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Silence, Exile &
Cunning: l'underground si fa spazio nel nuovo
mondo musicale
Indipendenti, underground,
progressive: ma non amano essere definiti e
incasellati in una categoria. Sono i Silence,
Exile & Cunning, un gruppo musicale di
giovanissimi e che sono in un continuo tour nei
locali e nelle piazze lombarde, non solo milanesi.
Con loro parliamo di musica, dei nuovi canali di
diffusione, della loro poetica che, dal loro nome,
si rifà a una figura importante del mondo
letterario: James Joyce. Tra loro c'è una sintonia
molto incisiva: e con loro si aprono spiragli per
un nuova visione di fare musica e arte. È in
uscita il loro primo Ep per dicembre: cosa ci
attende artisticamente?
- Perché Silence, Exile & Cunning?
È un'espressione tratta dal "Ritratto dell'artista
da giovane" di James Joyce. È la conclusione di
una frase in cui l'artista sintetizza il proprio
modo di concepire l'arte. Noi assumiamo il
silenzio, l'esilio e l'astuzia, appunto, come
denuncia della condizione a cui è sottoposta la
musica oggi.
- Quali sono i canali attraverso i quali
diffondete la vostra produzione musicale, come vi
fate conoscere?
Siamo in rosso a conti fatti, abbiamo voluto
privilegiare la promozione piuttosto che il
guadagno: il nostro demo tape si intitola "A day
at the Murec Studio", ed è in download gratuito da
Soundcloud.
- A quale genere di musica fate riferimento?
Vogliamo svincolarci dalla logica imperante
che obbliga i musicisti ad inserirsi in un preciso
genere musicale. Privilegiamo la composizione e,
solo in un secondo tempo ci rendiamo conto del
genere che può meglio identificare il pezzo. Ci
liberiamo, così, da qualsiasi vincolo. Possiamo
definirci alternativi, indipendenti. L'etichetta
discografica major fa di sicuro comodo, ma è
difficile pensare di legarsi ad un'etichetta che
non sia indipendente, andando così a alterare il
nostro prodotto. Se fosse possibile associarsi a
un'etichetta mantenendo entrambi i requisiti,
ossia l'indipendenza e l'autonomia, sarebbe
ottimo.
- Come avviene la fase di produzione?
Dipende da pezzo a pezzo. A volte Lorenzo o
Jemba scrivono il pezzo nelle sue linee
essenziali, poi insieme, con Umberto, batterista,
Cosimo, bassista, diamo vita all'opera. Non esiste
un modo univoco che seguiamo per produrre musica.
Di solito non si parte dal testo, ma lo si scrive
mentre si percepiscono il ritmo e i vari accordi.
In definitiva alcuni dei nostri pezzi erano in
origine solo delle linee guida a cui serviva un
arrangiamento che fungesse da "vestito", mentre
altri sono nati per esempio da un semplice giro di
batteria, da una linea di basso. Le canzoni sono
costruite insieme da noi tutti. Come fossero
sintonia, puntando più su pezzi inediti che sulle
cover.
- Perchè avete escluso le cover?
Per toglierci la costrizione di fare qualcosa
solo perchè imposta. La sintonia è nata
spontaneamente sugli inediti. Solo in seguito
abbiamo pensato ad arrangiare qualche cover, tra
le canzoni che più ci coinvolgevano.
- Quale è il pezzo che più vi rappresenta?
"Last, Proximate End": è il primo pezzo nato
in sala prove.
- Quale pezzo italiano vorreste rifare?
Lorenzo: mi piacerebbe provare a tradurre in
inglese il brano "La musica dei poveri" dei
Mercanti di liquore.
- E un pezzo inglese, quale?
Abbiamo arrangiato cover di Marvin Gaye, dei
Police (Driven to tears, dall'album Zenyatta
Mondatta), dei Morphine, un trio di Boston
formatosi negli anni 90 nell'ambito underground,
esperienza baritonale dal sound veramente
interessante. Sono comunque tutte esperienze che
sentiamo vicine alla nostra.
- Nel panorama presente, invece?
Gli Alt-j, ci ispirano: sono un gruppo
britannico giovanile e sperimentale, alternativo,
con forti influenze soul, folk, elettronica. Sono
affascinanti soprattutto dal punto di vista della
ricerca musicale.
- Parliamo del vostro nuovo Ep
Sono 8 pezzi. Siamo entrati in studio in
novembre cercando di curare la qualità delle
tracce e i testi per avere un'immagine
professionale, uscendo dal dilettantismo delle
Demo. Abbiamo, così, fatto un bozzetto per creare
la grafica e per cercare un'impostazione del disco
che ci soddisfasse. L'Ep è stato possibile grazie
al finanziamento che ci è derivato da due concorsi
in cui abbiamo vinto, tenuti nel cremasco. Uno era
organizzato da una scuola di musica, "Consorzio
concorde", l'altro era organizzato dalla Festa de
L'Unità di Crema nell'ambito della Birroteca Rock.
Il palco era molto grande, e vi si sono esibiti
diversi gruppi importanti: da Elio e le storie
tese a Caprezza, per arrivare ai Punkreas:
suonarci è stata davvero una bella esperienza.
- A quale gruppo vorreste appartenere?
Dipende molto dalle influenze di ciascuno di
noi; ci piacciono i Beatles, oppure i Creedence
Clearwater Revival, o i Police, oppure i King
Crimson, i Led Zeppelin, i Morphine, gli italiani
Calibro 35, i Portishead, i Tower of Power, i
Meters... Questo perchè nel nostro gruppo non
esiste un'unica influenza musicale principale e
vogliamo sempre lavorare per creare armonie nuove
e imprevedibili.
- Vi sentite melodici?
Dipende. Abbiamo delle parti melodiche nella
nostra produzione. Amiamo, però, giocare con
arrangiamenti elaborati, cercando di prestare
attenzione all'arrangiamento e a ogni parte
dell'opera. Cerchiamo di inserire delle sonorità
di progressive nei nostri pezzi, tratte da altri
gruppi che ci affascinano, come i King Crimson.
- Quale è la reazione del pubblico nei
confronti della vostra produzione?
Positiva. Molte persone si sono complimentate
con noi per i pezzi inediti. Questo fa molto
piacere, soprattutto per il fatto che molti si
stupiscano quando diciamo che i pezzi sono nostri
e non sono delle cover. È un buon segnale questo.
- Quali canali utilizzate per diffondere la
vostra produzione?
Bandcamp, il sito dove scaricare liberamente i
pezzi con offerte volontarie e libere. Utilizziamo
anche i siti tradizionali, i social network, tra
cui la nostra pagina facebook, facebook.com/s.e.c.music,
twitter, twitter.com/s_e_c_music. È molto utile il
servizio di download gratuito che mette a
disposizione il sito soundcloud.com, il nostro
profilo è alla pagina soundcloud.com/silenceexileandcunning.
- Quali sono i vostri rapporti con i locali
milanesi e non solo, in un momento in cui le
attività commerciali sembrano sempre meno propense
a dare spazio alla musica live?
Gabriele Carbone tramite This is When Music
Attacks è stato determinante in questo senso: ci
ha permesso di esibirci per la prima volta senza
sentirci preventivamente, e gliene siamo molto
grati. Nelle altre zone lombarde ci siamo mossi
indipendentemente. Preferiamo sempre andare sul
posto e portare le nostre compilation direttamente
al gestore di un locale, dove possibile. Avremo
date a Crema, Bergamo in un prossimo calendario
gestito interamente da noi.
- I rapporti con altri gruppi vostri omologhi
per genere, poetica, generazione, come sono?
Ci piace condividere spesso le serate
musicali. Non si è persa la solidarietà tra i
gruppi. Esiste una forte amicizia tra di noi e
legame.
- Altri pezzi che ritenete rappresentativi?
"Dadaistic Vision", accattivante e
soddisfacente dal punto di vista ritmico. Oppure "Pladjaktush",
una parola che è un non sense, interessante pezzo
dal punto di vista della linea di basso e della
ritmica, è accattivante e siamo soddisfatti di
come siamo riusciti a rendere le nostre precise
intenzioni musicali.
- Come avviene la fase di preproduzione, ossia
di ispirazione del testo e della musica?
Dal punto di vista musicale forse
l'ispirazione viene sulla base delle attenzioni
che si ripone verso un autore, o un libro. I testi
possono altrimenti essere esperienze vissute che
passano necessariamente da una visione personale.
- Quale è la frase più bella in una delle
vostre canzoni?
Forse la frase che ricorre nella strofa di
Dots 'n Borders, un pezzo che sarà presente nel
nostro Ep, in uscita per dicembre: "Their wise
doctrine hesitates at all" ovvero "La loro saggia
dottrina improvvisamente esita" Concetto, è
questo, che noi intendiamo nello stesso modo pur
nelle differenti circostanze in cui può essere
inserito: è la capacità che determinate realtà
hanno di alterare un equilibrio prestabilito, e ci
sembra giusto sottolineare la cosa dal momento che
viviamo in un periodo di forti cambiamenti.
Un'altra frase che ci sembra molto bella è in Last,
Proximate End, "The world has died when love has
talked us, and now we're all toghether in our last,
proximate end".
Ci piacciono i nostri testi, e da quando abbiamo
constatato che avevano presa sul pubblico abbiamo
pensato di lanciarci a livello underground,
evitando il mondo della major, del mainstream.
Molti stanno uscendo dall'Italia in quanto diventa
difficile suonare in giro per locali e trovare
spazi. Abbiamo deciso di affidarci alle licenze
"creative commons" per registrare i diritti
d'autore sui nostri pezzi, perché siamo convinti
che rispondano ad una diversa concezione
dell'opera d'arte che crediamo sia più vicina alla
nostra.
- Quali consigli potete dare a chi, vostri
coetanei, vogliano intraprendere un'attività
artistica come la vostra?
Pensiamo che la costrizione all'interno di una
solo genere musicale porti inevitabilmente a
rinchiudersi all'interno di una categoria e di
precisi cliché musicali. Questo è sinonimo di
limitazione della creatività artistica, frena la
sperimentazione musicale. Ai nostri coetanei che
intendano intraprendere un'attività artistica
consigliamo di tenere sempre in considerazione
l'importanza della ricerca musicale. Per iniziare
conviene inoltre suonare il più possibile, buon
punto di partenza per fare esperienza.
- Il mercato e il luogo dove proporre musica
sta cambiando nella nostra contemporaneità, come
rispondete?
Sta cambiando fortemente il luogo in cui si fa
musica. Non abbiamo più i consueti negozi di
dischi, il luogo di acquisto della musica diventa
la rete. In questo modo si scoprono realtà
virtuali come Amazon, oppure iTunes Store, o
Bandcamp, che arrivano a sostituire i vecchi
negozi di dischi. E' logico inoltre che cambiando
il mercato musicale, acquista sempre più
importanza il live come dimensione in cui si
prende veramente coscienza della capacità musicale
di un artista.
- È positivo tutto questo?
Sì perchè l'acquisto tramite internet rende la
musica meno costosa, più accessibile a tutti.
- La rete democratizza l'accesso alla musica?
Ti garantisce più visibilità, ma incorri nel
pericolo di trovarti in un mare magnum dove
l'ascoltatore non sa cosa scegliere e come
scegliere all'interno della produzione presente
proposta. La nuova importanza acquistata dalla
rete non toglie il gusto e il fascino del vecchio
disco cd, che rimane anche nelle nuove
generazioni. Al momento è in crisi l'industria
discografica, è in crisi un modo superato di
intendere il mercato della musica. Come in ogni
ambito esistono sempre chi è più conservatore e
chi è più progressista. Stiamo oggettivamente
andando verso un nuovo modo di gestire il mercato
musicale. Prendiamo per esempio i Radiohead; hanno
registrato "In Rainbows" ed è scaricabile con
offerta gratuita da internet. Stiamo parlando di
un gruppo affermato. Esiste, quindi, una nuova
logica di gestione e di fruizione della musica.
- La televisione e i talent show sono i canali
più popolari a cui siamo stati ultimamente
abituati a considerare come mezzi più facili e più
spettacolarizzati nel ricercare i nuovi talenti:
sono in crisi?
Forse la televisione rimane e incide ancora ma
esiste un panorama che sta crescendo, alternativo
e underground. Si sta facendo arte: il discorso
commerciale può arrivare, ma solo in un secondo
tempo, e solo fino ad un certo punto. La rete
permette la delocalizzazione, arrivando a un
panorama più globale. Le web radio, i magazine
online sono i nuovi modi di fare e proporre
cultura.
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