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Editoriali
Progetto Emmaus
Il romanzo thriller di Marco Bazzato, autore
de
Il Campo del Vasaio (Mt. 27,7), è
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di
Marco Bazzato
Caffè Letterario Musicale
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Catalogo
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Istruzione (da "La nevicata")
Michele odiava la scuola. L'aveva sempre odiata, fin
dal primo giorno alle elementari. L'aveva poi
detestata alle medie, l'aveva maledetta alle
superiori e perfino l'università aveva aborrito pur
frequentandola e riuscendo a laurearsi in lettere
entro i termini stabiliti. Era sempre stato uno
studente mediocre, attento a non essere bocciato o
rimandato in nessuna materia solo per non prolungare
ulteriormente quel tormento. Faceva solo quanto era
sufficiente, e non di più. Mirare ad un voto
superiore al sei lo riteneva una sciocca perdita di
tempo. Le materie non lo interessavano, ciò che lo
interessava lo trovava tutto al di fuori della
scuola, nelle sue letture private. Aveva
attraversato gli anni di scuola come chi passa, un
giorno di pioggia, per una strada che conosce bene,
con gli occhi bassi, nascosti nell'ombra e il cuore
rivolto ad un giorno lontano: quello della libertà.
Aveva anche scritto qualche verso su questo tema.
Non poteva soffrire la scuola, ma non tanto i
professori come categoria - beh, sì alcuni li
avrebbe consegnati a qualche killer: ciò che però
rifiutava era proprio il sistema scolastico in sé.
Altro che riforma Gelmini ci voleva; l'avrebbe fatta
lui una bella spianata dell'istituzione scolastica!
Una bella scossa sismica (in senso metaforico) per
demolire tutto l'edificio fatiscente e ricostruire
tutto da capo.
La visione della scuola che aveva Michele non
avrebbe incontrato nessuna approvazione, soprattutto
da parte dei professori, e lo sapeva bene, perciò
non parlava mai di questo argomento e cercava di
sfuggirlo appena s'intravedeva all'orizzonte. Pure
talvolta avrebbe avuto voglia di scriverci un
trattato, un giorno o l'altro, e considerò con
divertimento la strana ironia che lo aveva portato
là, in quell'hotel sperduto in compagnia di
professori e professoresse, ancora operanti o in
pensione. Si sentiva un po' lo straniero interno,
nascosto, che sorride tra sé al pensiero "se
sapessero…". Vedere i volti di quegli insegnanti
raccontarsi di gite scolastiche fantozziane e
sentirli lamentarsi delle proprie classi e stipendi
lo divertiva ed irritava al tempo stesso.
Immaginava così una conversazione proprio con quel
"povero" professore che guadagnava 1800 euro al mese
(una cifra che lui non guadagnava nemmeno in tre
mesi, quando andava bene), e si immaginava di
scandalizzarlo con il suo modello utopico di
istruzione: niente esami, niente classi, niente
compiti, niente voti e nessun programma
ministeriale. Solo un maestro ed un allievo, in
assoluta parità, che insegnano l'uno all'altro, a
turno, ciò che sanno. Se solo i professori
ammettessero di poter imparare qualcosa anche dai
loro allievi… ma Don Milani era ancora avanti con i
tempi, dopo quattro decenni dalla sua morte, e lo
stesso prete di Barbiana "imponeva" i suoi ritmi e
le sue materie, insomma la sua autorità, ai bambini
e ragazzi che istruiva nel suo paesello sperduto del
Mugello.
No, lui avrebbe fatto tutto diverso. Avrebbe
innanzitutto aperto la nuova scuola solo a chi
davvero desideroso di imparare. Niente studenti
svogliati, costretti a stare sui banchi quando
proverebbero davvero molta più soddisfazione anche
solo ad andarsene a passeggio o a fare qualche
semplice lavoro che non richiede una preparazione
particolare. Loro se ne restino pure fuori, che
sarebbero solo un disturbo per gli altri e
soprattutto perdono tempo loro stessi. Istruirsi
dovrebbe essere soprattutto una scelta e l'ignoranza
un diritto (sì, proprio così - udite bene - un
diritto! Ben inteso, non l'ignoranza delle regole
del vivere civile, dei propri diritti e doveri di
cittadino e di uomo o donna; quella sarebbe l'unica
materia obbligatoria, impartita a tutti
gratuitamente); cosa gliene frega ad esempio ad un
aspirante ragioniere di chi era Napoleone o Giulio
Cesare? Non gli serve per il proprio lavoro, se è
interessato alla Storia può comprarsi dei libri o
andare in biblioteca a soddisfare la propria
curiosità.
Avrebbe organizzato la scuola sul modello un po'
delle università, in cui ognuno si sceglie il
proprio percorso, le proprie materie preferite, ma
senza esami e senza la superiorità tra insegnanti e
studenti, e avrebbe messo invece gli insegnanti a
disposizione degli studenti - al loro servizio - per
fornire tutte le nozioni che loro stessi gli
avrebbero richiesto. Immaginava una lezione come una
conferenza in cui il professore-relatore parlava e
gli studenti-ascoltatori facevano domande. Ribaltare
i ruoli: il professore diventava l'interrogato e, se
non soddisfaceva le richiese, semplicemente veniva
abbandonato dai suoi studenti i quali sarebbero
andati a cercarsi qualcuno più bravo di lui. Non era
già così nei corsi privati che si seguono per
diventare fumettisti o programmatori?
Immaginava una scuola di base, simile a quella
tradizionale solo nell'impostazione delle classi e
nell'obbligatorietà: una scuola per imparare a
leggere e a scrivere, di durata variabile a seconda
della velocità di apprendimento del bambino. Ci si
sarebbe potuti ad esempio andare a cinque o a sei
anni, o anche a quattro se uno era un piccolo genio,
ed uscirne a otto o nove, quando si era in grado di
scrivere e leggere quel tanto per proseguire poi per
conto proprio se uno desiderava farsi una cultura da
autodidatta, che sarebbe stata considerata sullo
stesso piano di quella "ufficiale" scolastica.
Michele aveva conosciuto troppe persone che erano
state poco a scuola e che pure ne sapevano come e
forse più di professori universitari per mettere in
dubbio la validità della cultura da autodidatta.
Erano in effetti le più motivate, i lettori più
voraci, le menti più brillanti, le più curiose e le
più assetate di sapere. Lui stesso aveva una certa
cultura da autodidatta, anche senza raggiungere tali
vette, e l'avrebbe sviluppata di più se non avesse
perso tempo a scuola.
Ma in fondo non era tempo perso, e non poteva essere
diversamente. La scuola era obbligatoria fino a
quattordici anni, quando aveva terminato le medie,
ed aveva scelto di andare alle superiori e poi
all'università solo nell'illusione che un "pezzo di
carta" lo aiutasse a trovare un lavoro migliore di
quello di cui si era dovuto accontentare. Vana
speranza, ma solo col seno di poi. Soltanto
l'università gli aveva dato una qualche
soddisfazione, anche se trovava scandaloso il
comportamento di molti professori che disertavano i
ricevimenti e le lezioni e che utilizzavano il tempo
loro pagato dalle tasse universitarie per scrivere
romanzi o per apparire in televisione. Ladri di
stipendi.
Certo, c'erano le eccezioni. Ci sono sempre le
eccezioni. Aveva conosciuto anche dei buoni
insegnanti, in qualche modo "costretti" dal loro
ruolo a scrivere voti sul registro e ad interrogare,
ma che - sospettava - in fondo non la pensassero
molto diversamente da lui. C'era anche chi non aveva
la pretesa assurda di "formare" una persona ma si
limitava ad insegnare la sua materia lasciando che
fosse la vita stessa, quella che comunque scorre
anche e soprattutto fuori dalle aule, a formare
l'allievo. Perché è la vita la maestra che ci impone
le sue regole, e chi è davvero libero è maestro di
sé stesso. Come può un perfetto sconosciuto -
stipendiato magari a 1800 euro al mese - arrogarsi
tale diritto?
Non era anzi spesso la scuola ad allontanare,
anziché avvicinare, i giovani dall'amore per la
lettura?
A Michele era successo proprio questo. Lui era un
forte lettore malgrado la scuola. Aveva scoperto il
piacere di leggere proprio dopo il diploma, quando
aveva avuto un po' di respiro. Nel giro di
un'estate, a diciannove anni, si era trasformato in
un lettore vorace ed onnivoro, spesso disordinato,
che pure quando voleva sapeva organizzarsi una serie
di letture progressive ed ordinate su un certo
argomento che gli stava particolarmente a cuore.
Aveva imparato ad insegnare a sé stesso, attraverso
i libri. E anche attraverso Internet, perché no? Non
era il web una buona imitazione della biblioteca
infinita di Babele immaginata da Borges nel suo
celebre racconto? Non era la biblioteca di tutte le
biblioteche, quella che contiene perfino testi che
non si troveranno mai in nessun libro? Non era
davvero un oceano quasi sconfinato di informazioni
in cui, appunto, navigare?
Massimo Acciai
direttore di Segreti di Pulcinella
* * *
Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere
entro il
28 febbraio 2013. Il prossimo tema:
La crescita.
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
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