Oriente .
I Costruttori dell'erigenda Unione Europea di certo
non lo confesseranno mai se pure tutti ne siano
consapevoli , ma l'architettura e la struttura
dell'Unione sembrano profilarsi e modellarsi in
funzione di una risposta alla sfida non solo
economica del Dragone Cinese e dell'Elefante Indiano
, mentre il fondamentalismo islamico , invece di
presentarsi come un'occasione storica e politica
senza precedenti per l'Europa , per la sua Scuola e
per la sua Università , per rielaborare ,
consolidare e diffondere il progetto europeo di uno
Stato cosmopolita e laico , viene percepito e
recepito come mezzo per il consolidamento di antiche
fobie identitarie e di ataviche e icontenibili
pulsioni egemoniche volte innanzitutto a
riattualizzare mai sopite intolleranze e latenti e
inconfessabili rigurgiti neoimperialistici .
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