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Libri a fumetti
Cinema
In questo numero
presentiamo:
Prometheus
di Mario Gardini
Ribelle - The brave
di Mario Gardini
Skyfall
di Mario Gardini
Vendetta e pietà
di Maria Antonietta Nardone
Fotografia
Insert coin
In questo numero:
Cacciatori di tutto il mondo, unitevi
Borderlands 2
LittleBigPlanet PSVita
Booktrailer
Booktrailer
Arte contemporanea
Miti mutanti 18
Un artista a
Coverciano 4
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Joe Kubert: Opere di un maestro
scomparso
Nel volgere del 2012 sono
purtroppo scomparsi tre dei più grandi autori della
storia della letteratura disegnata, ognuno esponente
fondamentale di una delle tre principali scuole del
fumetto occidentale: il francese Jean Giraud (alias
Moebius), l'italiano Sergio Toppi e lo statunitense
d'origine polacca Joe Kubert. Di quest'ultimo,
eccezionale insegnante di Fumetto oltre che
disegnatore e scrittore, ripropongo una mia
biografia aggiornata e una "recensione" sul suo
Tarzan (uno dei migliori di tutti i tempi), in
occasione della nuova edizione in volume appena
pubblicata in Italia dalla Magic Press.
Joe Kubert, nacque il 18 settembre 1926 a Yzeran,
una piccola località della Polonia, da una famiglia
ebraica. Suo padre Jacob era un macellaio kosher, il
ché significa che doveva preparare le carni, secondo
le prescrizioni delle sacre scritture, per gli ebrei
strettamente osservanti. In virtù di questo ruolo,
la sua posizione sociale nella piccola comunità di
Yzeran poteva dirsi benestante, ma voleva dare
maggiori opportunità alla sua famiglia e decise di
trasferirsi negli Stati Uniti. La prima volta
avevano tentato il viaggio nella primavera del '26,
ma a Southampton le autorità inglesi avevano
rifiutato loro il visto per imbarcarsi, perché sua
madre Etti era incinta di Joe, ed erano dovuti
tornare indietro per attendere la sua nascita.
Joe aveva due mesi, quando finalmente la sua
famiglia emigrò a New York, stabilendosi nel
quartiere di Brooklyn. Anche qui suo padre lavorò
come macellaio kosher, mentre sua madre prestò
servizio presso la comunità ebraica.
Cominciò a disegnare fin da quando aveva due o tre
anni di età, e mentre cresceva i suoi genitori lo
incoraggiarono a coltivare il suo talento. A tre o
quattro anni, i vicini gli compravano i gessetti per
disegnare per strada.
Si appassionò ai fumetti fin da prima che sapesse
leggerli, solo guardando le figure delle strisce sui
giornali degli anni '30. Gli autori che più lo
influenzarono furono quelli realistici, soprattutto
Harold Foster, Alex Raymond e Milton Caniff.
I suoi genitori raccontavano spesso a lui e alle sue
quattro sorelle le storie del "Vecchio Paese", la
terra d'origine che non poteva ricordare, e dei bei
tempi felici vissuti laggiù. Ma verso la fine degli
anni '30, l'immagine idilliaca che poteva ancora
associare al suo luogo natale fu sostituita da un
incubo. Vari amici e parenti giunsero dalla Polonia
dopo essere fuggiti dai campi di sterminio nazisti,
e raccontarono quello che succedeva laggiù, le
persecuzioni antisemite e l'Olocausto. I ricordi di
quelle storie, di cui non poteva ancora afferrare
interamente tutto l'orrore, si impressero
indelebilmente nella sua mente. Il suo paese natale
oggi non esiste più, è stato completamente spazzato
via, e il pensiero di quello che sarebbe successo a
lui e alla sua famiglia se vi fossero rimasti, lo
ossessionò per moltissimo tempo, facendogli però
anche constatare l'enormità della sua fortuna.
Il suo primo lavoro retribuito per gli albi a
fumetti, risale al 1938, quando aveva circa dodici
anni (!). Fece apprendistato prima presso lo studio
di Will Eisner e poi in quello di Harry Chesler, che
aveva conosciuto frequentando la High School of
Music and Art di Manhattan. Nel 1940 già guadagnava
più di suo padre e nel 1942, a soli sedici anni,
pubblicò le prime storie di sua creazione.
Inizialmente collaborò con i comic book di case
editrici minori, come Holyoke Group, MLJ
Publications e Quality Comics, ma nel 1943 entrò in
pianta stabile alla National Periodical Publications
(la DC Comics di allora), con cui manterrà sempre un
rapporto privilegiato. Tra le principali serie a cui
collaborò negli anni '40, ci furono Johnny Quick,
Shining Knight, Doctor Fate, Flash, Zatara e
soprattutto Hawkman, che è considerato il suo
capolavoro di questo periodo, ma lavorò anche a
qualche episodio di Superman.
All'inizio degli anni '40, quando aveva sedici o
diciassette anni, si trasferì con la famiglia nel
New Jersey, dove suo padre divenne saldatore,
lavorando alla costruzione delle navi. È probabile
che il "grande salto" (come lui lo definisce) da uno
dei quartieri più poveri di New York a un altro
stato, fosse stato reso possibile anche dal suo
lavoro di cartoonist.
Nel periodo della guerra di Corea, dal 1950 al 1952,
prestò servizio nell'esercito e per un anno fu di
stanza in Germania. Al congedo tornò a produrre
fumetti, per editori come la Harvey e la EC Comics.
A questo periodo risale la sua prima storia di
guerra: "Tide" (Marea), pubblicata sull'albo
Two-Fisted Tales nel 1953.
A partire dallo stesso anno, insieme a Norman Maurer,
si occupò di adattare ai fumetti, per l'editore
Archer St.John, la tecnica del cinema in 3-D, che
all'epoca furoreggiava negli Stati Uniti. Il primo
albo "in rilievo" che produssero fu Mighty Mouse (il
super topo tratto dai cartoni animati di Paul Terry),
che vendette più di un milione di copie e lanciò una
nuova moda del settore.
Contemporaneamente, la St.John gli lasciò un'ampia
libertà per la creazione di un nuovo personaggio, di
cui poté realizzare testi, disegni, colori e
(addirittura) possedere i diritti. Il risultato fu
la serie preistorica Tor of 1,000,000 Years Ago (Tor
di un milione di anni fa), dove cominciò a
sviluppare elementi che si ritroveranno in molte sue
opere: la natura selvaggia, la lotta per la
sopravvivenza e il dinamismo dell'azione. Ma Tor non
durò a lungo, così come la moda del 3-D, che era
stato applicato anche alle sue storie.
Subito dopo tornò alla DC, creando l'eroe storico
Viking Prince (Il Principe Vichingo), un probabile
omaggio al Prince Valiant di Foster, che proseguì
per alcuni anni con un discreto successo.
Nel 1956 collaborò con Kanigher e Infantino,
inchiostrando la seconda versione di Flash, e in
seguito ad altre serie come quella del viaggiatore
del tempo Rip Hunter, mentre nel 1961 esordì con i
suoi disegni il nuovo Hawkman, che lo scrittore
Gardner Fox e il supervisore Julius Schwartz avevano
trasformato da supereroe egizio a poliziotto alieno,
in un misto di epica e fantascienza. Lo stile di
Kubert, ormai completamente maturo e riconoscibile,
decretò il successo dei primi episodi, ma l'anno
seguente i troppi impegni lo costrinsero a lasciare
la serie ad altri.
Infatti, dalla fine degli anni '50 e per oltre dieci
anni, si dedicò prevalentemente a storie di guerra,
disegnando varie serie scritte da Robert Kanigher,
di cui la più importante resta Il Sergente Rock,
pubblicata per molti anni sull'albo Our Army at War
(Il Nostro Esercito in Guerra). L'approccio degli
autori non glorificava l'uso delle armi, evidenziava
invece l'aspetto più "sporco" dei campi di battaglia
e mostrava la guerra per quello che è: una mostruosa
macchina che macina vittime (anticipando, anche se
solo in parte, il taglio di film molto successivi
come Platoon o Full Metal Jacket).
Nel 1965 gli stessi due autori crearono Enemy Ace
(L'Asso Nemico), un pilota tedesco della Prima
Guerra Mondiale ricalcato sul modello del Barone
Rosso. Una volta tanto un conflitto era mostrato dal
punto di vista degli avversari.
Negli anni della contestazione però, i testi che
Kanigher gli scriveva risultarono a volte un po'
troppo propagandistici. Nel 1967, la loro serie di
strisce "Tales of the Green Berets", che appoggiava
i Berretti Verdi in Vietnam, fu interrotta dopo
appena due anni, perché troppo faziosa anche per il
pubblico del Chicago Tribune, giornale notoriamente
di destra.
Nel 1968 divenne addirittura direttore editoriale
degli albi di guerra della DC e poi anche dell'albo
western Son of Tomahawk. Intanto, nel 1969, creò il
personaggio di Firehair (Capelli di Fuoco), un
giovane "indiano bianco" protagonista di storie
particolarmente originali che mescolavano western,
fantasy e antirazzismo, ma di cui uscirono solo
pochi episodi.
L'ultimo personaggio bellico che disegnò su testi di
Kanigher, fu "The Unknown Soldier" (Il Milite
Ignoto, tradotto da noi come Il Soldato Fantasma),
del 1970, su un soldato rimasto sfigurato che il
Pentagono impiegava come agente segreto nelle
missioni più disperate. Rispetto al Sgt. Rock
risultava però un po' troppo imbevuto di retorica
patriottica e molto meno umano.
Nel 1972 gli fu affidata la direzione degli albi di
Tarzan e Korak, di cui la DC aveva appena rilevato i
diritti. Di Tarzan inizialmente realizzò testi e
disegni, riproponendo i romanzi e i racconti di
Edgar Rice Burroghs in una versione fedele allo
spirito delle opere originali, e al tempo stesso
estremamente personale. Anche le scene più
fantastiche furono da lui rappresentate con grande
coinvolgimento e realismo.
In qualità di direttore editoriale, affidò a validi
disegnatori come Frank Thorne, Murphy Anderson, Mike
Kaluta, Alan Weiss e Howark Chaykin, la
realizzazione di altre serie tratte da opere di
Burroughs. Oltre alla preesistente serie di Korak,
lanciò così in appendice alle due testate, le
versioni a fumetti dei romanzi di John Carter of
Mars, Carson of Venus, Pellucidar e Beyond the
Farthest Star.
Mentre dirigeva Tarzan, si occupò anche di altre
testate della DC: Rima, the Jungle Girl (di cui
realizzò testi e copertine) e The Bible (La Bibbia,
di cui disegnò solo le copertine). Inoltre nel 1975
lasciò i disegni di Tarzan ad altri (pur continuando
a scriverne i testi) ed avviò una nuova edizione del
suo personaggio Tor, ridisegnandolo con tutta
l'espressività di cui ora era capace.
Purtroppo, nonostante il loro altissimo livello,
nessuno di questi albi ebbe il successo sperato,
Tarzan compreso. Anche all'estero, gli editori e i
giovani lettori abituati al Re della Giungla
disegnato da Russ Manning, non seppero apprezzare
l'interpretazione più innovativa e adulta di Kubert.
Nel 1976 fondò a Dover (dove tuttora vive, nel New
Jersey) la Joe Kubert School of Cartoon and Graphic
Art, la prima scuola professionale al mondo dedicata
esclusivamente all'insegnamento del Fumetto. In
quello stesso anno interruppe la produzione delle
proprie storie e, a parte qualche piccola
apparizione speciale, fino alla fine degli anni '80
disegnò esclusivamente copertine, per la solita DC
Comics. Dalla sua scuola sono usciti disegnatori
come Rick Veitch e Steve Bissette, senza contare
Adam e Andy Kubert, due dei cinque figli avuti dalla
moglie Muriel che hanno seguito le sue orme,
senz'altro avvantaggiati dal fatto di avere in casa
uno dei più grandi insegnanti di Fumetto del mondo.
All'inizio degli anni '90, pur continuando a gestire
la scuola, riprese a lavorare alla realizzazione di
singoli progetti. Di questi il primo è stato Abraham
Stone, una serie ambientata nel 1912 e nata per il
mercato europeo, di cui uscirono tre episodi. Il
protagonista è un giovane orfano che vagabonda da un
punto all'altro dell'America, tra affaristi senza
scrupoli, infidi produttori cinematografici e
guerriglieri messicani. È come una trasposizione in
chiave moderna delle insidie della giungla
preistorica, a cui invece tornò nel 1993 con
un'altra miniserie di quattro numeri dedicata a Tor.
Con questa per la prima volta "tradiva" la DC,
pubblicando sotto l'etichetta Epic della concorrente
Marvel, ma raggiunse il livello grafico più alto con
il primo personaggio importante da lui creato.
Verso la metà degli anni '90 disegnò anche una breve
versione alternativa di Batman per la collana Batman
Black and White e un episodio in due parti di Ghost
Rider su testi di Howard Mackie.
Nel 1994 realizzò graficamente un racconto di The
Punisher (Il Punitore), Fiume di Sangue, scritto da
Chuck Dixon e pubblicato su Punisher War Zone dal n.
31 al n. 36, in cui una scia di sangue, droga e armi
conduce il protagonista e una sua controparte russa
da New York a Sarajevo. Il periodo è quello della
guerra in Yugoslavia e gli autori mostrano gli
orrori dell'odio etnico.
Ha la stessa ambientazione la sua graphic novel del
1996 "Fax from Sarajevo", basata sulla
corrispondenza ricevuta dall'amico Ervin Rustemagic
tra il 1992 e il 1994. Trasformando in disegni i fax
che questi gli spediva ogni giorno, vi racconta di
come Ervin era rimasto intrappolato con la famiglia
nella città assediata, della vita che sono stati
costretti a condurre sotto i bombardamenti e di come
siano infine riusciti a fuggire, dopo che la loro
casa era stata distrutta. È la guerra vista dalla
parte delle vittime. Tutto ciò che è raccontato nel
volume corrisponde ai fatti reali.
Nel 2001, dopo circa sette anni di lavoro, uscì la
sua versione di Tex: "Il Cavaliere Solitario", una
lunga storia speciale scritta da Claudio Nizzi e
pubblicata nella collana dei "Texoni" della Bonelli.
È l'unico albo che Kubert ha realizzato
espressamente per l'Italia (ma è uscito in
contemporanea anche negli U.S.A suddiviso in più
albi) e, allo stesso tempo, è l'unico albo di Tex
disegnato da un autore statunitense. A parte
l'altissima qualità dei disegni, la differenza
principale rispetto alla serie regolare è che il
ranger agisce da solo, con una dinamica più vicina
ai film di Clint Eastwood che alle storie abituali,
questo perché la storia potesse essere apprezzata
anche dal pubblico americano, che non conosceva il
personaggio originale.
Nello stesso anno, realizzò una versione
afroamericana di Batman, disegnando l'albo "Just
Imagine Stan Lee with Joe Kubert Creating Batman"
(Immagina soltanto Stan Lee che crea Batman con Joe
Kubert), all'interno di una collana in cui Stan Lee
ha reinterpretato a modo suo i classici supereroi DC,
coadiuvato ogni volta da un disegnatore diverso.
Nel 2003 tornò al Sgt. Rock, con la graphic novel "Between
Hell and a Hard Place" (Tra l'Incudine e l'Inferno)
scritta da Brian Azzarello e uscita sotto
l'etichetta Vertigo.
Nell'autunno dello stesso anno, pubblicò presso
Byron Preiss la graphic novel Yossel: 19 April 1943,
in cui cerca di rispondere all'interrogativo che lo
ha assillato per anni: cosa gli sarebbe successo se
la sua famiglia non fosse emigrata in America? Il
giovane ebreo polacco protagonista della storia non
è altro che il suo alter ego (Yossel invece di Joe),
ma essendo rimasto in patria la sua vita viene
sconvolta dalla terribile realtà dell'Olocausto: la
sua famiglia è uccisa ad Auschwitz e lui deve
lottare per la sopravvivenza nel ghetto di Varsavia.
Anche per la famiglia di Yossel, l'autore si è
ispirato alla propria, mentre per la Rivolta di
Varsavia si è ampiamente documentato sui fatti
storici. Inoltre, per ottenere più immediatezza e
coinvolgimento, ha lasciato i disegni sotto forma di
schizzi, come se provenissero dalla mente del
protagonista.
Nel 2005 confezionò un altro romanzo disegnato
ambientato nella Brooklyn degli anni '30 del '900, "Jew
Gangster" (Un Gangster Ebreo), il cui protagonista,
Ruby, è un ragazzo come tanti che, dopo aver
assistito a un omicidio e non essendo entusiasta
della sua vita, che gli appare destinata alla
miseria, preferisce un futuro più remunerativo nella
malavita; è un ragazzo che ama la sua famiglia, ma
che può aiutarla solo grazie ai proventi di attività
illecite.
Tre anni dopo, l'ormai anziano ma sempre eccelso
Kubert pubblicò un'altra miniserie in sei numeri di
Tor, dal titolo "A Prehistoric Hodyssey" (Odissea
nella Preistoria), in cui il suo eroe preistorico,
scacciato dalla tribù per la sua intelligenza e
indipendenza che lo rendono diverso e sospetto agli
occhi degli altri, incontra un gruppo di esseri
umani deformi e mutati, anch'essi evidentemente
scacciati dalle rispettive tribù, e tenta di
superare con loro le tante insidie del mondo
selvaggio in cui si trovano costretti a vivere da
perseguitati, tra feroci belve, ottuse creature
scimmiesche, esseri albini del sottosuolo o delle
nevi, gli ultimi superstiti dei grandi sauri e gli
ostacoli naturali che incontrano sul loro cammino.
Alla fine di questo faticoso viaggio verso la
speranza di un futuro migliore, i superstiti saranno
sconsolatamente pochi, ma la loro marcia non si
arresterà.
La sua ultima, lunga fatica, è stata la graphic
novel "Dong Xoai, Vietnam 1965", realizzata nello
stesso stile schizzato di Yossel e uscita nel 2010,
in cui ha raccontato la storia romanzata di una
delle principali battaglie della guerra del Vietnam,
anche se purtroppo sempre e soltanto dal punto di
vista dei soldati americani, ma comunque con toni
meno propagandistici di quelli di una volta e con
una certa attenzione anche alle condizioni delle
popolazioni locali.
Da notare come l'autore, in molte di queste sue
ultime opere, abbia eliminato del tutto le nuvolette
dei dialoghi, affidando la narrazione, oltre che
agli efficacissimi disegni, alle sole didascalie che
sottolineano l'azione. Anche quando qualcuno pensa o
"parla", ciò che dice o che intende dire viene
riportato nelle didascalie, rimandando a fumetti
d'altri tempi, eppure le sue storie risultano sempre
appassionanti, vitali e anche umanamente e
profondamente toccanti.
KUBERT DELLE SCIMMIE - Guida a un Tarzan d'autore
di Andrea Cantucci
Quando, ormai un secolo fa, Edgar Rice Burroughs
scrisse il primo romanzo del suo personaggio più
famoso, Tarzan delle Scimmie, si trattava di una
serie di avventure certamente fantasiose, ma al
tempo stesso plausibili e crude. In questo e nei
romanzi successivi si assisteva a descrizioni di
scene violente e apparizioni di discinte principesse
provenienti da regni perduti, nella migliore
tradizione del fantasy alla Rider Haggard. Si
trattava di una lettura di pura evasione, senza
troppe morali, ma che si rivolgeva con intelligenza
al pubblico adulto dei romanzi pulp. Il
protagonista, tutt'altro che una figura semplice o
banale, oscillava tra una natura selvaggia non
sempre controllabile ed una prontissima intelligenza
temprata dalla vita nella giungla. Tra l'altro era
capace di parlare e leggere perfettamente molte
lingue. Poi il cinema, tanto per non complicare
troppo le cose, ha fatto di Tarzan un tontolone
illetterato. I fumetti, al contrario, pur seguendo
con maggiore fedeltà la traccia dei romanzi, per
molto tempo ne hanno dato un'interpretazione fin
troppo composta e "signorile", almeno finché non è
arrivato Kubert.
La versione di Joe Kubert, pubblicata dal 1972 al
1974 sui comic book della DC, è forse quella più
aderente all'opera originale di Burroughs, con un
eroe autenticamente selvaggio, i cui capelli non
sono quasi mai composti e pettinati e il cui
portamento è più dinamico e ferino che statuario o
elegante. Anche le belve e gli scimmioni con cui ha
a che fare si comportano in modo davvero "bestiale"
e feroce; tutta la violenza della natura è mostrata
nel modo più convincente. Lo stile e i sapienti
montaggi dell'autore rendono ancora più immediate,
comunicative e appassionanti le trame originali, ma
rappresentano in modo completo ed efficace anche le
scene più umane e toccanti.
Kubert riduce a fumetti e disegna tre romanzi: il
primo, "Tarzan delle Scimmie", il secondo, "Il
Ritorno di Tarzan", e il diciannovesimo, "Tarzan e
L'Uomo Leone".
Il primo ovviamente è stato riproposto molte volte,
anche da grandi autori, ma raramente in modo
altrettanto convincente, soprattutto nelle scene in
cui Tarzan cresce, dimostrando affetto per la
scimmia Kala, sua madre adottiva, e invidia per gli
scimmieschi compagni di giochi che considera molto
più belli di lui. Comunque l'autore fa un omaggio al
primo disegnatore della storia, Harold Foster,
riproducendone con precisione molte vignette.
Il secondo romanzo non era stato praticamente più
raccontato a fumetti in modo completo dopo la prima
versione di Rex Maxon del 1929. La seconda versione
di Russ Manning infatti risultava un po' lacunosa,
perché per inserirlo in un unico albo era stata
tagliata tutta la prima parte della storia (in cui
Tarzan viaggia in lungo e in largo tra spie
misteriose, la Legione Straniera, nomadi arabi e
guerrieri Waziri, fino alla città perduta di Opar).
Kubert si prende invece tutto lo spazio necessario
occupando ben cinque albi (invece dei quattro usati
per gli altri romanzi) e disegna un Tarzan
plausibile e coerente anche quando si trova lontano
dalla giungla.
Di "Tarzan e l'Uomo Leone" (romanzo meno noto e
inedito in Italia), esisterebbero altre due versioni
a fumetti, ma sicuramente non altrettanto efficaci.
È uno dei più stravaganti e ironici della serie e
prende in giro la produzione cinematografica sul
personaggio. Tarzan sostituisce un attore
pusillanime che impersona un eroe della giungla e
poi si ritrova in una città popolata da scimmioni
parlanti che fanno il verso ad una monarchia
britannica. Kubert si sbizzarrisce nelle
rappresentazioni grottesche di uomini regrediti e
scimmie evolute che popolano il racconto.
Ottiene risultati altrettanto alti negli adattamenti
dei racconti brevi di Burroughs. Qui un Tarzan che
non ha ancora incontrato i suoi simili, si interroga
su questioni filosofiche e sentimentali. La
profondità dei testi sembra ispirare l'artista in
modo particolare, ma purtroppo disegna solo tre dei
dodici titoli che componevano la raccolta dei
Racconti della Giungla di Tarzan, limitandosi
evidentemente a quelli che gli permettono di
sfoggiare anche la sua grande padronanza delle scene
d'azione.
Nella storia "Il Prigioniero", tratta dal racconto
"La Cattura di Tarzan", gli animali e gli abitanti
della giungla sono resi con meravigliosi grovigli di
segni e ombre, e la tensione espressiva sul volto
del protagonista prigioniero è magistrale.
"Balu delle Grandi Scimmie" è tratto invece dal
racconto "Il Combattimento per il Balu", che
significa bambino, nella lingua delle scimmie. Qui
si percepisce un forte senso di minaccia grazie ad
un montaggio in parallelo con due pantere che
occhieggiando da strette vignette a piè di pagina,
senza contare le lunghe vignette verticali, in cui
le cadute e i balzi dagli alberi sono resi con un
senso della profondità e dello spazio eccezionale.
Infine nel racconto "L'Incubo", il montaggio delle
vignette mescola sapientemente la realtà con i sogni
del protagonista, seguendo alla perfezione il testo
di Burroughs.
Dei rimanenti albi disegnati da Kubert, due sono
parziali rimontaggi di episodi di Foster e Hogarth
degli anni trenta e quaranta, e nove sono stati
completamente ideati dall'autore, riprendendo anche
qualche spunto da Burroughs, ma per lo più creando
soggetti autonomi. In questi racconti, pur
concentrandosi spesso su valori umani e
approfondendo per quanto possibile la psicologia dei
personaggi, è inevitabile che Kubert metta in
particolare evidenza il coraggio e i muscoli
guizzanti del protagonista, cacciandolo in
situazioni che gli consentano di esprimere al meglio
la carica dinamica del suo disegno.
Certo, anche queste riduzioni dovevano tener conto
del target giovanile a cui erano rivolte e ci sono
quindi alcune piccole censure. Ne "L'Incubo"
originale, Tarzan non aveva scrupoli a uccidere un
vecchio indigeno per non essere scoperto, cosa che
qui viene evitata, non comunque per un attacco di
pietà, ma perché l'autore fa in modo che non si
renda più necessario. Il Tarzan di queste storie
"per ragazzi" sarebbe capacissimo, in caso di
bisogno, di aggredire ed eliminare sia uomini che
bestie, si cerca però di non metterlo in situazioni
che lo spingano all'estremo, almeno per quanto
riguarda gli esseri umani. Un'inevitabile eccezione
è la scena della prima storia in cui uccide
"l'assassino" della sua madre-scimmia, ma anche
questo viene trasformato in uno scontro leale,
mentre nel romanzo era un vero e proprio omicidio a
sangue freddo (come nella versione disegnata da
Foster e in quella così "gradevole" di Manning).
Invece nel racconto "Il Trofeo", totalmente ideato
da Kubert, Tarzan provoca, sia pure indirettamente,
la morte di uno spietato cacciatore, rivelando
comunque di avere, in questa versione, molti meno
scrupoli del solito.
Sfogliando i ventisette albi nell'ordine originale
di pubblicazione, si assiste, nell'arco di due anni
di lavoro, all'ultima grande prova di Kubert, prima
di dedicarsi all'insegnamento, dall'iniziale
confronto con il "maestro" Foster, fino alla massima
accuratezza nella resa grafica e nel tratteggio
dell'ultimo episodio, "L'Erba Magica". Forse l'unica
cosa che appesantisce un po' le storie è
l'abbondante uso delle didascalie, a volte
superflue, ma che comunque a tratti rendono bene
l'atmosfera romanzesca e spesso si alternano anche a
scene mute altamente espressive. Ad ogni modo, è
ancora oggi difficile trovare un'altra versione a
fumetti di Tarzan che stia alla pari con questa,
quanto a livello artistico, modernità e dinamismo.
TARZAN: GLI ANNI DI JOE KUBERT Vol.1
Testi e illustrazioni: Joe Kubert
Formato: 17x26, B., 208 pp., Col.
Prezzo: 20,00 €
ISBN: 978-88-7759-561-4
www.magicpressedizioni.it
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